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TICKET PER VENICELAND: IL BIGLIETTO D’INGRESSO FRA POLEMICHE E PROTESTE

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Ha avuto successo l’appello lanciato ai turisti da Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, a non pagare il “contributo d’ingresso” nella città (5 euro), introdotto dal Comune per contenere l’afflusso di massa a partire dal 25 aprile. Era stato lui stesso a dire “questi sono pazzi!”, in polemica con il provvedimento. Nel primo giorno di sperimentazione, il ticket è stato pagato da 15.700 persone su 133mila registrate.

“Ma – scrive Leonardo Bison sul Fatto Quotidiano – il corposo sistema di controllo accessi messo in piedi dall’amministrazione, con varchi d’accesso, totem informativi e biglietterie intorno all’area della stazione e nei principali punti di sbarco, punta a creare senza dubbio un “prima” e un “dopo” nella storia della città, dove oggi vivono (ancora) 50 mila persone”. Il “contributo” resterà in vigore nel lungo ponte che arriva al 1° maggio e poi per altri 11 giorni dello stesso mese, fino al periodo estivo per un totale di 29 giornate. E si può pagare online attraverso il portale https://cda.ve.it/it/.

VENEZIA e turismo 2

Naturalmente, sulla scia di Cacciari, non sono mancate le polemiche: l’accusa principale è quella di voler trasformare la città in una “Veniceland”, cioè in una specie di parco divertimenti come Gardaland o Disneyland. Racconta ancora Bison nella sua cronaca del primo giorno: “I circa 75 steward, sparsi in 15 punti di controllo, hanno dovuto fare i conti non solo con i turisti poco informati della novità, ma anche con residenti restii a mostrare il documento e dimostrare di esserlo. Tantissima la stampa, nazionale e internazionale, presente per monitorare l’iniziativa. E qualche tensione con le forze dell’ordine quando il corteo del “no al ticket”, organizzato da attivisti per la casa, ma partecipato da centinaia di altri cittadini, molti anziani, uscendo dall’area autorizzata dalla questura (piuttosto isolata) ha occupato prima il ponte della Libertà e poi piazzale Roma, luogo d’accesso alla città, con l’obiettivo di attaccare i nuovi totem informativi: Venezia non è un circo, hanno urlato”.

Replica il sindaco Luigi Brugnaro: ““La paura del cambiamento è legittima, ma anche questa può servire per migliorare. Se però la paura blocca tutto non c’è progresso, non c’è futuro”. Il Comune della Serenissima spiega che l’introduzione del ticket punta a disincentivare l’afflusso dei visitatori e dei turisti nelle giornate festive e in quelle di punta. La città lagunare è una “bomboniera”, con i suoi canali d’acqua, i suoi ponti e le sue strette calli, i palazzi storici e le chiese. E perciò va protetta dall’assalto dei forestieri che la invadono in particolare nella buona stagione e durante i weekend. Un turismo più sostenibile, insomma.

Le 29 giornate con il bollino nero sono indicate sul sito, attraverso il quale si può anche versare in anticipo il prezzo del biglietto. Dovranno pagarlo tutte le persone al di sopra dei 14 anni di età, che entrano a Venezia “con qualsiasi vettore”: treno, aereo, bus, auto, moto o imbarcazione, compresi i turisti che scendono dalle navi da crociera dopo aver attraversato la laguna e attraccato al porto della Serenissima. E chi non lo paga, rischia una sanzione da 50 a 300 euro oltre al prezzo del biglietto. Sono esclusi dalla tassa d’ingresso coloro che vi pernottano almeno due notti.

VENEZIA Grandi Navi 1

L’obiettivo, insomma, è quello di frenare il turismo “mordi e fuggi” che mette a repentaglio la salvaguardia di questo patrimonio storico e artico, proteggendo anche la vita dei cittadini residenti: si calcola che vadano via più di mille abitanti all’anno. Non verranno installati, però, i famigerati tornelli per controllare il numero dei visitatori: nelle due aree di accesso alla città – la Stazione ferroviaria e Piazzale Roma – saranno gli steward a verificare le prenotazioni e le credenziali.

Non si tratta, dunque, di un vero e proprio “numero chiuso”. Ma piuttosto di un numero per così dire programmato, per regolare e disciplinare gli ingressi giornalieri. Un intervento forse necessario che, però, comporta il rischio di trasformare Venezia in un museo a cielo aperto, riducendo le visite last minute.

VENEZIA e turismo 1

Una soluzione analoga viene invocata per l’isola di Capri (nella foto sotto, la famosa Piazzetta). A differenza di quanto avviene per Ischia e per Procida, destinazioni che si possono raggiungere con un ticket pagato online per salire sul traghetto, per sbarcare nell’isola più famosa del Golfo di Napoli finora bisogna passare fisicamente per il molo Beverello. E perciò gli albergatori hanno protestato, denunciando una discriminazione ai danni della loro isola e delle loro strutture.

