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DA OFFICINA A MUSEO, LA STORIA E IL RESTAURO DI PIETRARSA IN UN LIBRO DI FONDAZIONE FS ITALIANE

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“Pietr’Arsa da officina a museo ferroviario”: è il titolo della prima pubblicazione realizzata dalla Fondazione FS Italiane che raccoglie e organizza la documentazione, le foto e le testimonianze finora rintracciate sul Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa. L’opera, presentata a Napoli dal Direttore Generale della Fondazione FS Luigi Cantamessa e dal curatore Stefano Maggi, è un approfondimento di immagini e disegni, ma anche di lettura e ricerca, che celebra la storia delle officine, del loro restauro e valorizzazione proponendosi come pubblicazione di riferimento.

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Luogo unico in Italia, affacciato sul Golfo di Napoli, il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa racchiude un pezzo significativo di storia del Paese. Nel 1840 venne qui fondato dal re Ferdinando II di Borbone il Reale opificio meccanico e pirotecnico di Pietrarsa, che divenne la più grande industria del Regno delle Due Sicilie e una delle più importanti dopo l’unificazione nazionale. Nel 1839, proprio in quest’area era stata inaugurata la prima ferrovia della penisola, che collegava Napoli a Granatello di Portici.

Le Ferrovie Italiane hanno scelto, dunque, un luogo simbolo per conservare e divulgare il proprio patrimonio culturale: il primo opificio e l’officina riparazioni sulla prima tratta ferroviaria nazionale. Il libro è articolato in tre sezioni: Pietrarsa com’era, Pietrarsa diventa museo FS, Pietrarsa rinasce. Ciascuna delle quali ripercorre un periodo storico riguardante rispettivamente i 135 anni di vita dell’officina, il primo allestimento del museo e il recente rilancio completato dalla Fondazione FS, che ha dato nuova vita e nuovi orizzonti culturali all’intero complesso.

Nei primi anni lo stabilimento, gestito dai militari, divenne la più grande industria del Regno delle Due Sicilie, ma anche del Regno d’Italia nei primi anni dopo il marzo 1861, a seguito dell’unificazione nazionale. La sua fama si diffuse ben oltre i confini del Meridione e fin dal periodo iniziale l’opificio di Pietrarsa fu oggetto di visite illustri, dallo zar di Russia Nicola I a papa Pio IX.

Alla base di questo libro c’è un’attenta ricerca sui 135 anni di vita delle officine, dal 1840 al 1975, con il tentativo di realizzare una precisa ricostruzione non soltanto delle vicende, ma anche del contesto in cui si svilupparono. Questa parte, che si potrebbe definire come la vita della produzione, è seguita da una meticolosa analisi dei successivi sviluppi museali, che dal 1989 hanno portato l’antico opificio a diventare Museo nazionale ferroviario, definitivamente rilanciato negli ultimi anni dalla Fondazione FS Italiane.

La parabola delle officine di Pietrarsa attiene alla storia delle Ferrovie italiane. Ma entra a pieno titolo anche nel dibattito fra liberisti e protezionisti, che si sviluppò nel primo decennio di vita del nuovo regno unitario, quando l’adozione delle basse tariffe doganali del Regno di Sardegna mise in crisi molte fabbriche degli altri Stati preunitari. Pietrarsa entra poi nelle politiche industriali e nelle tematiche del lavoro, con l’organizzazione scientifica nota come taylorismo e le vicende sindacali. È correlata, inoltre, ai temi del welfare aziendale portato dal Dopolavoro ferroviario e alla complessa storia tecnica delle locomotive. E appartiene, infine, alla museologia e all’archeologia industriale, per il rilievo che riveste all’interno di entrambe le discipline.

Oggi il museo non è solo un’attrazione turistica, ma un punto di riferimento per coloro che vogliono conoscere la tradizione ferroviaria italiana. Ogni locomotiva a vapore, diesel o elettrica, e ogni littorina presente a Pietrarsa, perfettamente restaurate, riflettono la progettazione, l’esercizio e lo sviluppo delle ferrovie italiane.

Dopo tanto lavoro per il restauro del museo, e in seguito al suo successo e all’apprezzamento riscosso da esperti, appassionati, famiglie, giovani, stranieri e italiani, oggi Pietrarsa è opera fatta. Per celebrare questa impresa occorreva raccogliere tutti i libri, i documenti storici e le guide pubblicate nel corso degli anni, conferendo con personaggi della cultura ferroviaria, autori e studiosi per realizzare “Il libro di Pietrarsa”.

