ENI, TRIVELLA CONTINUA NUOVI POZZI IN ADRIATICO E AL LARGO DELLA SICILIA

ENI, TRIVELLA CONTINUA NUOVI POZZI IN ADRIATICO E AL LARGO DELLA SICILIA

Nella querelle sulle nuove trivellazioni petrolifere autorizzate dal ministero della Transizione ecologica e criticate dagli ambientalisti, di cui il principale beneficiario è l’ENI nel mar Adriatico e al largo della Sicilia, interviene Il Fatto Quotidiano con un commento a firma del giornalista Giovanni Valentini. Si legge fra l’altro nell’articolo: Chissà che cosa ne pensano ora Luca, Silvia e Giulia, i tre testimonial disegnati per la campagna pubblicitaria dell’ente di Stato che punta a promuovere la sua immagine “verde”. Luca che, secondo il claim “Insieme per un’altra energia”, ricicla la plastica per darle nuova vita; Silvia che a casa è sempre attenta a non sprecare l’acqua; e Giulia che in città ha scelto di mollare l’auto per usare la bici. Nel frattempo, però, l’Eni continua imperterrito a trivellare il mare, lungo tutta la Penisola, ignaro o incurante del fatto che è iniziata la fantomatica transizione ecologica, per avviare la “decarbonizzazione” e combattere il riscaldamento climatico del pianeta, sostituendo i combustibili fossili inquinanti e nocivi con le energie “pulite” come il sole e il vento”.

In tono polemico, lo stesso giornalista aggiunge: “Non scherziamo e non prendiamoci in giro. La difesa dell’ambiente è una questione molto seria. E il ‘New Green Deal’ lanciato dal governo giallorosso di Giuseppe Conte, anche per consentire all’Italia di accedere ai finanziamenti del Recovery Fund europeo di 209 miliardi di euro, non può diventare una barzelletta”. L’articolo si conclude con questi interrogativi che puntano il dito sull’ENI: “È mai possibile che, in piena transizione ecologica a livello planetario, un ente pubblico si dedichi ancora alla ricerca degli idrocarburi? E per far questo, buchi il mare Adriatico o Tirreno, compromettendo l’equilibrio ambientale, il paesaggio e il turismo che – con buona pace del ministro leghista Massimo Garavaglia – resta la nostra prima industria nazionale?”.

Sono numerose, infatti, le autorizzazioni che riguardano il Gruppo petrolifero del “cane a sei zampe”, dall’Adriatico al Canale di Sicilia. Eppure, nel referendum del 17 aprile 2016, furono 13 milioni e 334mila gli italiani che si pronunciarono contro le trivellazioni petrolifere entro le 12 miglia dalla costa, raggiungendo l’85% dei voti (nella foto sotto, la dimostrazione di Greenpeace davanti alla piattaforma ENI Agostino B). È vero che cinque anni fa la partecipazione dei cittadini si fermò al 31% e non si raggiunse il quorum, ma quello fu un responso popolare che non si può ignorare.

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Ora – secondo le informazioni pubblicate dal Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria, arriva invece il via libera ambientale all’ENI per perforare il giacimento Donata al largo di San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica. La trivellazione sarà eseguita dalla piattaforma Emilio. È stata approvato anche il progetto per sostituire la piattaforma Bonaccia NW in mezzo all’Adriatico, al largo di Recanati. Oltre alla nuova piattaforma, l’ENI perforerà quattro pozzi e saranno posate le condotte di collegamento di un paio di chilometri per collegarsi alle tubature già esistenti e far arrivare a terra il metano.

Soddisfa i requisiti, e quindi ha conseguito il parere di ottemperanza ambientale, anche il giacimento di metano Clara a più di 50 chilometri al largo di Ancona; nuova piattaforma a quattro zampe, quattro nuovi pozzi e un lungo gasdotto marino di collegamento con la piattaforma Calipso per allacciarsi alla condotta che porta a terra il gas. Via libera all’ENI per perforare il giacimento di metano Lince a una trentina di chilometri al largo della costa di Licata e Gela. È stata verificata l’ottemperanza ambientale anche per sei nuovi pozzi nei giacimenti Argo e Cassiopea, più altri due pozzi esplorativi.

L’ufficio minerario Unmig, passato dallo Sviluppo economico al ministero della Transizione ecologica, ha di recente prorogato di cinque anni intanto la concessione a 13 giacimenti in mare, di cui 12 dell’ENI e uno dell’Energean. È stato concesso il via libera ambientale, inoltre, alla perforazione di un pozzo nel giacimento Calipso dell’Eni molto al largo di Ancona.
Per quanto riguarda i giacimenti in mare, come ricorda lo stesso quotidiano della Confindustria, il piano regolatore dovrà integrarsi con l’intera pianificazione marina imposta dalla Ue, pianificazione che l’Italia avrebbe dovuto consegnare all’Europa in marzo. Ma il nostro governo non ha ancora inviato a Bruxelles il documento di pianificazione generale delle attività marine. E al momento, sono soltanto sei i Paesi europei che hanno adempiuto a questo obbligo.

La strategia marina europea richiede espressamente che vengano messi a sistema i diversi usi del mare, insieme alla sua tutela e alla difesa della biodiversità: dalla pesca all’allevamento di specie marine, dalla navigazione ai trasporti, dal turismo all’estrazione di risorse petrolifere e minerarie come il sale, fino al diporto e altre attività. Ma il rischio è che l’Italia possa vedersi respingere i progetti per accedere ai 209 miliardi di euro previsti dal Recovery Fund europeo, 82 a fondo perduto e 127 in prestiti, se non rispetterà l’impegno per la transizione ecologica fondata sul passaggio dai combustibili fossili inquinanti alle fonti alternative.

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