CAPRI e turisti

E intanto nelle isole Canarie, l’arcipelago spagnolo al largo della costa nord-occidentale dell’Africa, 15mila persone convocate dalle associazioni ecologiste sono scese in piazza per manifestare contro l’invasione del turismo di massa. A cominciare da Tenerife che è la più grande, con una popolazione di quasi un milione di abitanti su un’area di poco più di duemila chilometri quadrati. Canarias tiene un limite! è il grido della protesta.

Che cosa ne pensate? Siete favorevoli o no all’introduzione del ticket per Venezia e per Capri? Oppure, solo per Venezia? È giusto far pagare il biglietto per entrare nelle Serenissima?

Chi vuole intervenire ed esprimere il proprio parere, può scrivere il suo commento sulla pagina Facebook di Amate Sponde; oppure inviarlo direttamente per posta elettronica all’indirizzo del sito: info@valemedia.it Sarà un sondaggio volante per raccogliere e confrontare le opinioni dei nostri follower.

 

NAPOLI, ALLE GALLERIE D’ITALIA DUE CAPOLAVORI DI VELÁZQUEZ DALLA NATIONAL GALLERY

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Due capolavori di Diego Velázquez, Immacolata Concezione e San Giovanni Evangelista sull’isola di Patmos, provenienti dalla National Gallery di Londra, si possono ammirare fino al 14 luglio 2024 alle Gallerie d’Italia – Napoli, museo di Intesa Sanpaolo. Sono affiancati da altri due dipinti raffiguranti l’Immacolata Concezione: una di Paolo Finoglio, proveniente dal convento francescano di San Lorenzo Maggiore a Napoli e l’altra di Battistello Caracciolo conservata nella chiesa della Natività della Beata Maria Vergine a Roccadaspide, nel Cilento.

Velazquez_Immacolata Concezione (002)
Velazquez, Immacolata Concezione

L’esposizione rappresenta un nuovo capitolo della rassegna L’Ospite illustre, curata e promossa da Intesa Sanpaolo, che dal 2015 espone nei suoi musei delle Gallerie d’Italia e al grattacielo di Torino opere di rilievo in prestito temporaneo da prestigiosi musei italiani e internazionali. Con questo appuntamento, L’Ospite illustre giunge alla sua 14esima edizione.

L’arrivo delle opere dalla National Gallery s’inserisce nel rapporto di scambio e collaborazione con il prestigioso museo britannico, che in occasione del suo bicentenario, dedica dal 18 aprile al 21 luglio 2024 la mostra The Last Caravaggio all’opera Il Martirio di sant’Orsola in prestito da Intesa Sanpaolo.

Velazquez_San Giovanni Evangelista sullisola di Patmos (002)

Dichiara Michele Coppola, Direttore Generale delle Gallerie d’Italia: “Due capolavori di Velázquez dalla National Gallery accolti a Napoli, mentre il nostro Caravaggio festeggia a Londra i duecento anni del prestigioso museo inglese, è circostanza straordinaria che nasce da un lungo legame di amicizia, scambio e condivisione. Questa iniziativa evidenzia il riconoscimento del ruolo della Banca come grande attore culturale internazionale, confermando le Gallerie d’Italia tra i musei più aperti e dinamici di tutta Europa”.

I dipinti sono esposti nella sala dedicata alla prima stagione naturalistica tra Roma e Napoli, dove è abitualmente esposto il Martirio di sant’Orsola. L’eccezionale prestito dei due opere giovanili di Velázquez offre lo spunto per una riconsiderazione dei passaggi a Napoli del maestro sivigliano e, più in generale, degli scambi figurativi tra la pittura spagnola e napoletana nella prima metà del Seicento.

Caravaggio, Martirio di Sant'Orsola

La presenza di Velázquez a Napoli s’inquadra nell’ambito dei due soggiorni italiani del maestro: il primo, motivato da ragioni di studio, tra l’estate del 1629 e la fine del 1630; il secondo, più lungo e ufficialmente legato al suo ruolo di soprintendente alle opere d’arte delle residenze reali, tra il gennaio del 1649 e il giugno del 1651.

Il primo passaggio napoletano del pittore è attestato da un pagamento di 154 scudi che Velázquez riscosse recandosi di persona al Banco di San Giacomo. Vale a dire nello stesso luogo oggi sede partenopea delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo.

L’esposizione di questi due capolavori della prima produzione sivigliana del maestro permette di ripercorrere gli echi del naturalismo caravaggesco. E sottolinea l’importanza, per la formazione dell’artista, dell’importazione a Siviglia di opere realizzate da Caravaggio e dai suoi seguaci, nonché di ricordare i soggiorni del maestro sivigliano nella capitale del Viceregno.

Il catalogo dell’esposizione è edito da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira.

