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BOOM DI RINNOVABILI NEL PRIMO SEMESTRE 2024: +25% SECONDO ENEA. MA PER IL 2050 OCCORRONO 43,8 MLD

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Aumento record delle fonti rinnovabili (+25%); forte diminuzione delle emissioni di CO₂ (-6% contro -4% dell’Eurozona); minimo storico per il contributo delle fonti fossili (38%) nella produzione di energia elettrica (10 punti in meno rispetto al dato precedente). L’analisi dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) sul sistema energetico nazionale per il primo semestre 2024 evidenzia anche un nuovo calo dei consumi (-2%, rispetto al -1% dell’area euro), in misura maggiore rispetto all’andamento dei principali driver (Pil e mobilità in lieve aumento, produzione industriale ancora negativa e clima mite).

“Il forte calo delle emissioni – spiega Francesco Gracceva, il ricercatore che ha coordinato l’analisi, al quotidiano la Repubblica – si concentra quasi esclusivamente nel settore elettrico (-32%), per effetto del notevole incremento della quota di rinnovabili: questa è salita al 44% nel semestre, con punte mensili superiori al 52%, grazie al significativo aumento della produzione idroelettrica (+65%)”.

CENTRALE IDROELETTRICA ENEL

Per quanto riguarda il consumo di fonti fossili, si registrano contrazioni sia per il carbone (-60% contro il -24% dell’Eurozona) che per il gas naturale (-5% contro -4%). Dall’analisi emergono una serie di difficoltà per la transizione energetica in Italia, tra decarbonizzazione ancora insufficiente e problemi di competitività dell’industria nazionale. In questo contesto, l’indice Enea Ispred registra un leggero miglioramento, ma rimane sempre vicino ai minimi storici. In particolare, si registrano valori molto bassi di due componenti dell’indice: decarbonizzazione e prezzi e competitività. In miglioramento, invece, la terza componente, sicurezza energetica, grazie alla riduzione della domanda di energia che ha coinvolto soprattutto i settori elettricità e gas.

“L’indice relativo alla decarbonizzazione – aggiunge Gracceva – beneficia del calo delle emissioni nel settore elettrico, che ha reso la traiettoria delle emissioni dei settori Ets (generazione elettrica ed energivori) ampiamente in linea con il target 2030”. L’indice è stato penalizzato tuttavia dall’andamento delle emissioni non-Ets (terziario, residenziale, trasporti e industria non energivora) allontanandosi ulteriormente dagli obiettivi europei, con emissioni di CO₂ in lieve aumento (+1%) per questi settori. La causa, in particolare, dei consumi per la mobilità stradale e il trasporto aereo, tornati al di sopra dei livelli pre-Covid. “Per essere in linea con i target europei, le emissioni dovrebbero ridursi del 5% medio annuo; inoltre, in questi settori, la crescita delle fonti rinnovabili resta decisamente inferiore a quella delineata nel recente Pniec”, sottolinea Gracceva.

ENERGIE RINNOVABILI pale e pannelli

Entro il 2050, in base allo studio “Net Zero” presentato dalla società di ricerca Agici, bisognerà rinnovare 73,8 GW soprattutto di solare ed elettrico, con un costo ipotizzato di 43,8 miliardi di euro. Queste risorse dovranno essere concentrate in particolare sugli impianti idroelettrici (il 70% è antecedente al 1980) e su quelli fotovoltaici ed eolici (i due terzi risalgono agli anni 2007-2014).

“Gli investimenti nell’idroelettrico – scrive Sara Deganello in un articolo sul Sole 24 Ore – si scontrano con lo stallo delle concessioni scadute, sentito da tutti gli operatori, vista la decisione dell’Italia – unica in Europa – di procedere con riassegnazioni tramite gara”. Lo sblocco, secondo gli operatori, consentirebbe di mobilitare 10-15 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, favorendo il loro reinvestimento negli impianti obsoleti.

ADDIO MARMOLADA, IL PIU’ GRANDE GHIACCIAIO DELLE DOLOMITI RISCHIA L’ESTINZIONE

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Nei prossimi 15 anni, entro il 2040, il ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, sparirà e lascerà il posto alla roccia. Il responso proviene dalla Carovana dei Ghiacciai, la campagna promossa da Legambiente e Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi), con la partnership scientifica del Comitato glaciologico italiano. Come l’intera catena alpina, soffre le conseguenze dell’impatto climatico, per effetto del riscaldamento globale causato dall’inquinamento.

Quello della Marmolada è un ghiacciaio vallivo che scende lungo il versante settentrionale della montagna più alta delle Dolomiti (3.343 metri d’altezza). Situato nella provincia di Trento, al confine con quella di Belluno, sovrasta il suggestivo lago di Fedaia da cui prende origine il torrente Avisio. Nell’arco di un secolo le sue dimensioni si sono più che dimezzate: nel 1910 misurava ancora 450 ettari, mentre nel 2013 s’era già ridotto a 190.

