C’è un’altra funivia della discordia che “scoppia” sulla scena nazionale e suscita polemiche. Dopo l’impianto “cabriolet” di Bolzano che porta clienti davanti all’albergo dell’ex assessore – contestato dagli ambientalisti perché pagato al 75% con fondi pubblici – di cui aveva scritto recentemente Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, ecco un altro progetto che provoca divisioni tra favorevoli e contrari. Questa volta, però, non si tratta di montagna, bensì di mare (in alto, foto da Ventotene Today).
La nuovo funivia contesa dovrebbe collegare le due isole di Ventotene e Santo Stefano. Sono due piccole perle del Tirreno meridionale che fanno parte dell’arcipelago Pontino, in provincia di Latina (lazio). Entrambe sono comprese da un’area marina protetta che fu istituita nel 1997, occupando insieme una superficie totale di quasi tremila ettari. E Ventotene, in particolare, è tristemente famosa perché furono inviati al confino centinaia di detenuti politici durante il regime fascista: qui Ernestro Rossi e Altiero Spinelli scrissero il famoso Manifesto per “un’Europa libera e unita”. Mentre sull’isolotto di Santo Stefano era staro costruito lo storico carcere d’epoca borbonica che, a distanza di tanti anni, richiede lavori di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione: su questo sito, verrebbe realizzato un polo culturale, con un Museo e una Scuola di alta formazione.
Ora il problema è che, a seconda delle condizioni del mare, non sempre l’approdo è agevole per i turisti, soprattutto per i bambini e i disabili. Da qui, il progetto di una funivia presentato dal Commissario straordinario del governo, Giovanni Maria Macioce. In soli quattro minuti, l’impianto potrebbe collegare le due isole distanti all’incirca un chilometro.
Approvata dal “Tavolo permanente del Cis” (Contratto istituzionale di sviluppo, la proposta era stata anticipata da una relazione tecnica dettagliata trasmessa a tutte la amministrazioni e gli enti coinvolti. A realizzare l’opera dovrebbe essere Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, che già da qualche mese ne aveva iniziato l’esame, confermando la possibilità di una sua realizzazione. Si tratterebbe di un impianto di andata e ritorno, di dimensioni ridotte e dotato di una o due cabine in grado di trasportare 12 persone per volta. Senza emissioni acustiche e con alimentazione prevalentemente a energia solare.
Ma l’Italia – si sa – è il Paese dei guelfi e dei ghibellini. Per cui il progetto ha scatenato, com’era prevedibile, una diatriba tra chi ritiene che sia utile e fattibile e chi, invece, pensa che sarebbe inutile e forse anche dannoso per l’ambiente: in particolare, per il parco e per l’area marina. Data la scarsa funzionalità dell’approdo, questa sembrerebbe però la soluzione più praticabile ed efficace, anche per il trasporto dei materiali necessari ai lavori di ristrutturazione del carcere.
“In un anno puntiamo a 40mila visitatori dell’ex super carcere”, dichiarano gli imprenditori e gli albergatori locali, in un articolo a firma di Vittorio Buongiorno sul Messaggero di Roma. I timori principali riguardano i due piloni, alti 30 metri ciascuno, a cui dovrebbero essere ancorate le funi. Ma sullo stesso giornale Marco Cordeschi (nomen omen!), ingegnere e amministratore delegato della società “Alte Vie”, considerato un esperto di funivie, sostiene che “un impianto piccolo, con una sola campata, è fattibile”.
La questione sarà rimessa al verdetto finale della popolazione locale: 746 residenti che d’inverno si riducono a non più di 250. Una specie di referendum preventivo, insomma, per decidere se Ventotene approva o meno questo nuovo impianto. Il Commissario Macioce lancia, perciò, un altolà: “Se la comunità dell’isola non vuole la funivia, basta che lo dica. Ma poi sarà difficile pensare che si continuerà a investire 80 milioni di euro su un museo che pochi potranno andare a visitare”.