 

ALLARME VULCANI: TERREMOTO AI CAMPI FLEGREI, PAURA ANCHE A NAPOLI. IL PIANO DEL GOVERNO (52,2 MILIONI)

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L’allarme terremoto torna a incombere su Napoli e dintorni, con il bradisismo dei Campi Flegrei, un fenomeno permanente di cui Amate Sponde aveva parlato nelle scorse settimane. All’alba di sabato, 27 aprile, una scossa di magnitudo 3.9 con epicentro a tre chilometri di profondità nel mare di fronte a Bacoli, è stata avvertita dalla popolazione, anche del capoluogo campano.

Nella zona di Bacoli, molte persone sono scese in strada. Nonostante la paura, finora non si sono registrati danni. I sindaci di Pozzuoli, Gigi Manzoni e di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione, hanno invitato i cittadini alla calma. “Come accade in queste occasioni ci siamo attivati subito con i volontari della Protezione Civile e la Polizia Municipale. Al momento non si segnalano danni”, dice Manzoni.

Lo sciame sismico, come ha spiegato il Dipartimento della Protezione Civile, è iniziato all’1,38. Nella notte precedente, una scossa di terremoto di magnitudo 2.4 era stata già avvertita alle 3,47 nella zona dei Campi Flegrei, nei quartieri di Agnano e Bagnoli, fino a Napoli e nei comuni limitrofi, nell’ambito di uno sciame caratterizzato da una cinquantina di scosse di bassa intensità.

All’inizio di ottobre, il governo ha approvato uno stanziamento di 52,2 milioni di euro. Il decreto prevede due piani per fronteggiare il sisma che sta interessando l’area vulcanica dei Campi Flegrei, a Napoli, con oltre mille scosse registrate negli ultimi mesi (in alto, una foto di Gambardella). Un piano straordinario punta a verificare la vulnerabilità degli edifici, l’altro di emergenza a pianificare l’esodo in caso di eventi gravi.

MUSUMECI ministro
Il ministro della Protezione civile e del Mare, Nello Musumeci

Ma ora il ministro della Protezione civile e del Mare, Nello Musumeci, in un’intervista a Gianni Molinari per Il Mattino annuncia che “le esercitazioni sono fondamentali”. E in tono polemico, aggiunge: “I governi precedenti sono stati disattenti verso il bradisismo. Comprensibile la paura per le scosse, ma può passare conoscendo il fenomeno”. Poi, però, è lui stesso a raccomandare che “non bisogna creare inutile allarmismo”, ricordando che “le case sono state costruite su un vulcano”. A proposito della portualità turistica, minacciata da questo allarme, il ministro assicura che “con procedure semplici rimuoveremo gli ostacoli alimentati dall’integralismo ambientale”.

Pozzuoli, the super active volcano of the Campi Flegrei. The solfatara is the only visible mouth with its fumaroles, while the whole city suffers the effects of bradyseism.
Pozzuoli, la solfatara (Foto Gambardella)

Fatto sta, comunque, che la Commissione Grandi rischi ha ritenuto di mantenere l’attuale livello di allerta. I Campi Flegrei coprono una vasta area, situata nel golfo di Pozzuoli, a ovest della città di Napoli. È nota fin dall’antichità per la sua vivace attività super-vulcanica: l’ultima eruzione risale al 29 settembre del 1538. Ma le scosse sono praticamente quotidiane.  Da un punto di vista geologico, l’area è una grande caldera in stato di quiescenza, con un diametro di 15-18 chilometri, i cui limiti sono dati dalla collina di Posillipo e da quella di Camaldoli.

The panorama of the beach of miseno, of the mountain of miseno with the lake of Bacoli behind it. A small peninsula in the Gulf of Naples
Panorama della spiaggia di Miseno (Foto Gambardella)

La principale azione prevista dal piano straordinario del governo, a cui sono destinati 40 milioni di euro, riguarda l’analisi dell’edilizia pubblica, corredate da una serie di misure per la mitigazione del rischio. Per misurare la vulnerabilità dell’edilizia privata, invece, sono stanziati fino a 3,5 milioni, con procedure semplificate in deroga. A uno studio di microzonazione sismica, per classificare le aree in base al grado di stabilità, andrà al massimo un altro milione e mezzo; mentre 200mila euro saranno utilizzati per potenziare il monitoraggio del sisma e delle strutture, integrando le reti di rilevazione esistenti.

Con un milione di euro, viene finanziato inoltre un piano di comunicazione alla popolazione, sui rischi e le buone pratiche, predisposto dalla Regione Campania d’accordo con la Protezione civile. A quest’ultima, è stato affidata l’elaborazione di un “piano speditivo di emergenza” (leggasi, di evacuazione), in caso di bradisismo grave. Per le relative esercitazioni, invocate ora dal ministro Musumeci, sono stati stanziati appena 750mila euro.