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Ma uno studio dell’Università di Padova segnala un’accelerazione di questo processo. Dall’anno scorso il ghiacciaio della Marmolada è sceso sotto la soglia simbolica dei 100 ettari, pari a meno di un chilometro quadrato. Una superficie più che dimezzata rispetto a 25 anni fa quando misurava 205 ettari. I risultati sono stati resi noti nel corso della sesta edizione di Climbing for climate, un evento promosso dalla rete delle Università per lo sviluppo sostenibile, dal Cai e dagli atenei di Brescia, Padova, Ca’ Foscari e Iuav di Venezia e di Verona.

“I rilievi puntuali di abbassamento della superficie glaciale – si legge nel report – indicano che la vita residua del ghiacciaio è stimata tra i 13 e i 22 anni”. E aggiunge: “Entro il 2040 l’ascesa alla cima sarà caratterizzata quasi esclusivamente dalla sola presenza di roccia nuda”. Per monitorare questo processo, diversi enti stanno cercando di creare “una banca dati digitale della Marmolada”, in modo da “fornire alla comunità scientifica uno strumento senza precedenti per analizzare il ritiro glaciale e sviluppare modelli avanzati per la valutazione della pericolosità”.

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Il verdetto coincide con lo studio promosso da Legambiente e Cipra: “il ghiacciaio della Marmolada va verso la sparizione in modo “irreversibile”. Gli esperti del Comitato glaciologico hanno calcolato che il ghiacciaio perde dai 7 ai 10 centimetri di spessore al giorno. Negli ultimi 5 anni ha visto sparire 70 ettari della sua superficie e, dall’inizio delle misurazioni scientifiche, nel 1888, è arretrato di 1.200 metri.

Questa accelerazione accomuna la Marmolada agli altri due grandi ghiacciai delle Alpi: l’Adamello (Alta Val Camonica – Lombardia) e quello dei Forni (gruppo Ortles-Cevedale in Alta Valtellina, all’interno del settore lombardo del Parco nazionale dello Stelvio). Secondo i dati storici, 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari ed era grande come 700 campi da calcio. Da allora a oggi, il ghiacciaio ha perso oltre l’80% della superficie e oltre il 94% del volume. Al momento, lo spessore massimo è di 34 metri.

 

ROMA, ENEL INAUGURA NIDO AZIENDALE PER I FIGLI DEI DIPENDENTI. L’AD CATTANEO: “PARITA’ NEL LAVORO”

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Sostenere la genitorialità promuovendo ambienti di lavoro sempre più inclusivi e sostenibili. Con quest’obiettivo Enel ha inaugurato a Roma, nella nuova sede di via Luigi Boccherini, il nido aziendale “Crescere con Energia”. A tagliare il nastro, è stata la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella, accolta dall’amministratore delegato del Gruppo, Flavio Cattaneo (insieme al centro della foto sotto).

ENEL asilo nido

“Creare un welfare aziendale che risponda alle esigenze sociali è un impegno per Enel che si traduce in azioni concrete come l’apertura del nido aziendale”, ha affermato l’Ad Cattaneo. E ha aggiunto: “Continueremo a sviluppare iniziative volte a migliorare il benessere delle nostre persone creando le condizioni per la vera parità di accesso al mondo del lavoro”.

A sua volta, la ministra Roccella ha dichiarato: “Le imprese, con il welfare aziendale e ambienti di lavoro accoglienti per i genitori, giocano un ruolo fondamentale nella conciliazione vita-lavoro e nella lotta alla denatalità. Il governo ha messo questo tema al centro della sua azione, con investimenti e misure concrete e anche promuovendo un’alleanza con il mondo dell’impresa e del lavoro attraverso strumenti come il codice di autodisciplina che va esattamente in questa direzione. Enel è stata una delle prime grandi aziende a sottoscrivere il codice, e l’inaugurazione di questo ‘nido’ dimostra che la consapevolezza si può tradurre in atti tangibili per aiutare i genitori a conciliare famiglia e lavoro, le donne a non vivere la maternità e la realizzazione professionale come opzioni alternative, e la società ad avere quel futuro che oggi la denatalità mette a rischio”.

Il nido, dedicato ai figli delle persone in servizio presso le sedi romane di Enel, ha ottenuto l’autorizzazione del Comune di Roma e può accogliere 42 bambini di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni, con una retta mensile erogata al 50% dall’azienda. La nuova struttura è parte di un progetto educativo altamente innovativo che punta a sostenere lo sviluppo autonomo e creativo dei bambini. L’apprendimento della lingua inglese viene integrato con lezioni di musica, psicomotricità, arte, sviluppo cognitivo, gioco simbolico e avvio alla lettura. Il nido offre anche un servizio di cucina interna con menù variegati e stagionali.

Questa iniziativa costituisce un’ulteriore misura di welfare che si somma al già corposo pacchetto di azioni del Gruppo a sostegno della genitorialità in tutta Italia. Tra queste, l’estensione temporale dei congedi di paternità e una retribuzione vantaggiosa per quelli parentali; l’adesione al “Codice di Autodisciplina di Imprese Responsabili in favore della maternità”, promosso dal Ministero per la Famiglia; la flessibilità con la possibilità di lavorare in smart working e in part-time e l’erogazione di contributi economici per asili, scuole, centri estivi e viaggi studio all’estero.

Il nido aziendale rappresenta un ulteriore passo avanti che consolida il ruolo di Enel come azienda all’avanguardia nel progettare politiche di welfare aziendale. L’intenzione è quella di interpretare i bisogni e le necessità di una società in continua evoluzione e tradurli in azioni concrete.