L’opera è disponibile in quattro diverse edizioni: Volume Collezione con targa e cofanetto, edito da DUEGI Editrice, stampata in tiratura limitata di 80 esemplari numerati e firmati; Volume Lusso con scatola parapolvere edito da DUEGI Editrice; Versione economica edita da Rubbettino e Audiolibro disponibile per l’acquisto sulle più importanti piattaforme di distribuzione online, presso il corner shop del Museo di Pietrarsa e lo Shop Online della Fondazione FS.

Maggiori informazioni sul sito www.fondazionefs.it

FERROVIE DELLO STATO: IN ESERCIZIO IL 500ESIMO TRENO “REGIONALE”: SARANNO 700 NEL 2027

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Con più di 6mila corse al giorno, un servizio capillare e oltre 400 milioni di passeggeri trasportati all’anno, il Gruppo Ferrovie dello Stato punta sempre di più sul trasporto ferroviario regionale, a cui è dedicato il nuovo brand omonimo. Il numero dei viaggiatori che scelgono il “Regionale”, per lavoro, per studio o per turismo, è in costante crescita e proprio per sostenere una sempre maggiore domanda, è in atto un importante processo di rinnovamento della sua flotta.

Nei giorni scorsi è entrato in esercizio il 500esimo nuovo treno ed entro il 2027, il numero di nuovi convogli supererà quota 700 fra treni elettrici a doppio piano, monopiano e ibridi. Un investimento significativo che, dal 2018 al 2027, ammonta a oltre 7 miliardi di euro, ai quali si aggiungono altri 3 miliardi destinati all’implementazione di tecnologie e alla manutenzione avanzata. Il risultato sarà il rinnovo dell’80% della flotta di questi treni.

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L’aumento dei passeggeri sul “Regionale” è accompagnato inoltre dalla sua crescente digitalizzazione di questo servizio: il 40% dei biglietti viene acquistato tramite canali digitali. Per questo, dal 19 ottobre scorso, i passeggeri che decidono di recarsi in biglietteria potranno scegliere se acquistare un titolo di viaggio cartaceo oppure digitale. In questo caso, le caratteristiche e le modalità di fruizione sono le stesse del biglietto digitale regionale acquistato online, con la possibilità per i passeggeri di ricevere sul proprio dispositivo tutte le informazioni relative al viaggio.

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Luigi Corradi, Ad e direttore generale di Trenitalia

Nel nuovo brand, si riassume la rinnovata missione del Gruppo FS, al fianco di pendolari e turisti: non a caso la livrea di questi convogli è caratterizzata dai colori verde e giallo, simbolo di sostenibilità e innovazione. I nuovi treni, infatti, consumano il 30% in meno di quelli precedenti e sono riciclabili per il 97%. Treni sostenibili, ma anche sempre più confortevoli e tecnologici, pensati per una generazione in movimento che vuole fare la differenza scegliendo soluzioni di mobilità sostenibile come gli spostamenti in bicicletta.

L’invito all’intermodalità viene ribadito dal grande sviluppo dei collegamenti Link del “Regionale”. Oltre 180 servizi, sono acquistabili su tutti i canali di Trenitalia, la società di cui Luigi Corradi è Ad e direttore generale, in un’unica soluzione treno+bus, navi e traghetti, per raggiungere anche le destinazioni più remote e meno conosciute, promuovendo così un turismo sempre più sostenibile.

 

TECNOLOGIA PER LA QUALITA’ DELL’ARIA INDOOR E LA SALUTE: INTESA SANPAOLO NEL CAPITALE DI RADOFF

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Intesa Sanpaolo entra nel capitale di Radoff SpA, azienda innovativa con sedi a Bologna, in Romagna e in Sardegna, per sostenere il tema della salute e della tecnologia al servizio del benessere delle persone. Un importante accordo è stato raggiunto tra l’istituto bancario e l’azienda specializzata in sistemi IoT in grado di monitorare e bonificare in maniera intelligente i principali inquinanti indoor: con un investimento in equity, Intesa Sanpaolo diventa ora socio di Radoff al 3,75% supportando così la crescita della PMI e il suo consolidamento sui mercati di riferimento: Italia, Europa e Nord America.

L’investimento conferma il sostegno di Intesa Sanpaolo ai piani di sviluppo di Radoff, alla conclusione del “Convertibile Impresa” erogato a suo tempo alla start up innovativa che operava già in un contesto di Venture Capital e che prevedeva la possibilità di aumentare il proprio capitale sociale e l’ingresso di nuovi soci. L’operazione denota inoltre la particolare attenzione della Banca verso nuovi modelli di vita più sani e sostenibili che mettono al centro il benessere delle persone in ambiente domestico e lavorativo.