Finora, stando a quanto dichiara Musumeci nell’intervista citata, “i rilievi sulla vulnerabilità del costruito hanno impegnato circa 90 tecnici organizzati in 55 squadre”. Nel frattempo, sarebbero stati già realizzati circa quattromila sopralluoghi focalizzati sul fenomeno del bradisismo che rappresenta la causa più diffusa della preoccupazione popolare. Quanto al rischio idrogeologico, conclude il ministro, “sarà oggetto di un successivo programma”.

CASE “VERDI”, CHI PAGA? I COSTI DELLA DIRETTIVA UE PER LE RISTRUTTURAZIONI ENERGETICHE

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La domanda se l’è posta polemicamente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, all’indomani del via libera definitivo dell’Europa alla direttiva sulle case green, con il voto contrario di Italia e Ungheria. Ma se la pongono a maggior ragione già da tempo i cittadini, italiani ed europei, di fronte a un provvedimento che implicherebbe costi altissimi per tutti: la stessa Commissione di Bruxelles stima che entro il 2030 occorreranno 275 miliardi di euro di investimenti annuali per la ristrutturazione e per la conversione ecologica degli edifici, nella lotta al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici che per effetto dell’inquinamento stanno devastando il pianeta.

Chi paga, dunque? Le famiglie, i singoli Stati, l’Europa? L’interrogativo incombe come un’ipoteca sui proprietari delle case. E in particolare su quelli italiani, visto che il nostro Paese ha il patrimonio immobiliare privato più vecchio: il 52% degli edifici dotati di certificazione energetica (Ape), pari a 2,8 milioni di unità secondo l’Enea, rientra nelle due classi peggiori. È vero che i governi nazionali avranno un’ampia discrezionalità per raggiungere gli obiettivi concordati e su quali edifici applicare queste regole. Ma in ogni caso la questione rimane sospesa come una spada di Damocle sulla testa dei cittadini.

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A partire dal 2030, come spiega Giuseppe Colombo in un puntuale articolo su Repubblica, tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti in modo da avere “emissioni zero” e due anni prima quelli pubblici. Per tutti gli altri, sempre di proprietà pubblica, sono fissati requisiti di efficienza: almeno il 16% degli edifici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case, invece, è prevista una riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035.

In una dichiarazione riportata in un articolo di Francesca Basso sul Corriere della Sera, l’eurodeputata del Pd Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione Industria del Parlamento europeo, precisa: “La direttiva sulle case green non impone alcun obbligo ai cittadini, ma chiede agli Stati nazionali di impostare politiche sensate e a lungo termine, mettendo anche a disposizione risorse europee, per migliorare l’efficienza energetica e la salubrità degli edifici”.

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Per lo stesso giornale, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha rilasciato a Mario Sensini n’intervista in cui, spostando in avanti di vent’anni la scadenza, afferma: “Servono soldi e tempo, è il 2050 la scadenza più realistica”. E osserva: “L’Italia ha una storia e caratteristiche fisiche del tutto peculiari in Europa. Abbiamo il 70% dei fabbricati che ha oltre 70 anni, quindi sono edifici storici, una proprietà immobiliare diffusa, con l’80% delle famiglie che possiede un’abitazione, ed estremamente frazionata. Abbiamo due terzi degli edifici in zona montana o collinare, con 50mila piccoli borghi”.

Alla domanda con quali strumenti, compatibili con la finanza pubblica, il governo intende sostenere i cittadini in questo impegno, il ministro Fratin risponde: “Strumenti fiscali per i contribuenti che hanno redditi elevati, quindi una detrazione con aliquota da definire. Per chi ha redditi bassi occorre un altro sistema. Anche un contributo diretto dello Stato. Per gli edifici pubblici si possono coinvolgere le Esco, società che finanziano gli interventi e per un po’ si tengono il risparmio energetico, e usare il Conto termico del Gestore dei servizi energetici (Gse)”.

Un’altra proposta la lancia Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, in un’intervista a Gianluca Baldini per il quotidiano La Verità. La sua organizzazione è “radicalmente contraria” alla direttiva sulle case green e perciò auspica che il governo offra incentivi per promuovere, senza imporre, opere di efficientamento energetico. Quindi senza alcun obbligo per i cittadini. E conclude: “Le direttive non sono la Bibbia. Sono dei provvedimenti soggetti a revisione e rivalutazione nei tempi successivi alla loro approvazione”.

GROS-PIETRO, PRESIDENTE DI INTESA SANPAOLO: “IL MEZZOGIORNO NON È UN DESERTO INDUSTRIALE”

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Il Sud non è un “deserto industriale”. Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, firma un editoriale pubblicato sul Messaggero e sul Mattino, in cui delinea un Mezzogiorno “non sufficientemente conosciuto; ricco di dinamismo e di voglia di impresa”; capace, dati alla mano, di contribuire all’economia nazionale in misura determinante (nella foto sopra, la sede di Intesa Sanpaolo a Milano, illuminata dal tricolore).