 

ESIBIZIONE DI TENNIS IN CARROZZINA CON INTESA SANPAOLO E FIT ALLE NITTO ATP FINALS TORINO

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Per il pubblico delle Nitto ATP Finals in corso a Torino, Intesa Sanpaolo e la Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP) hanno organizzato un’esibizione di wheelchair tennis e una prova di questo sport. Scopo dell’iniziativa era dimostrare che, con passione e determinazione, tutte le persone possono avvicinarsi a una tale disciplina sportiva.

Il pubblico presente nel Foyer dell’Inalpi Arena ha avuto così l’opportunità unica di assistere alla dimostrazione di atleti d’eccezione di wheelchair tennis. E ha provato a palleggiare con loro, mostrando che non ci sono limiti di età o abilità e che il tennis è uno sport che unisce e può essere praticato da chiunque.

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Hanno giocato per la dimostrazione gli atleti professioni di tennis in carrozzina Luca Paiardi, Hegor Di Gioia, Maria Vietti e i giovani Lorenzo Politanò e Andrea Roccamo. Tra le persone invitate da Intesa Sanpaolo a provare questa disciplina sportiva: Gianluca Cosentino, segretario generale di Volare, associazione che lavora per diffondere questo sport paralimpico dal 2011 e che organizza l’importante Trofeo della Mole 2.0 di Torino; Federica Gardella e Davide Aschieri, tennisti professionisti FITP, pronti ad agevolare gli scambi e a mettersi in gioco rendendo il tutto ancora più avvincente. Alla manifestazione hanno partecipato inoltre due creator, Paolo Schiavone e Luca Campolunghi che, per la prima volta, hanno provato il tennis in carrozzina per condividere l’esperienza sui loro profili social.

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IL WHEELCHAIR TENNIS

Il wheelchair tennis o tennis in carrozzina è stato inventato nel 1976 e giocato in Italia per la prima volta nel 1987. La Federazione Italiana Tennis e Padel ha incluso nel proprio statuto il tennis in carrozzina nel 2010, oggi si contano circa 600 giocatori tra tennis e padel e oltre 90 tornei nazionali e internazionali. Il Tennis in carrozzina si gioca con le regole di tutti, con l’unica eccezione che la pallina può rimbalzare due volte, su qualsiasi superficie e in qualsiasi circolo di tennis affiliato alla FITP.

CARRIERA SPORTIVA ATLETI WHEELCHAIR TENNIS

Luca Paiardi – Numero 1 della classifica race del circuito nazionale wheelchair tennis e 137° nel ranking internazionale categoria maschile; Hegor Di Gioia – Numero 1 della classifica race del circuito nazionale wheelchair tennis e 55° nel ranking internazionale categoria quad; Maria Vietti – Numero 9 della classifica race del circuito nazionale wheelchair tennis e 84° nel ranking internazionale categoria femminile; Lorenzo Politanò – Numero 1 della classifica italiana juniores, ha recentemente vinto il Master Internazionale Kinder Joy of moving all’accademia di Rafa Nadal; Andrea RoccamoNumero 2 della classifica italiana juniores.

TURISMO SOSTENIBILE IN SARDEGNA: ACCORDO DI FILIERA FRA INTESA SANPAOLO E ITI MARINA

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Un accordo di filiera, a supporto del turismo in Sardegna, è stato sottoscritto da Intesa Sanpaolo e ITI MARINA Hotels & Resorts. Si tratta di un progetto che punta a rafforzare ulteriormente il legame con i propri fornitori e partner strategici locali operanti nel settore turistico. L’iniziativa promuove un turismo sostenibile e integrato, capace di valorizzare il territorio e di offrire nuove opportunità a livello regionale.

Intesa Sanpaolo, attraverso il “Programma Sviluppo Filiere”, ha l’obiettivo di favorire l’accesso al credito delle imprese fornitrici aderenti alla filiera per sostenere gli investimenti necessari a rafforzare le imprese sarde nel settore turistico, promuovendo un modello che potrà fungere da riferimento per altre iniziative analoghe in Italia.

Il Gruppo Alberghiero dei F.lli Loi, ITI MARINA Hotels & Resorts, attivo da oltre quarantacinque anni nella gestione di strutture ricettive lungo la costa orientale della Sardegna, apporterà il proprio know-how per sostenere una rete di collaborazione che, solo nelle sue strutture, offre circa 15.000 posti letto e impiega annualmente fino a 2.000 lavoratori stagionali locali. L’accordo di filiera sottoscritto a favore dei fornitori di ITI MARINA avrà un impatto significativo sull’economia dell’indotto.

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La filiera partirà con una selezione di dieci fornitori sardi, scelti per il loro contributo strategico al settore, per poi ampliarsi progressivamente, includendo realtà locali dei settori agroalimentare e artigiano. In questo modo, il progetto contribuirà a favorire l’impiego di prodotti locali e a rafforzare l’economia circolare in Sardegna, rispondendo alla crescente domanda di sostenibilità nel turismo.

