GRANDI OPERE BUONE

GRANDI OPERE BUONE

Con la nomina di Graziano Delrio a ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, c’è da sperare che si passi dalla teoria delle Grandi Opere alla pratica delle Opere buone. Vale a dire delle infrastrutture, come strade e autostrade, reti ferroviarie e a banda larga, porti e aeroporti, che possono servire allo sviluppo del Paese. E magari delle opere pubbliche da realizzare a costi equi e in tempi certi.

Al suo esordio, è stato lo stesso neo-ministro a dichiarare che “non esistono infrastrutture né grandi né piccole, ma infrastrutture che sono utili quando sono utili alla comunità”. E ha spiegato: “Non bisogna pensare che le infrastrutture siano importanti quando sono grandi o quando collegano grandi poli. Ci sono infrastrutture che sono necessarie alla vita della comunità, e quelle sportive o le nostre scuole lo sono; ci sono infrastrutture che magari fanno piccoli collegamenti, ma hanno grande efficacia nella vita delle persone”.

Nella retorica delle Grandi Opere, spesso s’insinuano interessi illeciti, grandi affari e malaffari. Più alto è l’importo dell’infrastruttura da realizzare, maggiori sono le occasioni di spreco e corruzione. Ma questo evidentemente non può essere un motivo valido e sufficiente per bloccare la crescita nazionale. Ben venga, allora, la riforma degli appalti pubblici all’insegna della trasparenza: tanto più se correggerà la prassi del “massimo ribasso”, dietro la quale si nascondono l’utilizzo di materiali scadenti o il ricorso a varianti in corso d’opera che allungano i tempi e fanno lievitare i costi.

>>>ANSA/DELRIO, ATTENTI A SOLDI PUBBLICI, FILO DIRETTO CON CANTONEAl neo-ministro, sono già arrivate le prime richieste dal fronte ambientalista. Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, l’ha subito invitato a “ripartire dalle città che sono il nostro oscar”. E poi l’ha sollecitato a fare in modo che “L’Aquila sia finalmente simbolo di rinascita e sicurezza per tutti”. Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, gli ha opportunamente ricordato che “il futuro dell’Italia è anche edilizia di qualità, innovazione, riqualificazione, sostenibilità”.

Tra le “opere buone” da mettere in cantiere, c’è anche l’ordinaria manutenzione delle strade, degli edifici pubblici e privati, dei parchi urbani e delle altre aree verdi, delle coste e dei fiumi. La storia infinita delle frane, delle alluvioni, degli esondamenti, insegna che è sempre meglio prevenire piuttosto che risarcire i danni prodotti dai disastri ambientali, a parte il costo incalcolabile delle vite umane. E sappiamo che la maggior parte di queste rovine non sono prodotte dalla fatalità, bensì dall’incuria e dalla mano dell’uomo.

Prima di costruire, e di consumare altro suolo, bisogna dunque ri-costruire: cioè riqualificare il territorio e rigenerare il patrimonio immobiliare anche ai fini del risparmio energetico. L’esperienza degli eco-incentivi è stata molto istruttiva in tal senso, alimentando investimenti e occupazione. Ma, per agevolare questo percorso, occorre semplificare le procedure, accelerare le pratiche e spezzare i “lacci e lacciuoli” della burocrazia che troppo spesso blocca, impedisce o rallenta la ricostruzione del Paese.

ALLEGATI (CLICK PER VISUALIZZARE):

1. SCHEDA Grandi Incompiute

 

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