GIAN MARIA GROS-PIETRO
Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo

“Se fosse uno Stato – scrive ancora Gian Maria Gros-Pietro – sarebbe al settimo posto tra i paesi d’Europa per numero di imprese manifatturiere”, con un’economia forte di quattrocentomila società di capitale attive, circa 60 grandi realtà e una presenza molto significativa di imprese innovative. E dove “cento euro di investimenti nel settore manifatturiero hanno una ricaduta di 54 euro di domanda aggiuntiva nel Centro Nord, a dimostrazione del fatto che investire nel Sud produce un impatto positivo su tutto il territorio nazionale”.

Crocevia fra tre continenti – Europa, Africa e Asia – che contengono la maggior parte della popolazione mondiale e una straordinaria ricchezza di civiltà e di culture, secondo il presidente di Intesa Sanpaolo lo sviluppo del nostro Mezzogiorno rimane centrale in una prospettiva di rilancio che può puntare su economia marittima, logistica, energia e turismo. Gros-Pietro aggiunge che “il Sud Italia, con il sostegno che la Banca ha sempre erogato attraverso le sue Direzioni Regionali, l’azione della divisione Corporate e le analisi svolte da SRM, può e deve giocare sempre più un ruolo fondamentale nella crescita del Paese”.

Quanto alle le risorse per gli investimenti, indispensabili allo sviluppo, il presidente di Intesa Sanpaolo afferma: “Sono più di 210 miliardi di euro, ma occorre andare oltre il PNRR, reperendo altre risorse nella nuova Politica di Coesione e nel pieno funzionamento della ZES Unica”. E ricorda, infine, che “Intesa Sanpaolo sostiene fin dall’inizio ZES e ZLS con plafond specifici e con roadshow dedicati a investitori internazionali, volti a sostenere le grandi potenzialità di crescita del tessuto economico e produttivo meridionale”.

IL “MARTIRIO” DI CARAVAGGIO DELLA COLLEZIONE DI INTESA SANPAOLO SUL FINANCIAL TIMES

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Con un ampio articolo a firma dell’autorevole critica Jackie Wullschläger, il quotidiano economico inglese Financial Times ha recensito la mostra The Last Caravaggio che la National Gallery di Londra dedica, dal 18 aprile al 21 luglio 2024, a Il Martirio di sant’Orsola di Intesa Sanpaolo. La più importante delle 35 mila opere della collezione della Banca, è abitualmente esposta presso il suo museo delle Gallerie d’Italia di Napoli.

La giornalista racconta la curiosa storia del dipinto, del suo acquisto da parte della Banca Commerciale, oggi nel gruppo bancario, e della sua successiva attribuzione a Caravaggio. E apprezza il fatto che oggi la “casa” del capolavoro, grazie a Intesa Sanpaolo, sia proprio in quella brulicante via Toledo a Napoli dove Caravaggio, ai suoi tempi, trovava tra le persone che incontrava per strada i soggetti per i ruoli sacri riprodotti nei suoi dipinti.

La mostra, definita dalla giornalista “the very welcome free exhibition”, è realizzata in occasione del bicentenario della National Gallery nell’ambito di un consolidato rapporto che intercorre da diversi anni tra la Banca e il prestigioso museo.

A Napoli, al museo di Intesa Sanpaolo, dal 24 aprile 2024 al 14 luglio 2024 arriveranno dalla National Gallery due capolavori di Diego Velázquez: Immacolata Concezione e San Giovanni Evangelista in Patmos.

A seguito della riorganizzazione annunciata il 28 marzo scorso, la direzione Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, di cui è responsabile Michele Coppola, è confluita nella nuova area di governo Sostenibilità guidata da Paola Angeletti.

 

IL DISASTRO DI BARGI: ACCERTARE CAUSE E RESPONSABILITA’, MA SALVARE L’ENERGIA IDROELETTRICA

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In attesa che “sia fatta piena luce sulla dinamica dell’incidente”, come ha auspicato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esprimendo “cordoglio per gli operai deceduti e solidarietà ai feriti, alle famiglie e ai colleghi di lavoro delle vittime”, il disastro della centrale idroelettrica di Bargi, sul lago di Suviana in Emilia Romagna, innesca il consueto strascico di polemiche a posteriori sulla sicurezza del lavoro. All’indomani dell’esplosione, due quotidiani nazionali come “Repubblica” e “La Stampa”, appartenenti entrambi al gruppo Gedi (ex Fiat), sono usciti con lo stesso titolo in prima pagina: “Allarmi inascoltati”. Il primo giornale lo scrive senza virgolette, riferendosi a “una tragedia prevedibile” e “a due anni di denunce cadute nel vuoto”; il secondo con le virgolette, citando un rapporto Uil del 2022 inviato alla magistratura sui rischi dell’impianto.

Il bilancio finale del disastro è tragico. Lo scoppio di una turbina a 40 metri di profondità ha provocato sette morti e cinque feriti. Ma le operazioni di soccorso e di recupero dei corpi sott’acqua sono state particolarmente difficili e pericolose per gli stessi Vigili del Fuoco.