Le filiere rappresentano un sistema economico strategico in cui le imprese più grandi, dette “capo-filiera,” fungono da aggregatori di intere catene di fornitura, creando collaborazioni che favoriscono l’accesso al mercato e sostengono le imprese più piccole e specializzate. Questo modello promuove una crescita comune grazie alla trasmissione di know-how e tecnologie, riducendo i rischi per i fornitori tramite solidi rapporti di partnership.

Il “Programma Sviluppo Filiere” di Intesa Sanpaolo, avviato per sostenere le eccellenze italiane, offre alle imprese aderenti condizioni di credito vantaggiose, accesso a servizi dedicati e formazione. Intesa Sanpaolo ha già attivato circa 900 contratti di filiera in tutta Italia, che coinvolgono oltre 115.000 dipendenti, circa 21.000 fornitori, per un fatturato complessivo che supera 100 miliardi di euro. In Sardegna, il programma supporta a oggi 18 filiere, che generano un fatturato di 1 miliardo di euro e coinvolgono oltre 500 piccole aziende locali. Tale approccio consente una maggiore resilienza e sostenibilità economica per l’intera catena del valore, promuovendo una crescita inclusiva e di lungo termine.

Secondo i dati elaborati dal Research Department di Intesa Sanpaolo, in Sardegna il settore turistico rappresenta un’ampia parte dell’economia regionale, con circa 13.700 imprese (9,5% del totale), e oltre 16,5 milioni di presenze registrate nel 2023. L’isola continua ad attrarre flussi internazionali, prevalentemente da Germania, Francia, Svizzera, Regno Unito e Spagna, mentre i visitatori italiani provengono in maggioranza da Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.

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Dichiara Piero Loi, Direttore Generale ITI MARINA Hotels & Resorts: “L’operazione sancisce una comunione di interessi tra i nostri obiettivi aziendali, quelli del Programma di Intesa Sanpaolo e quelli del nostro territorio. Da decenni siamo focalizzati sullo sviluppo, investimento e crescita del territorio sardo, dove, quotidianamente, le nostre quaranta strutture ricettivo-alberghiere collaborano con fornitori locali, legati a tutte le filiere del turismo, creando, conseguentemente, assieme ai posti di lavoro, un indotto diretto e indiretto su scala regionale di grande valenza economico sociale”.

A sua volta Stefano Cappellari, Direttore regionale Piemonte Nord, Valle d’Aosta e Sardegna di Intesa Sanpaolo, commenta: “La creazione di questo accordo di filiera rappresenta un’importante opportunità per supportare le eccellenze locali e promuovere lo sviluppo di un’economia sostenibile. Con questa iniziativa, Intesa Sanpaolo vuole creare valore per l’intero sistema turistico dell’isola, coinvolgendo le imprese sarde, anche di piccole dimensioni, in un percorso di crescita comune”.

ACCORDO BEI E INTESA SANPAOLO: 8 MILIARDI DA INVESTIRE PER L’INDUSTRIA EOLICA EUROPEA

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La Banca europea per gli investimenti (BEI) e Intesa Sanpaolo (Divisione IMI CIB) hanno annunciato una nuova iniziativa che contribuirà ad attivare investimenti fino a 8 miliardi di euro a favore dell’industria eolica europea. L’accordo rappresenta la prima operazione sostenuta da InvestEU e la seconda in generale nell’ambito del Wind Package da 5 miliardi di euro della BEI, il piano di investimenti annunciato alla COP 28 di Dubai. Questo programma mira a sostenere la produzione di 32 dei 117 gigawatt di capacità eolica necessari per permettere all’Unione europea di raggiungere l’obiettivo di produrre almeno il 45% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030.

Nel dettaglio, la BEI fornirà una controgaranzia da 500 milioni di euro a Intesa Sanpaolo per creare un portafoglio di garanzie bancarie fino a un miliardo di euro a supporto della supply chain e della interconnessione alle reti elettriche di nuovi investimenti in parchi eolici all’interno dell’Unione Europea. Grazie all’elevato effetto leva della controgaranzia BEI, che contribuisce a liberare risorse finanziarie aggiuntive da impiegare per sostenere l’aumento della produzione e accelerare lo sviluppo dell’energia eolica, si stima che l’operazione contribuirà a stimolare investimenti complessivi nell’economia reale per 8 miliardi di euro.

La Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo utilizzerà il supporto della BEI per fornire garanzie bancarie sugli anticipi ricevuti e sulla performance degli impianti ai produttori di energia eolica.

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“L’energia eolica è fondamentale per l’indipendenza energetica europea,” dichiara Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della BEI: “I produttori affrontano sfide come costi elevati, domanda incerta, autorizzazioni lente, colli di bottiglia nella supply chain e forte concorrenza internazionale. Questo accordo dimostra come gli strumenti di condivisione del rischio della BEI aiutino a superare queste difficoltà e a finanziare progetti chiave per la transizione verde e la decarbonizzazione dell’economia europea”.

Mauro Micillo, Chief della Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo, afferma: “La transizione energetica richiede ingenti investimenti e una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato. In tale ambito, lo sviluppo delle energie rinnovabili è uno degli obiettivi fondamentali delle strategie in ambito nazionale ed europeo. Grazie alla pluriennale collaborazione con la BEI, la Divisione IMI CIB ha messo a punto uno strumento innovativo volto a intervenire a supporto di grandi gruppi internazionali attivi nelle infrastrutture di interconnessione con le reti elettriche permettendo l’avvio di opere pubbliche strategiche a livello europeo. Le operazioni recentemente concluse confermano il nostro supporto all’intera filiera dell’eolico e agli obiettivi ESG, in collaborazione con i nostri clienti e con le istituzioni europee”.