Radoff è stata seguita anche da Intesa Sanpaolo Innovation Center, società del Gruppo dedicata all’innovazione di frontiera e centro di competenza sull’economia circolare, per un percorso di Open Innovation con altre imprese italiane. L’azienda mette a disposizione di imprese e istituzioni un ecosistema di strumenti fisici e digitali interconnessi, personalizzabili, facilmente scalabili, che si adattano a tutte le tipologie di edifici e alle diverse esigenze di business.

Dal 2018, Radoff ha come propria mission la lotta agli inquinanti indoor (come il Radon, gas cancerogeno di grado 1, seconda causa di tumore al mondo secondo i dati OMS), rafforzando la consapevolezza sull’importanza della qualità dell’aria negli spazi quotidiani: dalla scuola ai luoghi di lavoro fino alle abitazioni.

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Il 10% dei tumori polmonari sono dovuti all’inalazione di gas Radon nel lungo periodo che causa ogni anno migliaia di decessi in tutto il mondo: 4.500 solo in Italia; 20mila in tutta Europa; 21mila negli Stati Uniti. Un recente studio effettuato dalla Oregon State Univerisity e pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment ha suggerito che l’esposizione a lungo termine al gas radon potrebbe essere un fattore di rischio per la leucemia infantile.

I dispositivi realizzati da Radoff, tuttavia, combattono l’inquinamento indoor a 360 gradi e offrono un’azione efficace anche contro altri inquinanti come le polveri sottili. Queste, com’è noto, costituiscono un grande pericolo per la salute, responsabili solamente In Italia di circa 70mila decessi l’anno. La tecnologia creata da Radoff è certificata ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ed è protetta da 34 brevetti rilasciati in tutto il mondo.

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Siamo convinti – dichiara Domenico Cassitta, Ceo di Radoff – che qualunque progetto vogliamo realizzare, qualunque idea abbiamo, qualunque strada vogliamo percorrere, non c’è niente che possiamo fare da soli. Per questo, l’investimento di Intesa Sanpaolo per noi è molto significativo perché contribuisce alla creazione di un mondo meno inquinato dove la salute delle persone è messa al primo posto, anche negli spazi indoor”.

Da parte sua Pierluigi Monceri, Direttore Regionale Milano, Monza e Brianza Intesa Sanpaolo, commenta: “Intesa Sanpaolo è da sempre impegnata nell’affiancare i nuovi progetti e soprattutto quelli ad alto contenuto di innovazione, di cui Radoff è un esempio. È fondamentale supportare la crescita delle startup facilitando il loro accesso agli investitori, alle aziende clienti e ai prodotti e servizi bancari, finalità che il Gruppo persegue con successo anche attraverso il proprio programma di valorizzazione Up2Stars. Non è un caso che ad oggi circa il 32% delle startup ed oltre il 50% delle PMI innovative italiane abbiano colto le opportunità, anche non finanziarie, che siamo in grado di offrire”.

L’AD DI FERROVIE DELLO STATO DONNARUMMA: “USIAMO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER MIGLIORARE IL SERVIZIO”

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Le Ferrovie dello Stato gestiscono milioni di informazioni ogni giorno.  E perciò, come ha dichiarato l’amministratore delegato Stefano Donnarumma nel suo intervento al WTW 2024 di Milano, l’intelligenza artificiale diventa la chiave di lettura di tutti questi dati che vanno studiati e analizzati per offrire servizi sempre migliori ai passeggeri.

“I dati che come Gruppo FS abbiamo a disposizione sono relativi ai passeggeri, ma anche all’infrastruttura ferroviaria e ai treni”, ha spiegato Donnarumma: “Decine di milioni di informazioni che ogni giorno vengono raccolte ed elaborate e per questo il Gruppo ha sviluppato sistemi che sono orientati soprattutto alla gestione del traffico ferroviario, dei passeggeri e alla manutenzione delle infrastrutture”.

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L’Ad del Gruppo FS, Stefano Donnarumma

Gli esempi offerti da Donnarumma sono variegati e spaziano dalla manutenzione preventiva e predittiva, grazie alla sensoristica avanzata, allo studio dei dati del ticketing per offrire servizi sempre più personalizzati ai passeggeri. Nel concreto, l’Ad del Gruppo FS ha citato il caso dei pantografi, i dispositivi installati sui treni per collegarsi alla rete e prendere energia: la loro manutenzione predittiva consente di evitare malfunzionamenti e quindi di migliorare il servizio. Oppure, altri esempi sono la diagnostica avanzata dei treni e della linea ferroviaria. Senza trascurare, in tutto ciò, “la gestione e la protezione dei dati che è una priorità per Ferrovie, con particolare attenzione alla sicurezza informatica”.

