spot_img

Parco 5 Terre promosso

0

COMUNICATO STAMPA

Certificazione ambientale: Parco 5 Terre promosso

Esito positivo della verifica periodica da parte dell’ente di certificazione internazionale DNV GL al Parco Nazionale delle Cinque Terre. Il Parco prosegue con successo nel proprio progetto di tutela e conservazione. L’impegno è valso il rinnovo della certificazione ambientale secondo lo standard ISO 14001.
Nicola Privato, Direttore Generale di DNV GL – Business Assurance in Italia, ha commentato: “Alle Cinque Terre non solo possono vantare paesaggi di rara bellezza, ma hanno anche saputo sviluppare un adeguato sistema di tutela. Il rinnovo della certificazione è una conferma e convalida dell’impegno da parte del Parco Nazionale a preservare la ricchezza dell’ambiente e del territorio con un sistema concreto di azioni, verifiche e controlli; sistema imprescindibile anche per continuare a far parte della lista dei siti riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO”.
La prossima verifica è prevista a luglio 2016.

Note per i lettori
DNV GL è uno dei principali enti di certificazione a livello mondiale. Aiuta le aziende a garantire l’efficienza delle proprie organizzazioni, nonché di prodotti, personale, strutture e catene di fornitura attraverso servizi di certificazione, verifica, valutazione e formazione, affiancandole per consolidare performance aziendali sostenibili e alimentare la fiducia da parte degli stakeholder. Il Gruppo DNV GL opera in oltre 100 paesi con 16.000 professionisti impegnati ad assistere con dedizione i propri clienti per rendere il mondo più sicuro, intelligente e verde.

Per ulteriori informazioni
Cohn & Wolfe – Ufficio stampa DNV GL – Business Assurance
02.202391
silvia.colleoni@cohnwolfe.com
manuela.madaffari.ce@cohnwolfe.com
DNV GL – Business Assurance – Tel. 039 6899905
camilla.campora@dnvgl.com

 

 

FOTO:

MOSTRA A ROMA DI KOKOCINSKI

0

KOKOCINSKI
La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown

 Roma, 17 settembre – 1 novembre 2015
Fondazione Roma Museo – Palazzo Cipolla

 

Dal 17 settembre al 1 novembre 2015 Fondazione Roma Museo-Palazzo Cipolla presenta al pubblico la mostra personale di Alessandro Kokocinski (Porto Recanati, 1948) dal titolo Kokocinski. La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown. L’esposizione, articolata in sei sezioni – L’Arena; Pulcinella; Petruska; Sogno; Il Clown; Maschera Interiore –, contempla un corpus di oltre settanta opere polimateriche dalle tecniche fortemente innovative (dipinti, sculture, altorilievi, installazioni, disegni, filmati, versi poetici, libri d’artista) ispirate alla metamorfosi della «maschera» e annovera circa 40 opere inedite realizzate dall’artista espressamente per questa circostanza, tra queste, Come lo squarcio di un lampo di luna; Petruska; Poesia; Il cielo respira fra vita e sogno; Volò tra le stelle; Sono solo nel cortile del mio cuore; Abbagliare il mondo. Molte sono poi le unità figurative che hanno viaggiato intensamente, negli anni esposte al Silpakorn Arts Centre di Bangkok, all’Art Fair di Shanghai, al MNBA – Museo Nacional de Bellas Artes di Buenos Aires, al NAMOC di Pechino. L’itinerario è animato anche da due grandi installazioni (Olocausto del Clown tragico; Non l’ho fatto apposta; quest’ultima si avvale della preziosa partecipazione di Lina Sastri, in un video di corredo) che compongono una miscellanea figurativa satura di spunti linguistici, rielaborazioni di opere precedenti assemblate in nuove configurazioni, variazioni tematiche. Ricchissima la grafica e i disegni. La mostra, a cura della Fondazione Kokocinski con Paola Goretti, è promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei. L’ingresso è libero.