Il Commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, commenta: “Questo accordo segna un altro importante passo negli sforzi dell’Europa per sostenere il settore manifatturiero dell’energia eolica. In un contesto di incertezza globale, il programma InvestEU sta mobilitando investimenti cruciali dove sono più necessari. Con 8 miliardi di euro di investimenti che affluiscono nell’economia reale, stiamo rafforzando il nostro impegno per raggiungere la neutralità climatica e l’indipendenza energetica, contribuendo al contempo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro”.

INTESA SANPAOLO PORTA 12 STARTUP ITALIANE NELLA SILICON VALLEY (2,2 MILIONI DI EURO)

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Digitale, bioeconomia, salute, aerospazio, acqua, energie rinnovabili, intelligenza artificiale, infrastrutture e mobilità. Sono i settori strategici in cui operano le 12 startup innovative italiane che Intesa Sanpaolo ha portato nella Silicon Valley, il cuore tecnologico della California (foto in alto), per promuovere un programma esclusivo di accelerazione nell’ambito del suo progetto Up2Stars, in collaborazione con INNOVIT (Italian Innovation and Culture Hub) e Intesa Sanpaolo Innovation Center.  Un impegno concreto della Banca in termini di formazione, visibilità e promozione che si traduce complessivamente in un valore economico di 2,2 milioni di euro: 25mila euro per ciascuna startup accelerata da Up2Stars, che crescono a 45mila per quelle che hanno partecipato alla missione a San Francisco.

Le 12 imprese hanno seguito un percorso di conoscenza reciproca, fitto di incontri con potenziali investitori, per presentare l’eccellenza dell’innovazione italiana e offrire alle startup selezionate un’importante opportunità di internazionalizzazione. E hanno avuto così l’occasione di entrare in contatto diretto con l’ecosistema imprenditoriale più dinamico e competitivo al mondo con il supporto di Intesa Sanpaolo.

Si tratta di giovani imprese che si sono distinte per il potenziale innovativo dei loro progetti e per la loro aderenza agli obiettivi di investimento specifici del sistema della Silicon Valley, inserite anche nel percorso di Elite-Gruppo Euronext, tra i partner che collaborano nel programma di accelerazione Up2Stars: Keplera (Palermo), 2NDSpace (Faenza), Novac (Modena), PINPOINT (Bastiglia, Modena), Monitor The Planet (Faenza), Novalimb (Roma), Infinity ID (Brescia), bitCorp (Milano), CityZ (Caselle Torinese, Torino), Joule (Campodarsego, Padova), Oraigo (Padova), M2Test (Trieste).

ISP start up
Nella foto di gruppo, i partecipanti al programma di Intesa Sanpaolo nella Silicon Valley

Durante la permanenza a San Francisco, le 12 startup hanno potuto partecipare a oltre 20 sessioni formative con le Università locali; ad attività di mentoring e networking con grandi imprese innovative americane; e hanno avuto a disposizione un cosiddetto shark tank, una guida di esperti per presentarsi a potenziali investitori e possibili partner strategici. La missione, guidata dal responsabile della Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo Stefano Barrese – accompagnato da Anna Roscio, executive director Sales & Marketing Imprese Intesa Sanpaolo, e con Nicola Baiocchi di Silvestri, responsabile USA & Americas Intesa Sanpaolo – è realizzata con il supporto del Centro Italiano di Innovazione, diretto da Alberto Acito ed istituito presso INNOVIT, l’Hub italiano di Innovazione e Cultura promosso dal governo attraverso il Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Washington e il Consolato Generale d’Italia a San Francisco.

L’iniziativa di Intesa Sanpaolo con INNOVIT rappresenta un ulteriore tassello nell’impegno del primo Gruppo bancario italiano a supporto dell’ecosistema dell’innovazione e della competitività delle imprese nel panorama internazionale. Intesa Sanpaolo s’impegna da tempo su questo segmento di imprese con programmi e servizi dedicati, accompagnando le startup in percorsi di crescita e di investimento. Da oltre un decennio, la Banca dedica una particolare attenzione alle startup italiane con una quota di mercato pari a quasi il 32% e con finanziamenti che superano gli 800 milioni di euro.

Intesa Sanpaolo è inoltre partner attivo nello sviluppo e rinnovamento dei modelli di trasferimento tecnologico alle imprese del territorio, in qualità di socio fondatore di quattro Centri Nazionali per la Ricerca a Milano, Bologna, Napoli e Padova, inseriti nell’ambito del Pnrr. In virtù della presenza in 37 Paesi, alle sinergie tra Divisioni del Gruppo, alla competenza dei desk specialistici e alla collaborazione con prestigiosi partner, la Banca amplia il supporto ai processi di internazionalizzazione delle imprese italiane direttamente o attraverso l’interazione con soggetti strategici come INNOVIT, promuovendo l’affermazione delle imprese e delle startup, con un ritorno di valore per il sistema economico italiano.