Questa raccolta di dati rappresenta un prezioso tesoro di informazioni, ma anche una sfida per un’organizzazione complessa come quella delle Ferrovie dello Stato. Per questo, come ha illustrato Donnarumma, il Gruppo “ha centralizzato i sistemi informativi per facilitare l’analisi dei dati e migliorare l’efficienza operativa”. Uno sforzo che si accompagna alla formazione dei dipendenti per adattarsi alle nuove tecnologie. “Fra i nostri colleghi – ha sottolineato l’Ad di FS – ci sono giovani nativi digitali, ma anche persone senior che non possono essere lasciate indietro, perché hanno un bagaglio importante di esperienze che non possono essere sostituite esclusivamente da un algoritmo. Di conseguenza, vanno formate per l’uso delle tecnologie in modo che queste possano affiancarsi, supportare e potenziare le capacità dell’essere umano”.

Un mix perfetto tra esperienza umana e tecnologia digitale deve servire, secondo Donnarumma, “a fare le cose meglio rispetto a come le si facevano prima, in meno tempo, spendendo meno denaro”. Per tutte queste ragioni, conclude l’Ad, nel Gruppo FS “gli investimenti in infrastrutture e tecnologie digitali continueranno a essere una priorità, con un focus sempre crescente sulla sostenibilità e sull’innovazione”. Sono i valori a cui s’ispira l’impegno del Gruppo per la realizzazione delle opere del PNRR e per lo sviluppo delle infrastrutture che “nei prossimi 10-15 anni muoverà più di 100-150 miliardi di investimenti”.

SICUREZZA SOTTO ACCUSA

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Non è il primo, purtroppo, ma c’è da sperare che possa essere l’ultimo. Il disastro provocato dall’esplosione nel deposito di carburanti dell’Eni a Calenzano (Firenze), provocando una strage con cinque morti e oltre venti feriti, era stato annunciato da tempo: l’allarme non è bastato però a mobilitare il gruppo petrolifero ed è stato colpevolmente ignorato. E c’è mancato poco che l’inquinamento dell’aria coinvolgesse il territorio circostante, causando anche un disastro ambientale.

Sarà la magistratura, naturalmente, ad accertare le cause e le responsabilità della tragedia: la Procura di Prato ha già aperto un fascicolo, al momento s’indaga per omicidio colposo plurimo e si procede anche per i reati di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e per disastro colposo. A quanto risulta, sarebbero stati disattivati i sistemi di sicurezza, per consentire lavori di manutenzione. Fin d’ora, tuttavia, si può chiamare in causa il vertice di quello che si chiama ancora Ente nazionale Idrocarburi, la multinazionale pubblica con il cane a sei zampe che sputa fuoco dalla bocca.

Quello di Calenzano è un gigantesco hub petrolifero, a poco più di 20 chilometri in autostrada da Firenze, che collega la raffineria Eni di Livorno (anch’essa dell’Eni) con l’entroterra toscano. Copre una superficie di circa 170mila metri quadrati e ha una capacità di stoccaggio di 160mila tonnellate di carburante. Una potenziale bomba esplosiva, dunque.

Da tempo, l’impianto era stato classificato “ad alto rischio di incidente rilevante”, secondo la “direttiva Seveso” approvata dall’Unione europea per impedire incidenti analoghi come la fuga di diossina con la nube tossica che colpì il Comune lombardo nel 1976. E a Calenzano è avvenuto quello che si poteva prevedere e si doveva prevenire. Con un utile di 6,5 miliardi realizzato nel 2023, in crescita del 20,6% rispetto all’anno precedente, l’Eni non è riuscito a impedire che accadesse ciò che è accaduto. E il fatto più grave è che questa volta si tratta di un ente pubblico, di proprietà dello Stato, che appartiene quindi a tutti i cittadini.

Fonte: Radio Popolare

Già quattro anni fa, Maurizio Marchi, esponente livornese di “Medicina democratica”, aveva pubblicato un rapporto tecnico in cui indicava i quattro tipi di rischio a cui era sottoposto il gigantesco deposito dell’Eni: incidenti catastrofici, con esplosioni a catena; incendi devastanti; sversamento prolungati di idrocarburi; impatto sulla salute dei lavoratori all’interno e dei residenti all’esterno. L’allarme fu ripreso e rilanciato anche da alcuni giornali come La Nazione e dalla rivista Città invisibile. Ma a nulla sono valse finora le proteste degli abitanti e degli amministratori locali.

Ora è tempo che il governo e il Parlamento si mettano al lavoro, per evitare che altri disastri del genere possano ripetersi in futuro. Da un capo all’altro della Penisola, dal mega-deposito di Calenzano all’Ilva di Taranto, in Italia si continua a morire sui luoghi di lavoro: tre vittime al giorno sono un costo intollerabile di vite umane. Ma quasi sempre non è la fatalità a provocarle, più spesso sono l’incuria e l’irresponsabilità umana.