 

KOKOCINSKI
La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown
Roma, 17 settembre 1 novembre 2015

Fondazione Roma Museo-Palazzo Cipolla
Via del Corso, 320
Ingresso libero

www.mostrakokocinskiroma.it
www.fondazioneromamuseo.it

UN BONUS FISCALE PER DIFENDERE L’ARTE

Su un costo complessivo di 65 milioni e 936 mila euro, sono arrivati finora 2 milioni e 392 mila. Ma, a un anno dalla sua entrata in funzione, il meccanismo dell’Art Bonus – attivato dal ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, per incentivare il mecenatismo dei privati – comincia a produrre i suoi frutti.

Il decreto, convertito in legge il 29 luglio 2014, prevede un credito d’imposta fino al 65% sugli importi donati come “erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano”. Al di là dei suoi risultati immediati, l’Art Bonus ha avuto il merito di rompere il muro burocratico di prevenzioni e pregiudizi che spesso ha bloccato il contributo dei privati a favore dei monumenti e delle opere d’arte, com’è accaduto – per esempio – all’imprenditore Diego Della Valle, patròn di Tod’s, per il Colosseo.

L’Art Bonus riguarda interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici; il sostegno degli istituti o dei luoghi della cultura e delle fondazioni lirico-sinfoniche; la realizzazione di nuove strutture o il restauro e il potenziamento di quelle esistenti; le erogazioni liberali effettuate per questi interventi, direttamente a favore dei concessionari affidatari dei beni oggetto di manutenzione, protezione e restauro.

Attraverso il sito ufficiale del ministero, è possibile collegarsi al link dell’Art Bonus (http://artbonus.gov.it/) e accedere così al “form” per versare direttamente il proprio contributo, scegliendo fra diverse proposte d’intervento. Ma, per aderire e partecipare a questo programma, anche “Amate Sponde” ha deciso di pubblicare di propria iniziativa il “banner” del Mibact, con l’intento di favorire l’ulteriore coinvolgimento dei cittadini.

Tra i monumenti, gli enti e i beni culturali selezionati dal ministero, sono compresi la Fondazione del Teatro Opera di Roma (37 milioni di euro) e quella dell’Arena di Verona; il Teatro Regio di Parma e il Teatro Gaetano Donizzetti di Bergamo; il Castello di Lunano (Pesaro-Urbino) e la Torre dell’Orologio di Novi (Modena). Una segnalazione particolare merita poi il progetto per il recupero in Veneto del borgo rurale “Case Marian B”, un complesso del 17° secolo costruito dal conte Brandolini per i suoi mezzadri, nella campagna di Cison di Valmarino (Treviso).

FOTO:

TANGENZIALE AL VERDE MOdello per Roma

0

Un progetto per Roma; un modello per tante altre città italiane afflitte dal traffico, dal caos urbano e dell’inquinamento. Si chiama “Tangenziale Verde” ed è firmato dall’architetta Nathalie Grenon Sartogo. Con un articolo pubblicato il 13 luglio in prima pagina, a firma di Giovanni Valentini, la Repubblica l’ha rilanciato all’attenzione del Campidoglio e di tutta l’opinione pubblica, romana e nazionale.

Sull’esempio di quanto già fatto a New York con l’”High way”, il parco lineare realizzato su un tratto della vecchia ferrovia sopraelevata, questo progetto punta a trasformare in un “giardino agronomico” un tratto destinato a essere dismesso della Tangenziale Est, fra la stazione Tiburtina e la Batteria Nomentana. Lo prevede l’ultimo piano regolatore della Capitale, per decongestionare il traffico e liberare gli abitanti del quartiere dall’inquinamento acustico e atmosferico (metalli pesanti e polveri sottili). Si tratta, dunque, di un intervento di “rigenerazione urbana” all’insegna della sostenibilità ambientale, secondo l’esperienza delle “smart cities” di diverse metropoli europee come Londra, Barcellona, Vienna, Helsinki.

Piuttosto che demolire la vecchia struttura in cemento armato, per un tratto di due chilometri e duecento metri, gli architetti Sartogo propongono di convertire il nastro di asfalto in un parco attrezzato di 50mila metri quadri, con piste ciclabili, spazi per il tempo libero, un mercato “a km 0” coperto da un tetto fotovoltaico, orti e giardini. Un intervento del genere sarebbe sicuramente meno invasivo e anche meno costoso sul piano economico, oltre a procurare un grande beneficio a tutta la popolazione della zona in termini di salute e qualità della vita. E comunque, la spesa potrebbe essere interamente coperta dai fondi strutturali europei 2014-2020, a cui di solito l’Italia non riesce ad attingere per mancanza di progetti innovativi.