Dichiara Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo: “Abbiamo individuato nella Silicon Valley un ambiente unico di confronto e sviluppo per le startup italiane, con vantaggi reciproci nel trasferimento di conoscenze e nell’espansione verso nuovi mercati. Grazie alla collaborazione con INNOVIT, abbiamo rafforzato queste 12 startup con gli strumenti necessari per affermarsi su scala internazionale, creando così nuove filiere di innovazione a beneficio dell’economia del nostro Paese”.

 

IL MINI-NUCLEARE: ENTRO FINE ANNO LE REGOLE PER I NUOVI IMPIANTI. OK DALL’83% DEGLI IMPRENDITORI

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Un nucleare piccolo piccolo. In un’intervista rilasciata a Fausta Chiesa per il Corriere della Sera, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato in tono trionfalistico: “Nucleare, ci siamo. Entro fine anno le regole per i nuovi impianti”. E sull’onda di questa dichiarazione, l’83% della business community s’è pronunciato a gran voce per il ritorno al nucleare (in alto, una foto di Vladimir Zapletin).

“Il governo – ha precisato il ministro – ha sempre escluso il ritorno delle grandi centrali. Penso agli Small modulare reactor e agli Advanced modular reactor”. Si tratta, in sostanza, di moduli da 100 megawatt preconfezionati che saranno disponibili in futuro, da installare “accanto ai siti industriali che hanno una grande richiesta di energia”. Insomma, mini-reattori per un nucleare pulito.

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Un modello di mini-reattore nucleare (Foto Iurii Garmash)

Nella stessa intervista, il ministro auspica che verso il 2030 sarà possibile cominciare a chiedere le autorizzazioni. Ma – domanda la giornalista – chi sarà il regolatore? Risposta di Pichetto Fratin: “Ci sarà un’Authority. Sarà l’Isin, l’attuale Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, che dovrà essere rafforzato in rapporto ai nuovi compiti”.

In precedenza, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso aveva accennato all’ipotesi di una partnership internazionale. Ora il titolare dell’Ambiente annuncia: “C’è interesse da parte di aziende francesi e americane, ma vorrei un nucleare che abbia come motore il sistema industriale italiano”. E’ lui stesso ad aggiungere: “Abbiamo Enel, Ansaldo e una serie di altre imprese che possono far parte di un pool”. Poi, alla domanda dell’intervistatrice che chiede se Enel potrà tornare a fare l’operatore del nucleare in Italia, Pichetto Frattin risponde: “Ha tutte le competenze per farlo”.

CENTRALI NUCLEARI

Mentre nel nostro Paese sono ancora quattro le vecchie centrali nucleari da smantellare (Trino – Vercelli, Caorso – Piacenza, Latina e Garigliano – Caserta), il governo resta ancora vago sul sito del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che in passato ha già suscitato molte polemiche, soprattutto da parte delle popolazioni locali interessate. Dichiara al Corriere il ministro dell’Ambiente: “Valuteremo se ci converrà andare avanti con la valutazione dei siti per costruire il deposito geologico nazionale oppure se proseguire l’accordo con la Francia e il Regno Unito e avere depositi comuni”. Adesso, come ammette lui stesso, l’urgenza è trovare depositi per i rifiuti radioattivi di bassa e media intensità, di provenienza civile o sanitaria, che aumentano di giorno in giorno.

 

 

 

 

 

L’ENERGIA DELL’ACQUA: RIPARTONO LE GARE REGIONALI PER LE CENTRALI IDROELETTRICHE

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Acqua + energia = elettricità. “Idroelettrico, ripartono in autunno le gare delle Regioni”, annuncia in prima pagina Il Sole 24 Ore, il quotidiano economico della Confindustria. E in un documentato articolo, Laura Serafini spiega che è necessario rivedere la norma del Pnrr che “impone le gare attraverso procedura competitiva tout court, project finance o società miste pubblico-privato e che è un caso unico in Europa”.

In pratica, le aziende del settore sollecitano l’ampliamento di quella norma, per consentire di riassegnare le concessioni scadute agli stessi operatori, a fronte di un loro forte impegno sugli investimenti. Dovevano essere realizzate entro la fine del 2023, in particolare per gli impianti di generazione idroelettrica di grandi dimensioni, con capacità superiore a 3 megawatt. Ma da mesi è rimasto tutto in standby.

DIGA con visitatori

Eppure, in una Penisola come la nostra dotata di rilievi montuosi in tutto l’arco alpino a Nord e nella dorsale appenninica da Nord a Sud, si tratta di una risorsa particolarmente rilevante per la produzione nazionale di energia elettrica. Parliamo di una fonte che garantisce circa il 15% del nostro fabbisogno energetico, pari a oltre il 40% di quella rinnovabile necessaria al Paese. E perciò la questione, oltre che economica, riveste anche un aspetto d’importanza ambientale.

Sono quasi cinquemila gli impianti in Italia, con un centinaio di concessioni a grande capacità produttiva già installata. E sono, appunto, quelle che ora devono essere rimesse a gara. La chiusura dei contenziosi in atto con gli Enti locali permetterebbe di sbloccare più di 10 miliardi nell’arco di 10-15 anni.