(in alto, il deposito in fiamme – foto USB (Unione sindacale di base)

ENERGIA MARINA, UNA START UP CONTRO L’ENI PER UN IMPIANTO ABBANDONATO. REPLICA: “ACCUSE FALSE”

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Fra tutte le fonti rinnovabili, pulite e non inquinanti, che conosciamo – sole, vento, idroelettrico – ce n’è una che invece utilizziamo ancora poco o niente: quella del mare. Cioè, il moto delle onde e delle maree. È una grande “centrale” sommersa a cui una Penisola come la nostra potrebbe accedere gratuitamente. Mentre il “piccolo” Portogallo ha già installato da anni turbine subacquee lungo la sua costa affacciata sull’oceano Atlantico, l’Italia invece abbandona gli impianti già progettati e avviati.

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È il caso della start up W4E, denunciato dal giornalista Stefano Vergine in un articolo sul quotidiano Domani. L’azienda green sarebbe stata “sedotta e abbandonata” dall’Eni che replica: “Accuse false”. E ora si annuncia una battaglia legale fra Davide e Golia.

La storia inizia il 28 ottobre 2019, sotto il secondo governo di Giuseppe Conte che partecipò alla presentazione del progetto a Ravenna. Era stata annunciata come una “importante collaborazione strategica” e lo stesso Eni la descriveva così: “I vantaggi per l’Italia sono notevoli, in quanto l’energia da moto ondoso può essere utilizzata sfruttando lo sviluppo costiero del Paese”. L’biettivo dichiarato era quello di installare entro il 2025 “118 dispositivi” in Italia, tra la Sardegna e le isole minori.

La W4E, uno spin off del Politecnico di Torino che è stata appena messa in liquidazione, sostiene di essere stata spinta “verso il collasso” dall’Eni, “abusando della posizione di dominanza e sfruttando comunicativamente tutto quello che poteva della partnership”. Ma la multinazionale respinge queste critiche, spiegando di aver deciso di sospendere lo sviluppo del progetto perché le attività di ricerca e i test effettuati “hanno evidenziato la mancanza dei presupposti tecnico-economici per poter considerare al momento concrete prospettive di scalabilità industriale della tecnologia”.

Il sistema presentato dalla W4E, come racconta lo stesso giornalista nel suo articolo, si chiama Iswec. È “basato su un impianto composto da uno scafo galleggiante che contiene al suo interno un giroscopio e un generatore”. In pratica, una grande zattera con dentro una specie di trottola che trasforma il movimento del mare in elettricità”. Per l’IEA (Agenzia internazionale dell’energia), “nel 2023 Iswec era uno dei 20 progetti più significativi al mondo nel suo genere”.

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Credit ALEX-MIT

Fatto sta che la cosiddetta “energia mareomotrice”, chiamata anche “energia marina”, prodotta senza l’utilizzo dei combustibili fossili, viene studiata e sperimentata in tutto il pianeta. Si presenta sotto varie forme. Le più diffuse, elencate dal sito Vivi Energia, sono:

  •  Energia delle correnti marine: viene prodotta meccanicamente grazie alle pale azionate dalla forza delle correnti oceaniche, come avviene per l’energia eolica;
  • Energia cimoelettrica (o energia delle onde): è quella prodotta dal moto ondoso e consiste nella conversione dell’energia cinetica delle onde in corrente elettrica;
  • Energia talassotermica: è prodotta dalla variazione di temperatura tra la superficie marina e l’acqua in profondità;
  • Energia osmotica: nota anche come energia a gradiente salino, viene ricavata dalla differenza nella concentrazione del sale fra l’acqua marina e l’acqua dolce.
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Non risulta finora che, dopo aver abbandonato il progetto con W4E, l’Eni ne abbia promossi e realizzati altri analoghi. Nel frattempo, come ha scritto Nicola Borzi sul Fatto Quotidiano, la multinazionale “vuole la grande torta dei biocarburanti tutta sola per sé”, puntando a raddoppiare la produzione in Italia. Spiega lo stesso giornalista: “I biocarburanti, come il biodiesel, sono ottenuti a materie organiche rinnovabili (piante, alghe e rifiuti) e miscelate ai fossili per ridurne l’impronta carbonica”. E sullo stesso giornale, Carlo Di Foggia annuncia che il colosso guidato da Claudio Descalzi ha investito 113 milioni di euro nel gruppo Bonifiche Ferraresi, una creatura della galassia Coldiretti che detta legge nell’agricoltura. Al mare, insomma, l’Eni preferisce la campagna.