Dal punto di vista architettonico, l’idea dello Studio Sartogo rappresenta senz’altro una soluzione moderna e originale. Ma è soprattutto sul piano urbanistico e ambientale che l’opera può risultare ancora più funzionale. Uno spazio verde e attrezzato, al posto di una super-strada a otto corsie e a scorrimento veloce, è in grado di diventare un luogo di incontro e di socializzazione contro il degrado urbano e sociale. Per tutte queste ragioni, nell’ambito del suo programma di “riqualificazione del territorio italiano”, ora anche “Amate Sponde” intende sostenere il progetto cominciando a pubblicarne qui di seguito i disegni, le piantine, le foto e i “rendering” per favorire una campagna e una mobilitazione popolare.

Ora spetta al Comune di Roma prendere l’iniziativa per avviare la fase esecutiva. Sono già diverse le associazioni cittadine che appoggiano la proposta, a cominciare da RES (Ricerca Educazione Scienza). E naturalmente, i più favorevoli sono i residenti nel quartiere, interessati a essere affrancati finalmente dal traffico e dallo smog. Per le sue caratteristiche, però, la “Tangenziale Verde” proposta dall’architetta Sartogo è destinata a coinvolgere – come una nuova attrazione cittadina, un monumento all’ambiente e alla sostenibilità – l’intera popolazione romana.

Chiara Barberi

 

 

FOTO:

CHIESA “DOPPIA” CRISTO SENZA BRACCIA

Santa Maria Incoronata, a Milano, all’incrocio fra corso Garibaldi e via Marsala, è un caso particolare di “chiesa doppia”: quella di sinistra, guardando dal sagrato, è la più antica perché esisteva già in età comunale. Era stata eretta dai padri eremitani di S. Marco ed era intitolata a S. Maria di Garegnano.

Agli inizi del Quattrocento, fu costruito un convento per i padri agostiniani, che restaurarono l’antica chiesa nello stile tardo gotico, tipico di quel secolo. I lavori furono terminati in occasione dell’incoronazione di Francesco Sforza a Duca di Milano (1451) e perciò fu intitolata a Santa Maria Incoronata, dedicandola al nuovo signore della città.

Nel 1460 sua moglie Bianca Maria Visconti, signora di Cremona, volle che, a lato della chiesa del consorte, ne fosse costruita una seconda, del tutto identica e collegata alla prima in modo da formare un’unica nuova chiesa. Con questa opera, la nobildonna intendeva suggellare pubblicamente la sua fedeltà al marito. Riuscì così a renderla una delle costruzioni più originali dell’epoca.

Nei turbolenti secoli successivi, l’Incoronata divenne magazzino, poi lazzaretto, quindi caserma ed anche carcere, scuola di agraria, prima di tornare a essere luogo di culto e chiesa parrocchiale.

Al suo interno, nell’abside dietro l’altare, si può osservare un Crocifisso che colpisce il visitatore per una singolare particolarità: la figura lignea di Gesù è senza braccia, probabilmente per un danno alla struttura provocato dal tempo o dall’incuria. Ma l’immagine del Cristo in croce appare perciò ancora più dolorosa e toccante.

Foto:

 

DELITTO ALLO STADIO Il Flaminio in rovina

0

Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, l’aveva annunciato ai quattro venti all’inizio di maggio. “Entro la fine del mese il Comune emanerà il bando per riqualificare lo Stadio Flaminio”. Ma finora il testo non è stato pubblicato e purtroppo lo storico impianto versa in un grave stato di abbandono e di degrado.

Progettato dall’architetto Antonio Nervi, con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi; realizzato fra il 1958 e il 1958; inaugurato il 19 marzo del ’59, il Flaminio fu destinato a ospitare gli incontri di calcio alle Olimpiadi del 1960. Secondo stadio per capienza della Capitale, ma il più capiente tra quelli privi della pista d’atletica, già dagli anni Settanta fu utilizzato dalla Nazionale italiana di rugby e dalla società sportiva Rugby Roma.