Nel dettaglio, secondo i dati di Terna aggiornati al 31 dicembre 2022, sono 4.783 le centrali idroelettriche attive nel nostro Paese. E sono situate in prevalenza al Nord e in particolare sull’arco alpino, con il primato del Piemonte che ospita 1.092 impianti. Seguono Lombardia (749), Veneto (408) e Trentino (891).

CENTRALE LUIGI EINAUDI

La più grande installazione idroelettrica italiana, e una delle più potenti in Europa, si trova nel piccolo comune di Entracque, in provincia di Cuneo e nel cuore delle Alpi marittime. La centrale di Enel Green Power (nella foto sopra) è intitolata all’ex presidente della Repubblica, Luigi Einaudi; è stata costruita nel corso degli anni Settanta ed è entrata in funzione nel 1982. Comprende due dighe, da cui si gode di un panorama mozzafiato sulle Alpi Marittime: quella di Chiotas, a quasi 2.000 metri di quota; e la diga della Piastra a 1.000 metri, con due serbatoi che contengono in totale 42 milioni di metri cubi d’acqua.

Secondo uno studio realizzato nel settembre 2023 da The European House – Ambrosetti e A2A, al settore idrico e idroelettrico italiano servirebbero investimenti da 48 miliardi di euro in dieci anni. Il documento invita a concentrare le risorse nel repowering delle centrali esistenti (cioè, nel loro ripotenziamento, tramite la sostituzione dei componenti e l’aumento dell’efficienza); nella costruzione di impianti di piccola taglia e nella realizzazione di nuovi bacini e nuovi pompaggi per l’accumulo energetico.

“La combinazione delle linee di efficientamento del sistema idrico nazionale, a fronte di un investimento cumulato di 32,9 miliardi di euro, genererebbe un risparmio idrico di 9,5 miliardi di m3”, sostiene il Rapporto. La riduzione stimata dei volumi idrici immessi in rete, proveniente dall’efficientamento delle perdite e dal contenimento dei consumi, porterebbe anche a un beneficio in termini di energia risparmiata pari a 1,4 TWh all’anno. Con il coinvolgimento della filiera di fornitori, gli investimenti nel settore idrico e idroelettrico genererebbero “ulteriori ricadute economiche indirette per il Paese pari a 52 miliardi di euro”.

Per Enel Green Power, il repowering delle centrali idroelettriche italiane può garantire un guadagno di “5,8 gigawatt di potenza e 4,4 terawattora di energia annua, con un risparmio di oltre 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica e la creazione di 2mila ulteriori posti di lavoro (diretti e indiretti) per l’esecuzione dei lavori”.

UNO STUDIO THEA-ENEL: 6 MLD EURO DI INVESTIMENTI ALL’ANNO SU RETE ELETTRICA IN 10 ANNI

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La rete di distribuzione ha un ruolo chiave per abilitare la transizione energetica. Si rendono quindi necessari investimenti, per permettere alla rete di gestire il cambiamento di assetto del sistema elettrico e far fronte ai cambiamenti climatici. È quanto emerge dallo Studio “Il ruolo della distribuzione elettrica per una transizione energetica sicura”, realizzato da TEHA in collaborazione con Enel e presentato a Cernobbio nell’ambito della 50° edizione del Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di The European House – Ambrosetti.

Dichiara Gianni Vittorio Armani, Direttore Enel Grids and Innovability di Enel: “Alla luce dei cambiamenti in atto nel sistema elettrico e di quelli richiesti per raggiungere la decarbonizzazione, il consolidamento e sviluppo della rete di distribuzione come mezzo essenziale per abilitare questa evoluzione è di fatto al centro del dibattito energetico attuale. Per sostenere questa nuova importante fase di sviluppo della rete di distribuzione attraverso capitale investito e innovazione, è necessario garantire un assetto in continuità che permetta una stabilità finanziaria e una gestione sostenibile per gli operatori della rete di distribuzione”.

Commenta Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House – Ambrosetti e TEHA Group: “Il progressivo aumento della generazione distribuita da fonti rinnovabili e la maggiore elettrificazione dei consumi finali richiedono che la rete di distribuzione elettrica sia adeguata e abiliti una transizione “senza strappi”. E aggiunge: “L’evoluzione del sistema elettrico e il ruolo della distribuzione richiedono nuovi importanti investimenti nella rete per garantire la continuità delle performance: in Italia nei prossimi 10 anni saranno previsti circa 6 miliardi di euro di investimenti all’anno, che potranno attivare rilevanti impatti diretti, indiretti e indotti nell’economia del Paese”.

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Secondo la Commissione europea, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, l’Ue dovrà raddoppiare il tasso annuo di installazione delle fonti energetiche rinnovabili (FER), rispetto alla media degli ultimi 5 anni, in gran parte nel vettore elettrico che dovrà coprire il 60% dei consumi finali europei. La crescita imponente delle FER distribuite sul territorio e la maggiore elettrificazione dei consumi finali in termini di volumi impongono un nuovo sviluppo della rete di distribuzione come mezzo essenziale per abilitare questa evoluzione.