NET-ZERO ENTRO IL 2050: ACCORDO DELLE SOCIETA’ GESTIONE RISPARMIO DI INTESA SANPAOLO

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Le società di gestione del risparmio che fanno capo a Intesa Sanpaolo (nella foto in alto, la sede milanese “vesttita” di tricolore) – e cioé Eurizon Capital SGR, Fideuram Asset Management SGR e Fideuram Asset Management (Irlanda) – hanno sottoscritto il Global Investor Statement to Governments on the Climate Crisis, promosso da The Investor Agenda e dai partner del network, tra cui UN PRI e IIGCC. Il Gruppo riconosce che l’adozione di politiche adeguate è fondamentale per raggiungere un’economia a emissioni nette zero entro il 2050 o prima, con obiettivi intermedi allineati a percorsi credibili di 1,5°C.

Nel 2021, il Gruppo ha deciso di perseguire l’obiettivo del “Net Zero” entro il 2050, aderendo a tutte le principali iniziative Net-Zero dell’Unep FI. Questa firma rappresenta un ulteriore passo nella promozione di una cooperazione internazionale più ampia su questa sfida globale.

Il Global Investor Statement to Governments on Climate Crisis 2024 è stato firmato da 534 istituzioni finanziarie, che gestiscono un patrimonio di oltre 29.000 miliardi di dollari. Si tratta della più completa iniziativa, realizzata finora, che sollecita i governi a rafforzare le proprie politiche climatiche per contenere l’aumento delle temperature entro 1,5° gradi centigradi. Per raggiungere questo obiettivo, la dichiarazione richiede un approccio globale da parte dei governi, articolato in cinque aree critiche:

  1. Implementazione di politiche economiche a livello globale;
  2. Attuazione di piani settoriali, con particolare attenzione ai settori ad alta intensità di emissioni;
  3. Affrontare le questioni legate alla biodiversità, alla gestione delle risorse idriche e agli ecosistemi, che contribuiscono e derivano dalla crisi climatica;
  4. Rendere obbligatoria l’informativa sul clima in tutto il sistema finanziario;
  5. Favorire ulteriori investimenti privati in attività di mitigazione, resilienza e adattamento ai cambiamenti climatici nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo.

 

NAPOLI, ALLE GALLERIE D’ITALIA MOSTRA DOSSIER SU ANDY WARHOL (FINO AL 16 FEBBRAIO)

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Promossa da Intesa Sanpaolo è aperta al pubblico alle Gallerie d’Italia – Napoli, fino al 16 febbraio 2025, la mostra Andy Warhol. Triple Elvis a cura di Luca Massimo Barbero. Si tratta di un significativo focus espositivo di opere di Andy Warhol: tra cui tre fondamentali cicli grafici riuniti per la prima volta e provenienti dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati, importante raccolta d’arte contemporanea formata tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento e confluita, grazie al lascito del Cavalier Luigi Agrati, nel patrimonio storico-artistico tutelato e valorizzato da Intesa Sanpaolo.

L’esposizione si presenta come una mostra dossier, con l’intenzione di raccontare l’originale e straordinaria ricerca artistica di Warhol: a partire dall’opera Triple Elvis del 1963 (foto sotto), anno in cui l’artista per la prima volta lavora sulla ripetizione dell’immagine in occasione della mostra dedicata agli “Elvis Paintings” alla Ferus Gallery di Los Angeles. È proprio in quegli anni che l’artista comincia a inserire nelle sue opere personaggi che egli stesso, anticipando i tempi, definisce “famosi”. Contestualmente sarà possibile vedere l’evoluzione dell’artista americano negli anni Sessanta e nei primissimi anni Settanta attraverso tre importanti cicli grafici esposti qui per la prima volta insieme a Marilyn, Mao Tse-Tung e Eletric Chairs.

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Dichiara Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo: “La ricchezza di capolavori presenti nelle raccolte d’arte della Banca, a partire dall’eccezionale nucleo della collezione Agrati, rafforza la volontà di condividerne sempre più la varietà, la bellezza e il valore nelle nostre Gallerie d’Italia. Nasce da qui il nuovo approfondimento che il museo di via Toledo dedica al ‘Triple Elvis’, opera iconica di Warhol. L’iniziativa conferma la vocazione di uno spazio vivo, aperto e dinamico, capace di generare proposte originali che parlano a tutta Napoli e alle migliaia di turisti che scelgono questa magnifica città.”

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L’esposizione si apre con due cicli di opere grafiche: la straordinaria serie di 10 serigrafie Electric Chairs dove l’immagine di una sedia elettrica diventa icona politica, ma anche una meditazione sull’umanità e sulla morte; e le 10 serigrafie in cui l’artista, attraverso l’uso deciso del colore, mostra il ritratto di Mao (foto sopra), eseguite nel 1972, anno del celeberrimo viaggio di Nixon in Cina.