Capace di ospitare inizialmente 40mila spettatori, poi ridotti a meno della metà per un adeguamento alle norme di sicurezza, oggi il Flaminio è fatiscente. Lo stadio crolla letteralmente a pezzi. Ed è un doppio danno: per lo sport e per il patrimonio urbanistico della Capitale.

Oltre a essere un impianto sportivo, in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio dal 2004 il Flaminio infatti è anche un monumento d’interesse artistico e storico, sotto tutela dal 2008. Gli eredi di Pier Luigi Nervi, attraverso la Fondazione che porta il suo nome, detengono la proprietà intellettuale e i diritti morali sull’opera. E in forza di questi titoli, si sono espressi contro i vari piani di ristrutturazione presentati in passato dal Comune di Roma.

Nel 2013, la Federazione Giuoco Calcio – presieduta allora da Gianfranco Abete –  propose al Campidoglio di risanare l’impianto a proprie spese e di prenderlo in gestione. Il progetto della Figc prevedeva un centro di allenamento e un museo, senza escludere di utilizzare il campo per le Nazionali giovanili di calcio Under 21. La trattativa fu portata avanti con convinzione dall’ex assessore allo Sport, Luca Pancalli, fino alla firma di una convenzione. Ma poi, in seguito all’avvicendamento al vertice della Federcalcio, la giunta di Carlo Tavecchio ha fatto saltare tutto.

Già in precedenza, prima di diventare direttore generale della Figc, l’ex direttore del Coni Michele Uva aveva provveduto a “tagliare” le utenze di luce e acqua alle Federazioni che ancora utilizzavano il Flaminio per gli allenamenti dei loro atleti (rugby, boxe, nuoto), preparando così il terreno alla decisione della Federcalcio. E ora, stando alle notizie di stampa pubblicate dal settimanale L’Espresso, la stessa Federazione si starebbe orientando ad acquistare un terreno alla periferia della città, per costruire un nuovo stadio nella zona di Fiumicino, non lontano da dove dovrebbe sorgere quello della Roma di Pallotta e Totti.

Il business edilizio, insomma, minaccia di prevalere sull’interesse dello sport e della Capitale, sacrificando il Flaminio. Ma, ciò che è ancora peggio, lo storico stadio rischia di essere abbandonato definitivamente alla rovina. Con il risultato di commettere anche un delitto ambientale, ai danni del patrimonio storico e artistico che appartiene a tutti i cittadini. E non solo a quelli romani.

FOTO:

DEGRADO IMPERIALE PALAZZO IN PERICOLO

0

C’è un tesoro incastonato nel parco dei Fori Imperiali a Roma che potrebbe raccontare storie incredibili. Quelle mura, quegli affreschi, quei soffitti intarsiati hanno ospitato cardinali, nobili, suore ma anche prostitute, sbandati, contestatori, artisti. Nei suoi cinque secoli di storia, Palazzo Silvestri Rivaldi è stato testimone d’eccezione di epoche irripetibili: dagli intrighi della corte di Papa Paolo III Farnese alla generazione bit dei musicisti indipendenti degli anni ’70. E’ come se la sua posizione privilegiata, l’affaccio sul Belvedere Cederna e sul Colosseo, gli avesse permesso uno sguardo unico sulla storia della Città eterna.

Eppure sia il palazzo patrizio sia il giardino circostante sono abbandonati al degrado da quasi trent’anni. L’isolato compreso tra via del Tempio della Pace e via del Colosseo è occupato da ponteggi e tubi innocenti che sostengono l’edificio e proteggono i pedoni dalla caduta degli intonaci. Gli infissi sono ormai divelti e le intemperie stanno divorando gli affreschi interni e i legni pregiati dei soffitti. Le grottesche dei cortili sono irriconoscibili e di notte l’area è ostaggio di senzatetto e spacciatori.

Una ferita che l’Ipab Santa Maria in Acquiro, proprietario del complesso, non è riuscito a sanare nonostante diverse volte i suoi amministratori avessero annunciato una soluzione imminente. L’ISMA (Ipab Santa Maria in Aquiro) è oggi partecipato da Comune, Provincia e Regione ed è quest’ultima che nomina il consiglio di amministrazione. Ma il disinteresse degli enti locali alla sorte di Palazzo Rivaldi è il simbolo della miopia di una classe politica che non sa creare valore da un patrimonio unico al mondo.