CENTRALE BARGI piantina
La pianta della centrale (dal Corriere di Bologna)

La società Enel Green Power che gestisce la centrale, oltre a esprimere “profondo cordoglio e vicinanza” a tutte le vittime e alle loro famiglie, assicura che “continuerà a dare ogni forma di collaborazione alle autorità preposte per accertare i fatti”. L’amministratore delegato, Salvatore Bernabei, s’è recato immediatamente sul luogo del disastro per coordinare di persona le attività aziendali, in raccordo con le autorità competenti. In una nota per la stampa, intanto, l’azienda fa sapere che “nella centrale erano in corso lavori di efficientamento che Enel Green Power aveva contrattualizzato con tre aziende primarie: Siemens, Abb e Voith”. Interventi programmati di manutenzione, quindi, affidati a tecnici esperti di ditte qualificate. Da quanto è stato possibile ricostruire finora, “il collaudo del primo gruppo di generazione – come si legge nello stesso comunicato – era già terminato nei giorni scorsi e, al momento in cui è avvenuto l’incidente, era in corso il collaudo del secondo gruppo”.

La società Enel Green Power ha istituito un fondo immediato di due milioni di euro per consentire alle persone coinvolte e alle loro famiglie di far fronte alle prime necessità e urgenze. E ribadisce che “sarà vicina in ogni modo ai feriti e alle famiglie delle vittime”, ringraziando le autorità competenti che “stanno lavorando alle operazioni di soccorso e a cui sta prestando il massimo supporto”. Altrettanto hanno fatto il presidente, l’amministratore delegato, tutto il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale di Enel Holding, esprimendo “il più profondo cordoglio ai famigliari delle vittime e solidarietà per tutte le persone coinvolte nel tragico evento di Suviana e sono vicini ai colleghi di Enel Green Power”. Il Gruppo Enel ha avviato intanto una raccolta fondi interna, per dare la possibilità ai colleghi di manifestare concretamente la loro solidarietà ai parenti delle vittime e dei feriti: ciascuno potrà aderire con una donazione libera, destinando l’equivalente di ore del proprio lavoro. .

CENTRALE IDROELETTRICA ENEL

Mentre è necessario e doveroso accertare le cause tecniche del disastro, anche per individuare eventuali errori o responsabilità, non si può aprire però un “processo” sommario all’energia idroelettrica e a chi la produce, come se fosse un’attività clandestina o illegale. Si tratta, infatti, di una fonte alternativa che – al pari del sole e del vento – sfrutta una risorsa naturale come l’acqua dei fiumi e dei torrenti che scendono dalle montagne; non inquina e non danneggia né l’ambiente né tantomeno la salute. In un Paese come l’Italia, con i circa 1200 chilometri di lunghezza delle Alpi da Ovest a Est e con altrettanti di Appennini da Nord a Sud, l’idroelettrico rappresenta anzi la prima fonte rinnovabile, con il 40,7% contro il 21,3% del solare e il 16% dell’eolico (dati “The European House-Ambrosetti). Ed è una quota tanto più rilevante nella prospettiva della transizione energetica. In termini di energia prodotta, a fine 2021 questa fonte ha raggiunto quasi i 45,39 tarawattora, pari a poco più del 14% del fabbisogno nazionale.

Secondo i dati raccolti dal GSE (Gestore servizi energetici), relativi al periodo 2018-2021, l’Italia ha una potenza complessiva installata per l’idroelettrico di circa 19,72 gigawatt: un valore che corrisponde al 33% della potenza nazionale da fonti green. All’inizio del triennio, la potenza era di 17,6 gigawatt, con incrementi medi da un anno all’altro appena sopra gli 0,1 gigawatt.

A determinare le fluttuazioni di energia prodotta da un anno all’altro sono, da una parte, i fattori meteorologici e, dall’altra, le nuove installazioni o dismissioni dei grandi impianti. Nel 2017, un anno particolarmente sfavorevole per l’idroelettrico, la produzione di energia s’era fermata ad appena 36,2 terawattora, per poi crescere del 35% l’anno successivo. Più regolare, invece, risulta la distribuzione geografica dell’energia idroelettrica prodotta: la maggior parte, fra il 76 e l’80%, proviene dalle regioni del Nord, notoriamente più montuose; mentre il resto è più o meno equamente diviso fra Centro e Sud.

IL BLUFF DEL PONTE: IL COMITATO SCIENTIFICO SMONTA IL PROGETTO (TESTO INTEGRALE)

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Ponte sullo Stretto di Messina, una storia infinita che potrebbe rivelarsi un bluff. Rischio sismico, qualità degli acciai strutturali e condizioni del vento in quella zona, sono i principali capitoli su cui si concentrano le contestazioni e le polemiche. Sarebbero addirittura 69 i punti critici. E intanto partono le procedure per l’esproprio dei terreni interessati all’operazione.