Nella stessa sala, dedicata al grande capolavoro Triple Elvis, è presente anche un’altra serie universalmente celebrata, quella delle Marylin, del 1967, che consacra il grande firmamento dei miti hollywoodiani, divenuti oggi emblema dell’artista americano (foto in alto). In mostra anche un ritratto di Warhol: una piccola e delicata opera fotografica di Duane Michals, fotografo americano, in cui l’artista appare e scompare. Concludono questa ricercata mostra i due Vesuvius della collezione Intesa Sanpaolo, a testimonianza dell’importante legame che l’artista ebbe non solo con l’Italia, ma soprattutto con la città di Napoli, grazie anche a personalità di spicco come Lucio Amelio che lo coinvolse in una serie di esposizioni fondamentali per la storia della città.

La mostra fa parte del progetto Vitalità del Tempo, a cura di Luca Massimo Barbero, per approfondire lati inediti delle collezioni della Banca. Parte dello stesso ciclo sono le sei sale allestite, sempre al secondo piano delle Gallerie d’Italia di Napoli, in cui è possibile ammirare opere di importanti artisti dalla fine degli ‘40 agli anni ‘90 del Novecento tra cui Fontana, Kounellis, Boetti e Sol Lewitt.

Il museo di Napoli, insieme a quelli di Milano, Torino e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici della Banca.

INFORMAZIONI

Sede: Gallerie d’Italia – Napoli | Via Toledo, 177 Napoli

Orari: da martedì a venerdì dalle ore 10 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 20; lunedì chiuso; ultimo ingresso: un’ora prima della chiusura.

Tariffe: intero 7€, ridotto 4€, ingresso gratuito per convenzionati, scuole, minori di 18 anni e clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo.

Prenotazioni: http://www.gallerieditalia.com, napoli@gallerieditalia.com, Numero Verde 800.167619

“MOMENTUM”, UN PODCAST DI INTESA SANPAOLO SUL BOOM DEL TENNIS ITALIANO NEL MONDO

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Per merito di una generazione dorata di atleti e atlete, guidata da Jannik Sinner, numero uno al mondo in campo maschile, e da Jasmine Paolini, numero 4 al mondo in campo femminile, l’intero movimento tennistico italiano sta conoscendo una nuova fase di entusiasmo. Intorno a questo fulcro si articola Momentum. Il tennis italiano fra successi e passioni, la nuova serie podcast in sei episodi di Intesa Sanpaolo. scritta da Jacopo Pozzi, fondatore della piattaforma di storytelling sportivo The Owl Post e opinionista sportivo per La Gazzetta dello Sport, in esclusiva per Intesa Sanpaolo On Air.

SINNER
Jannik Sinner

L’impatto di questa disciplina sulla nostra società, favorito dalle figure di Sinner e Paolini, va ben oltre i risultati sul campo. E si traduce in numeri record, in partecipazione attiva e in una costante contaminazione culturale che sta rendendo il tennis nuovamente centrale nella vita degli appassionati di sport.

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La copertina del podcast “Momentum”

Per realizzare questo podcast, è stato chiesto a persone diverse di raccontare come il tennis sia riuscito a lasciare un segno nelle loro vite, legando ricordi sportivi e personali. Tra i tanti ospiti coinvolti – oltre ai due atleti Sinner e Paolini – alcune voci molto note e amate dal grande pubblico: come quelle dei giornalisti Massimo Caputi e Ubaldo Scanagatta e di Davide Savelli, autore e co-conduttore del podcast Chiedilo a Barbero. Prezioso anche il contributo di Giorgio Di Palermo, dirigente della Federazione Italiana Tennis e Padel e di Pietro Garibaldi, presidente del Circolo della Stampa Sporting Torino.

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La presentazione di “Momentum” a Torino

Il podcast Momentum. Il tennis italiano fra successi e passioni è disponibile su Intesa Sanpaolo On Air e sui profili ufficiali di Intesa Sanpaolo On Air delle principali piattaforme di audio streaming (Spotify, Apple Podcasts, YouTube e Amazon Music). La piattaforma della Banca è una raccolta di voci, storie, idee su futuro, sostenibilità, inclusione. Ma è anche un luogo di ascolto privilegiato del panorama culturale.