Costruito nella prima metà del ‘500 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, il palazzo nasce come residenza di Eurialo Silvestri, ascoltato maestro di camera di Papa Paolo III. La bella sorella di Eurialo, Lola, fu amante del Papa e gli diede dei figli. Così il Pontefice concesse il privilegio alla famiglia Silvestri di costruire su un importante terreno, proprio accanto ai Fori. In segno di gratitudine, Eurialo chiamò ad abbellire la dimora gli stessi artisti che avevano decorato Palazzo Farnese. Nei secoli successivi, fu acquistato dal cardinale Rivaldi che ne fece un luogo di beneficenza, ospitando donne sventurate, orfani e ammalati.

Trasformato in convento, fu poi occupato – negli anni 70 del 900 – dai movimenti che lo trasformarono in quello che oggi chiameremmo “un centro sociale”. Renato Nicolini, usava dire che il “convento occupato” (come lo chiamavano i romani del rione) era l’unico spazio culturale della Roma democristiana. Sotto le volte affrescate, suonavano Tony Esposito, Franco Battiato, i Napoli Centrale con James Senese e si tenevano mostre e iniziative teatrali.

Dagli anni ’80 a oggi, le grandi scalinate sono state battute solo dai topi e da pochi operai inviati a puntellare i solai. Antonio Cederna, nel 1992, durante un accorato intervento in consiglio comunale, chiese – inascoltato – all’allora sindaco Franco Carraro di acquistare il complesso per farne un museo unico al mondo. Finché nel 2007 la soluzione sembrò a portata di mano. In una conferenza stampa molto affollata, Walter Veltroni e Piero Marrazzo, rispettivamente sindaco e presidente della Regione, annunciarono lo stanziamento di 11 milioni di euro per la trasformazione dell’edificio in uno spazio espositivo e museale che avrebbe ospitato la collezione Torlonia. Il progetto fu approvato dalla Sovrintendenza comunale che però, durante l’amministrazione di Gianni Alemanno, chiese il definanziamento dell’opera (nota n. 7883 del 17 aprile 2009). La giunta di centro-destra approvò in poche ore, con buona pace dei denari già messi a bilancio che furono trasferiti su altre poste.

Una politica che sa trovare sempre altre priorità rispetto alla valorizzazione del patrimonio, unica possibilità di creare lavoro in una Roma ormai deindustrializzata e senza un progetto per il futuro.

Filippo Guardascione

 

 

FOTO (dall’Archivio storico Cederna):

Troppo sole nella biblioteca

0

Tra i gioielli nascosti nel degrado di Roma, c’è anche la Biblioteca Angelica in piazza Sant’Agostino, nei pressi di piazza Navona. Pochi la conoscono. Si entra da un piccolo portone, stretto fra i palazzi, a fianco della Basilica. Ma bisogna saperlo per riuscire a “scoprirlo”.

Fondata nel 1604 dal vescovo agostiniano Angelo Rocca, fu la prima biblioteca pubblica d’Europa. Contiene un fondo di circa 120mila libri antichi, relativi prevalentemente al pensiero agostiniano e alla storia della riforma e controriforma. Dal 1940 è sede dell’Accademia letteraria dell’Arcadia e dal ’75 appartiene al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Si salgono due rampe di scale e si entra in uno spettacolare salone, grande quanto una chiesa, dalle pareti completamente ricoperte di volumi d’epoca. Un set cinematografico per un film come “Il nome della rosa”. La sorpresa ti toglie letteralmente il fiato.

Qualche giorno fa, sono andata nel pomeriggio alla Biblioteca Angelica per la presentazione di un libro e ho notato con un certo sgomento che i raggi del sole al tramonto filtravano dalle finestre, “mangiando” il dorso dei libri come fanno i topi. E così ho scattato qualche fotografia che ora vi invio per documentazione. Mi auguro che possano servire a richiamare l’attenzione dei responsabili.

Biblioteca Angelica 5 (1024x765)

Ma è mai possibile che nessuno se ne preoccupi? Che cosa fa la Soprintendenza? Non si potrebbe installare almeno qualche tenda, per proteggere dalla luce con una modesta spesa questo straordinario patrimonio di storia e di cultura?