Con un post su “X”, il parlamentare di Avs Angelo Bonelli (nella foto sotto) ha annunciato la pubblicazione sul sito di Europa Verde (https://europaverde.it/) la relazione del Comitato scientifico (53 pagine) e l’aggiornamento sul controverso progetto del Consorzio Eurolink. “La nostra – ha scritto Bonelli – è un’operazione trasparenza per evidenziare le gravi carenze” di quest’opera faraonica che, secondo le stime, dovrebbe costare 13,5 miliardi di euro. A suo giudizio, “molti studi e analisi necessarie non sono stati eseguiti”. In seguito all’esposto presentato da Pd, Verdi e Sinistra italiana, la Procura di Roma ha già aperto un’indagine per verificare eventuali irregolarità.

ANGELO BONELLI

In particolare, la relazione del Comitato scientifico (datata 29 gennaio 2024 e firmata pagina per pagina dal coordinatore Alberto Prestininzi, professore di Geologia) evidenzia che si sono verificati, in Italia, terremoti in cui l’accelerazione di picco al suolo ha superato i valori precedentemente presi in considerazione per la valutazione delle azioni sismiche di progetto: questo implica la necessità di una nuova valutazione, al momento non programmata (pagine 13-14).

A pagina 15 si legge poi che il progetto definitivo non ha analizzato gli effetti da maremoto e li ha rinviati al progetto esecutivo. Il comitato scientifico fa presente poi che la bibliografia sulla sismicità non è aggiornata al modello europeo di pericolosità sismica ESHN20, mentre dovrebbe esserlo.

Mappa Stretto

Viene rilevato inoltre che gli studi di microzonazione di livello 3 per verificare le condizioni geologiche e geomorfologiche del territorio, qualora disponibili nelle aree interessate dalle opere a terra, potranno offrire un primo contributo conoscitivo alla definizione, da parte del progettista, delle azioni sismiche di progetto.

La relazione sottolinea anche che gli acciai previsti non sono adeguati. A pagina 47, infine, si legge che non sono state le prove del vento, per verificare la stabilità della struttura in condizioni di turbolenza. Su questo punto, la risposta del Consorzio Eurolink, guidato dal Gruppo Wubuild che fa capo a Salini e Impregilo, è stata che – per fare questa verifica – si perderebbe tempo. Come se la sicurezza dell’opera, per tutti coloro che dovessero utilizzarla in futuro, fosse una questione secondaria o trascurabile, da superare in nome della fretta per realizzarla.

IL TESTO DELLA RELAZIONE

L’AGGIORNAMENTO DEL CONSORZIO

 

EMERGENZE D’ITALIA: 193 IN DIECI ANNI. IL 79% CAUSATO DA ECCEZIONALI EVENTI METEOROLOGICI

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Sono 193 le emergenze che hanno colpito l’Italia negli ultimi dieci anni. E il 79% è stato causato da eccezionali eventi meteorologici, come alluvioni, smottamenti e frane: in pratica, otto su dieci. Dal 2013 la spesa autorizzata nell’ambito del Fondo per le emergenze ha superato complessivamente i 13,5 miliardi di euro, comprese le risorse stanziate per le attività di soccorso e gli interventi più urgenti. All’incirca, il costo previsto per il controverso progetto del Ponte sullo Stretto di Messina (nella foto sotto, il modellino in scala), fortemente voluto dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini.

PONTE (modellino)

L’elenco completo è pubblicato sul sito del Dipartimento per la Protezione civile. Qui, nella sezione “Emergenze”, sono indicate sette tipologie: nell’ordine, le emergenza da rischio sismico, quelle da rischio meteo-idrico, vulcanico, maremoto, incendi, sanitario e ambientale. Ma i conti precisi si sono presi la briga di farli due giornalisti del Sole 24 Ore, il quotidiano della Confindustria, Michela Finizio e Alexis Paparo, con un dossier apparso in prima pagina lunedì 8 aprile, sotto il titolo Rischi climatici, programmi in ritardo. A loro va anche il merito di aver collegato questi dati con il Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), approvato dal governo Meloni con il decreto n. 434 lo scorso 21 dicembre dopo un iter durato sei anni, quello che lo stesso giornale definisce in un titolo “la babele dei programmi per mettere in sicurezza il Paese”.

 

Il “cervello operativo”, a cui viene affidata la regia delle 360 azioni previste, dovrà essere nominato con un altro decreto dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza. Ma non sarà pronto prima della fine di maggio. Per il momento, quindi, le linee di intervento restano ancora sulla carta, mentre è ancora a metà la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo (foto sotto).