Non è un caso, quindi, che il Net Zero Industry Act (NZIA) della Commissione di Bruxelles abbia identificato la rete elettrica come una tecnologia strategica per il raggiungimento delle emissioni nette zero al 2050. La stessa Commissione, inoltre, ha recentemente evidenziato anche la rilevanza e la strategicità della rete di distribuzione elettrica (direttiva UE 2022/2557): questo settore appare essenziale per il mantenimento di funzioni vitali della società e critico per il corretto funzionamento di attività economiche produttive.

La sede dell'Enel a Roma con il logo della società in un'immagine diffusa dall'ufficio stampa, 23 settembre 2019. ANSA/UFFICIO STAMPA ENEL/Roberto Caccuri/Contrasto
(ANSA/UFFICIO STAMPA ENEL/Roberto Caccuri/Contrasto)

 

 

In Italia, la strategicità della rete elettrica è confermata dalla sua presenza nel novero delle infrastrutture strategiche definite dal Golden Power, in un contesto in cui più dell’80% dell’elettricità consumata in Italia viene fornita dalla rete di distribuzione. Si tratta di un servizio essenziale non solo per il mantenimento di funzioni vitali per la società (servendo più di 30 milioni di utenti domestici), ma anche e soprattutto delle attività economiche, con 7 milioni di utenze commerciali e industriali connesse.

Più nel dettaglio, in Italia la rete di distribuzione elettrica ha un ruolo chiave per abilitare la transizione energetica: sia per la crescente connessione di impianti distribuiti (oltre il 70% della capacità rinnovabile addizionale da installare entro il 2030 in Italia verrà infatti connessa alla rete di distribuzione); sia per il ruolo sempre più attivo dei consumatori finali nel sistema elettrico, che diventano prosumer e promotori di “attività” innovative. Queste due dinamiche – generazione distribuita e ruolo sempre più attivo dei consumatori finali – evidenziano la strategicità dell’infrastruttura: nel corso del 2023, in Italia, sono state effettuate oltre 370 mila connessioni, 7 volte il numero registrato 10 anni fa, a riprova dell’importanza che sta assumendo la generazione elettrica decentralizzata, con impianti di produzione di energia relativamente più piccoli e più vicini ai consumatori finali.

La distribuzione va adeguata, quindi, a queste nuove esigenze dettate dal cambiamento di assetto del sistema elettrico. Se nell’assetto tradizionale del settore l’elettricità seguiva un flusso monodirezionale, con i consumatori finali che ricoprivano un ruolo passivo, al contrario la rete elettrica moderna deve riuscire a far fronte – oltre che ha un crescente numero di fonti di produzione elettrica distribuite – a flussi elettrici bi-direzionali e a consumatori finali sempre più attivi.

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Il tema è al centro del dibattito non solo per questo cambiamento di assetto del sistema elettrico, ma anche per i cambiamenti climatici in atto. I fenomeni metereologici estremi possono creare infatti danni rilevanti alle infrastrutture elettriche, con ripercussioni sul sistema produttivo e sulla collettività. Al fine di garantire una costante affidabilità del servizio elettrico, sono necessari quindi investimenti per incrementare la resilienza della rete di distribuzione nei prossimi anni.

Una valutazione sul futuro della distribuzione elettrica in Italia e in Europa non può prescindere, però, dalla relativa analisi della performance attuale. Muovendo da queste considerazioni, TEHA si è posta l’obiettivo di identificare le caratteristiche salienti della performance della nostra rete di distribuzione, confrontandola con quella di altri Paesi benchmark in Europa. Dal modello di valutazione analitico sviluppato, emerge che la rete di distribuzione italiana (intesa nell’assetto attuale) è tra le più virtuose d’Europa, grazie a un efficace sviluppo del capitale investito che ha abilitato alti tassi di innovazione, efficienza e sviluppo infrastrutturale. In particolare, la rete italiana è al primo posto per economicità degli oneri di rete e per tasso di penetrazione e funzionalità degli smart meter. L’efficienza, l’efficacia, l’economicità e l’innovazione del settore della distribuzione sono state supportate da un sistema normativo-regolatorio sviluppato su più livelli, evoluto e particolarmente adeguato alle reti.

L’evoluzione del sistema elettrico e il ruolo della distribuzione richiedono però nuovi importanti investimenti nella rete per garantire la continuità delle performance. In Italia, nei prossimi 10 anni, saranno richiesti circa 6 miliardi di euro all’anno di investimenti, con conseguenti importanti benefici per il sistema-Paese. Gli investimenti medi annui attesi nella rete di distribuzione elettrica in Italia potranno generare oltre 13 miliardi di Valore Aggiunto nel sistema ogni anno, circa lo 0,7% del PIL italiano, abilitando oltre 170mila posti di lavoro e garantendo oltre 12 miliardi di redditi per le famiglie italiane.

Alla luce dell’attuale performance del settore della distribuzione in Italia, che si sostanzia in capacità ed efficacia di investimento, qualità del servizio, innovazione ed economicità per gli utenti finali, è auspicabile che, a partire dall’assetto attuale, l’evoluzione futura preservi e valorizzi, in una prospettiva di lungo termine, gli importanti benefici garantiti finora da un sistema normativo-regolatorio. Occorre quindi che in prospettiva l’evoluzione del sistema normativo-regolatorio non costituisca, nella seconda metà del decennio in corso, un freno agli investimenti di cui necessita l’evoluzione della rete.