Anna Grimaldi (Roma)

FOTO:

BUONA SCUOLA, ARTE & CULTURA

0

Nonostante il sistema scolastico italiano versi da decenni in uno stato di decadimento intellettuale, la Scuola può ancora eccellere quando fornisce ai ragazzi, oltre agli strumenti necessari per la propria realizzazione personale e professionale, anche quelli per la comprensione delle radici storiche e culturali. Grazie al lavoro appassionato degli insegnanti, si riesce così a far apprezzare agli studenti la propria origine, stimolando il loro un senso civico capace di trasformarli in attivi difensori delle bellezze nostrane contro incuria e inciviltà.

È questo il caso dell’innovativo progetto, “Prospettive in pixel: finestre sulla città”, nato tra i banchi dell’Istituto Superiore ‘G. Minutoli’ di Messina durante l’anno scolastico 2014/2015, che ha visto protagonisti gli studenti delle classi VA e VC, dell’indirizzo “Costruzioni, Ambiente e Territorio”, sotto la guida dei professori Helga Corrao e Michele Campo. I due docenti hanno voluto realizzare un binomio vincente tra l’impiego delle nuove tecnologie e la scoperta del patrimonio culturale locale, con il duplice obiettivo di fornire agli studenti tanto gli strumenti pratici, funzionali a una futura professione, quanto quelli utili alla conoscenza di alcuni monumenti messinesi sopravvissuti al devastante terremoto del 1908.

Attraverso l’uso della fotogrammetria digitale, si è compiuto il rilievo architettonico della Galleria Vittorio Emanuele III, incantevole salotto cittadino liberty d’inizio Novecento, di cui avevamo già denunciato lo stato di abbandono su questo sito: una vera e propria ferita cittadina, dato che al momento della stesura del progetto la Galleria versava in condizioni di forte i degrado. Ma finalmente, proprio alcune settimane fa, il restauro è stato ultimato.

Studiando misure e tecniche costruttive, i ragazzi hanno creato ricostruzioni grafiche 3D che hanno permesso loro di analizzare con attenzione il luogo, apprezzandone l’alto valore artistico e riscoprendo, inoltre, le potenzialità turistiche di tutta la città di Messina. Sono gli stessi studenti, intervistati sull’esperienza che hanno vissuto in prima persona, a confermare che i due docenti hanno centrato l’obiettivo: oltre ad aver gradito l’allontanamento temporaneo dai banchi scolastici per un’incursione nel campo del pratico, i ragazzi hanno apprezzato in particolare l’importanza civica di quest’avventura. Il loro viaggio alla riscoperta di Messina e delle straordinarie testimonianze dei suoi monumenti, finora soffocate dall’indifferenza generale, ha suscitato grande interesse nella stampa e nell’opinione pubblica locale.

C’è da auspicare che iniziative di questo genere si diffondano sempre più, anche e soprattutto tra i banchi di scuola. Riflettere sull’importanza del patrimonio culturale italiano e sulla necessità di valorizzarlo, può contribuire anche a trasformarlo in un’oppurtunità di sviluppo economico: soprattutto in quel Mezzogiorno dove, a tutt’oggi, le possibilità di crescita e di realizzazione per le nuove generazioni sono ridotte al minimo.

Valeria Danesi

NOTA:  Sul finire del 2016, in seno a un’attività di alternanza scuola-lavoro, i ragazzi dell’Istituto Superiore ‘Verona Trento’ di Messina hanno partecipato ai lavori di riqualificazione che ha riportato, alla fine dello scorso Dicembre, la Galleria Vittorio Emanuele ai fasti originari.

Foto:

SVOLTA PER LA CERTOSA PRONTI 300 MILA EURO

0

Quella del 29 giugno 2015 potrebbe essere la data della svolta per la storica Certosa di Trisulti, in provincia di Frosinone. Il condizionale e la cautela sono più che mai d’obbligo. Ma finalmente, dopo oltre un anno di duro lavoro, sembra che l’associazione “Amici della Certosa di Trisulti”, costituita dall’impegno di privati cittadini con l’obiettivo di contribuire a valorizzare questo straordinario monumento, possa iniziare a raccogliere i primi frutti di tanta passione e dedizione.