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse 19-09-2016 - Amatrice - Italia Cronaca Sopralluogo ad Amatrice dopo il terremoto del 24 agosto. Nella foto la zona rossa Vincenzo Livieri - LaPresse 19-09-2016 - Amatrice - Italy News Visit to Amatrice after the earthquake of August 24
Foto Vincenzo Livieri – LaPresse 19-09-2016 – Amatrice – Italia

“La strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici – ricordano i due autori dell’articolo – risale al 2015 e il Piano dovrebbe finalmente darne attuazione”. Nel documento sono elencate attività di mitigazione del rischio in diversi ambiti: agricoltura, turismo, trasporti, industrie ed energia. Ma vi compaiono anche interventi mirati a fronteggiare fenomeni come la desertificazione, la siccità, il dissesto idrogeologico e a tutelare gli ecosistemi naturali. Ma appare sempre più necessario e urgente il “piano invasi” per contrastare la mancanza d’acqua: il commissario straordinario, Nicola Dell’Acqua, indica 127 interventi prioritari da realizzare in questo campo, per un corrispettivo di 3,67 miliardi.

“Nel frattempo – riferiscono Finizio e Paparo – Asvis e Protezione civile ricordano la necessità di adeguare i Piani di assetto idrogeologico e la pianificazione urbanistica comunale alle nuove mappe di rischio contenute nei sette Pgra (Piani gestione rischio alluvioni – ndr) delle Autorità di bacino, approvati nel 2021”. Sono da aggiornare anche i Piani comunali della protezione civile. E si tratta di un obbligo, ma non sono previste scadenze né sanzioni e negli uffici mancano sia le risorse sia il personale per farlo in tempi rapidi.

ALLUVIONE EMILIA auto

Dati alla mano, concludono i due giornalisti: “La necessità di spingere l’acceleratore per mettere in sicurezza i territori viene scandita dai numeri: l’Indice del clima pubblicato lo scorso 25 marzo sul Sole 24 Ore ha immortalato la geografia dei picchi di calore e delle piogge – sempre più intense – dell’ultimo decennio”: si tratta, secondo l’ultimo Osservatorio Città Clima di Legambiente, di 378 eventi meteorologici estremi registrati nel 2023, in aumento del 22% rispetto all’anno precedente (nella foto sopra, l’alluvione in Emilia Romagna). “Statistiche – commentano gli autori dell’articolo – che non lasciano più spazio a indugi nell’azione di prevenzione”,

ACCORDO DI INTESA SANPAOLO CON A2A PER RIDURRE LE EMISSIONI CON ENERGIA RINNOVABILE

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In coerenza con il percorso di sviluppo della propria strategia ESG, Intesa Sanpaolo imprime un’ulteriore accelerazione verso la riduzione delle emissioni proprie. Il Gruppo bancario ha siglato un accordo di fornitura di energia elettrica da fonti rinnovabili con A2A – tramite A2A Energia, società commerciale del Gruppo. L’accordo prevede l’approvvigionamento di energia per circa il 10% del fabbisogno annuale del Gruppo in Italia (pari a circa 30Gwh) per 10 anni, grazie a 2 impianti fotovoltaici di nuova realizzazione ubicati in Sicilia. Gli impianti, che hanno un profilo produttivo che garantisce la copertura del fabbisogno indicato, entreranno in funzione nel corso del 2024.

Dichiara Alfonso Guido, Chief Cost Management Officer di Intesa Sanpaolo:. “Il Gruppo, grazie a questo accordo, fornisce un contributo fattivo al processo di transizione del sistema produttivo nazionale verso la decarbonizzazione, registrando ulteriori vantaggi grazie alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento dell’energia e dalla stabilizzazione del prezzo di acquisto per una parte del proprio fabbisogno”.

Per A2A l’accordo rappresenta un’occasione per mettere a disposizione di un partner importante come Intesa Sanpaolo soluzioni di medio-lungo periodo per supportare concretamente le Imprese nel percorso verso la decarbonizzazione e, grazie alla produzione di energia rinnovabile, dare un contributo concreto alla transizione energetica del Paese.

ISP Carlo Messina e Isybank

Nel biennio 2022/2023 Intesa Sanpaolo ha ulteriormente consolidato il proprio impegno ESG – così come previsto dal Piano d’Impresa, presentato dal CEO Carlo Messina a febbraio del 2022 (nella foto sopra– attraverso queste azioni:

  • 36,8 milioni di interventi per il programma cibo e riparo per i bisognosi;
  • 14,8 miliardi di euro di nuovo social lending;
  • 85 milioni di euro di investimenti in startup attraverso NEVA SGR;
  • 405 progetti di innovazione lanciati dall’Intesa Sanpaolo Innovation Center;
  • Dal 2021, circa 45 miliardi di euro per nuovi prestiti a supporto della green economy, della circular economy e della transizione ecologica. Di questi, 8,7 miliardi di euro di nuove linee di credito per la circular economy;
  • 4,3 miliardi di euro di nuovi crediti green a persone fisiche;
  • Apertura di 13 laboratori ESG;
  • 74% degli asset under management di Eurizon investiti in prodotti ESG.