SEGUI LE NITTO ATP FINALS CON INTESA SANPAOLO: https://group.intesasanpaolo.com/it/sezione-editoriale/nitto-atp-finals-torino?utm_campaign=newsletterATPFinals&utm_medium=newsletter&utm_source=Hero&utm_content=HubNitto&utm_term=20241112#CTA 

 

 

 

 

L’ICONA ARTISTICA DI PULCINELLA A FORMA DI FALLO FA DISCUTERE I NAPOLETANI

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S’intitola Tu sì ‘na cosa grande, come la suggestiva canzone con cui Domenico Modugno vinse il Festival di Napoli nel 1964. Ma l’ironia popolare l’ha subito ribattezzata Tu sì ‘na cosa glande, con la “l” al posto della “r”, alludendo alla forma fallica dell’opera realizzata dal designer Gaetano Pesce (La Spezia 1939-New York 2024) e appena installata in piazza Municipio, nel cuore della città partenopea. E qui, salvo proteste e ripensamenti, resterà fino al 20 dicembre prossimo.

Alta 12 metri, questa rivisitazione immaginifica della maschera di Pulcinella ha preso il posto della famosa Venere degli stracci dell’artista Michelangelo Pistoletto, incendiata poche settimane dopo l’insediamento nel giugno 2023 e poi ricostruita (nella foto sotto). La controversa opera di Pesce, deceduto il 3 aprile scorso, è un omaggio alla cultura e al teatro napoletano, attraverso uno dei personaggi che appartiene alla commedia dell’arte. Fatto sta che ha suscitato sorpresa, reazioni e polemiche.

VENERE DEGLI STRACCI

“Chi si aspettava un Pulcinella tradizionale – racconta Giusy Dente su Fanpage.it – è forse rimasto deluso, ma di certo ha avuto comunque di che parlare. In effetti, l’installazione è sulla bocca di tutti da ore per la sua forma fallica: chi ne è rimasto divertito, chi indignato, chi offeso, chi turbato”. Interpretando la vox populi, in un post su “X” (ex Tweet) Masaniello ha postato la foto qui sotto ed è insorto: “Chiedo scusa a tutti i turisti presenti a Napoli che dovranno vedere questa schifezza vicino a tanti edifici tra i più belli al mondo. Oltraggio alla città e a Pulcinella. Andrebbe abbattuta subito con una pala meccanica. Amministrazione indegna”. E il giornalista Giovanni Valentini, già direttore del settimanale L’Espresso e vicedirettore di Repubblica – ha commentato in tono vagamente scherzoso: “Priapismo masochistico” e ha chiosato: “Ma come si fa?! In una città bella e allegra come Napoli…”.

FALLO NA
Foto postata da “Masaniello” su X

Costata 200mila euro, la monumentale opera di Pesce è composta in realtà da due sculture, una affiancata all’altra: il Pulcinella stilizzato e a forma cilindrica, realizzato materialmente dall’artista spezzino, dialoga con la lampada “Due cuori” (due piccoli cuori rossi stilizzati trafitti da una freccia) realizzata postuma (vedi sotto la foto tratta da Fanpage.it). “La forma fallica – scrive ancora l’autrice dell’articolo – è frutto dell’ironia che ha sempre caratterizzato Gaetano Pesce come uomo e come artista. Ovviamente la forma fallica è anche l’elemento su cui si è concentrata subito l’attenzione, ma è anche quello più carico di significato. Il fatto che Pulcinella, un’immagine così cara e iconica per i napoletani, venga presentato in questo modo fa riflettere sul ruolo della tradizione, su come sia possibile metterla al servizio della contemporaneità: una sfida per il futuro, per le nuove generazioni, che non devono mai stancarsi di trovare nuove strade, senza tradire la propria storia e chi li ha preceduti”.

NAPOLI Pulcinella

Era stato lo stesso artista, del resto, a dichiarare in un’intervista: “Il mio stile personale lo definisco con qualche cosa che è il suo contrario: l’incoerenza. I valori veicolati dal tempo, nel loro esistere ne fanno decadere altri, e nel loro andare ne introducono di nuovi che a loro volta rendono obsoleti quelli che li precedono. Questo avvicendarsi dei segni del tempo non ci permette la coerenza. Se vogliamo comprendere nuovi contenuti e abbandonare quelli passati, dobbiamo assumere l’incoerenza e prima di ogni altra cosa, essere liberi dai propri pregiudizi”.

Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, politico e ingegnere, ha apprezzato l’opera proprio per il suo carattere innovativo e anticonformista. E in particolare, per il fatto che – nonostante che sia certamente controversa e divisiva – abbia stimolato il dibattito e portato la città al centro della scena culturale e artistica. Sul suo account Instagram, la curatrice dell’installazione Silvana Annicchiarico ha scritto: “Lavorare con l’icona napoletana di Pulcinella, esaltarne la femminilità, farla evolvere, renderla disponibile ad assumere nuovi volti e nuove identità, come ha fatto Gaetano Pesce, non è a mio parere un disonore, piuttosto l’elevazione del suo spirito fluido e trasformativo”.

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