Le iniziative culturali, turistiche e sportive organizzate per promuovere e diffondere la conoscenza del luogo, insieme a un grande coinvolgimento della stampa locale e nazionale, hanno permesso agli “Amici della Certosa”, affiancati dal sostegno di altre associazioni locali, di attirare l’attenzione di personalità politiche e di rappresentanti del mondo dell’industria. Lo splendido complesso medioevale, incastonato tra i boschi rigogliosi della Selva d’Ecio, è stato visitato lunedì scorso dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e dal presidente di Unindustria Lazio Maurizio Stirpe, guidati dalla soprintendente Anna Ciavardini. Nonostante la discutibile scelta della Soprintendenza di non mostrare ai due ospiti il degrado in cui versa la Certosa, come i tetti semi-crollati e le pesanti infiltrazioni di acqua, al termine del sopralluogo i due illustri visitatori si sono impegnati in prima persona per sostenere la causa del restauro di questo straordinario complesso, dichiarato monumento nazionale dal 1873.

Nei prossimi giorni, quindi, dovrebbero essere devoluti 300.000 euro (100.000 stanziati dalla Regione e 200.000 da una cordata di imprenditori laziali), destinati al recupero di alcune zone del complesso come la meravigliosa volta, interamente affrescata da pitture del XVII secolo, della chiesa monasteriale. Successivamente agli interventi di restauro, si terrà una tavola rotonda per predisporre un piano di rilancio turistico dell’area: Trisulti può e deve diventare il luogo simbolo dal quale far ripartire il turismo del Lazio, così ricco di bellezze troppo spesso dimenticate e per niente valorizzate. Un patrimonio storico-artistico che, se pienamente sfruttato, potrebbe rivelarsi anche una valida opportunità contro la crisi economica, creando lavoro e sviluppo.

Si tratta di un primo passo, dunque, lungo la strada del rilancio della Certosa, mentre prosegue l’azione che l’Associazione degli “Amici” sta elaborando insieme al Fai (Fondo Ambiente Italiano) con la partecipazione di “Aboca”, l’azienda di prodotti naturali per la salute, nell’ambito dell’iniziativa “Luoghi del Cuore”. L’obiettivo è quello di valorizzare il monumento con un progetto che prevede l’apertura di un sito web, un programma di visite guidate, percorsi naturalistici ed eno-gastronomici, oltre a convegni e seminari legati alla tradizione erboristica di Trisulti e della sua fantastica farmacia del Settecento. A questo passo iniziale, ne dovranno seguire molti altri per fare in modo che la data del 29 giugno non resti un episodio isolato: sono tre i milioni di euro stimati dal ministero dei Beni e delle attività culturali per il restauro totale del complesso. Ma fin d’ora si può stare certi che gli “Amici della Certosa” e le altre associazioni coinvolte manterranno viva l’attenzione su Trisulti, nella convinzione che senza la loro opera appassionata, e interamente gratuita, questa svolta non sarebbe mai avvenuta.

Valeria Danesi

1.Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il Priore della Certosa di Trisulti Padre Ignazio Mario Rossi (foto di Davide Giannetti)
1. Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il Priore della Certosa di Trisulti Padre Ignazio Mario Rossi (foto di Davide Giannetti)
2.Nicola Zingaretti e il Presidente di Unindustria Lazio Maurizio Stirpe iniziano la visita guidata accompagnati dalla soprintendente Anna Ciavardini (foto di Davide Giannetti)
2. Nicola Zingaretti e il Presidente di Unindustria Lazio Maurizio Stirpe iniziano la visita guidata accompagnati dalla soprintendente Anna Ciavardini (foto di Davide Giannetti)
3.Nicola Zingaretti guarda sorpreso la volta della farmacia settecentesca della Certosa (foto di Davide Giannetti)
3. Nicola Zingaretti guarda sorpreso la volta della farmacia settecentesca della Certosa (foto di Davide Giannetti)
4.Nicola Zingaretti visita la chiesa monasteriale (foto di Davide Giannetti)
4. Nicola Zingaretti visita la chiesa monasteriale (foto di Davide Giannetti)
5.Nicola Zingaretti ammira la splendida vista che la Certosa offre sui Monti Ernici (foto di Davide Giannetti)
5. Nicola Zingaretti ammira la splendida vista che la Certosa offre sui Monti Ernici (foto di Davide Giannetti)