spot_img

LA “DAMA COL LIOCORNO” DI RAFFAELLO SANZIO IN MOSTRA A NAPOLI ALLE GALLERIE D’ITALIA CON INTESA SANPAOLO

0

Intesa Sanpaolo espone, dal 27 marzo al 22 giugno 2025, nel suo museo delle Gallerie d’Italia a Napoli la Dama col liocorno di Raffaello Sanzio, proveniente dalla Galleria Borghese di Roma. Dopo il grande successo della mostra Velázquez. “Un segno grandioso”, che la scorsa primavera aveva portato a Napoli due opere del pittore sivigliano dalla National Gallery di Londra, l’esposizione dell’opera di Raffaello rappresenta un nuovo capitolo della rassegna L’Ospite illustre, curata e promossa da Intesa Sanpaolo, che dal 2015 presenta nei suoi musei delle Gallerie d’Italia e al grattacielo di Torino opere di rilievo in prestito temporaneo da prestigiosi musei italiani e internazionali. Con questo appuntamento, L’Ospite illustre giunge alla sedicesima edizione.

Il dipinto di Raffaello sarà allestito nella sala dedicata al Martirio di sant’Orsola di Caravaggio che, contestualmente, sarà in esposizione a Roma presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini per la mostra Caravaggio 2025.

Napoli – Gallerie d’Italia: il quadro di Raffaello Sanzio “Donna col Liocorno” (foto di Roberto Della Noce)

Dichiara Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo: “Accogliere la Dama col liocorno conferma il solido legame di amicizia e collaborazione con la Galleria Borghese, simbolo della bellezza e del valore del patrimonio culturale italiano. La rassegna ‘L’ Ospite illustre’ e la collana editoriale curata da Allemandi testimoniano l’impegno delle Gallerie d’Italia nel promuovere la conoscenza, lo studio e la condivisione di grandi capolavori, offrendo a un pubblico sempre più ampio di studiosi e appassionati anche occasioni di scoperta. Intesa Sanpaolo in questi anni si è dedicata al sostegno di progetti di ricerca e di valorizzazione del patrimonio artistico del Paese, in un rinnovato ruolo al fianco dei musei più prestigiosi e delle collezioni più significative”.

L’esposizione consentirà di soffermarsi con attenzione su un’opera giovanile di Raffaello Sanzio, che negli anni aveva subito estese ridipinture che ne avevano alterato l’aspetto, rendendone anche complessa l’attribuzione.

La Dama col liocorno è un dipinto a olio su tavola trasportata su tela databile all’inizio del 1505. L’aspetto dell’opera, quale si presenta oggi ai nostri occhi, è il risultato di uno storico intervento di restauro seguito a una fitta vicenda critica sviluppatasi a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Fino al 1936,  il personaggio ritratto era raffigurato come Santa Caterina d’Alessandria, caratterizzata dal consueto attributo della ruota dentata visibile al posto dell’attuale unicorno; sulle sue spalle un pesante manto modificava il profilo della figura, coprendo parte della veduta sul paesaggio retrostante.

L’opera fu restituita a Raffaello dallo storico dell’arte Roberto Longhi nel 1927, prima del restauro che la liberò dagli interventi successivi. Le indagini radiografiche compiute sul dipinto hanno mostrato che prima dell’unicorno, emblema di castità, Raffaello aveva dipinto un cagnolino, simbolo di fedeltà: si tratta dunque plausibilmente di un ritratto eseguito in occasione di un matrimonio.

La Dama col liocorno deriva la sua impostazione dalla Gioconda, che si ritiene generalmente conosciuta per la prima volta da Raffaello poco dopo il trasferimento a Firenze della fine del 1504, ma che si può supporre egli vide in lavorazione già l’anno precedente, nel corso di un primo breve soggiorno nella città. Il ritratto di Raffaello, collocabile per stile all’inizio del 1505, è dunque il frutto di un nuovo confronto con l’opera di Leonardo. Tornare a studiarlo in occasione della mostra ha permesso di riflettere sulla sequenza esecutiva della stessa Monna Lisa – oggi il dipinto più visto al mondo, di cui Raffaello fu il primo e, a più riprese nel tempo, il più attento spettatore.

La presenza del dipinto di Raffaello consentirà al pubblico, in assenza dell’ultima opera del Merisi, di godere di un altro capolavoro dell’arte di tutti i tempi.

Il 26 marzo 2025, dalle ore 19,30 alle 21,30 (ultimo ingresso ore 20,30), è prevista una inaugurazione gratuita per la cittadinanza.

Il catalogo dell’esposizione è edito da Società Editrice Allemandi.

INFORMAZIONI

Sede: Gallerie d’Italia – Napoli | Via Toledo, 177 Napoli.

Orari: da martedì a venerdì dalle 10 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 20; lunedì chiuso; ultimo ingresso: un’ora prima della chiusura.

Tariffe: biglietto intero 7€, ridotto 4€; ingresso gratuito per convenzionati, scuole, minori di 18 anni e clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo.

PRENOTAZIONI: http://www.gallerieditalia.com, napoli@gallerieditalia.com, Numero Verde 800.167619

 

“CITTÀ DOLCE”: UN LIBRO DI DAVID SIM, ARCHITETTO SCOZZESE, PER FAVORIRE LA VIVIBILITÀ URBANA

0

Immaginate di svegliarvi con i dolci rumori della città e di affrontare la vostra giornata con la certezza di arrivare a destinazione in modo rapido ed efficiente.
Città dolce significa semplicità e comfort, un luogo in cui la densità ha una dimensione umana, che si adatta alle nostre esigenze in continua evoluzione, alimentando le relazioni e accogliendo i piaceri della vita quotidiana. Come possiamo passare dalla realtà attuale della maggior parte delle città – usi separati e lunghi spostamenti su veicoli a uso singolo che prosciugano le risorse umane, ambientali e comunitarie – a un approccio “dolce”?

In questo libro, per la prima volta in edizione italiana, David Sim attinge alla sua grande esperienza di lavoro su progetti in tutti i continenti e in tutte le culture, con la sua eccezionale capacità di vedere, osservare e riflettere sulle scene di vita e sulle città. Città dolce, come scrive la new Lettera 22, è un contributo importante nella crescente letteratura sull’architettura e la pianificazione delle città centrata sulle persone. Architettura e pianificazione hanno bisogno di essere un po’ più dolci e questo libro è un buon punto di partenza.

Con circa 25 traduzioni fino a oggi, il libro Soft City ha decretato David Sim come un leader di pensiero nella vivibilità urbana e nella pianificazione sostenibile.

L’AUTORE. David Sim ha iniziato gli studi di architettura nella nativa Scozia. Ma, dopo aver assistito a una lezione di Jan Gehl, si è trasferito in Scandinavia per completare la sua educazione.

Dopo un’eccellente carriera accademica come professore di architettura presso l’Università di Lund in Svezia, dove ha ricevuto il premio di professore dell’anno eletto dagli studenti, ha trascorso 17 anni presso il rinomato studio di pianificazione urbana Gehl Architects, in particolare come direttore creativo. Da quattro persone in una mansarda, questo è diventato un brand mondiale con sedi a Copenhagen, New York e San Francisco.

Come professionista affermato, Sim ha uno stupefacente portfolio con masterplan, strategie urbane e progetti di urban design seguiti personalmente in tutto il mondo: dalle Highlands scozzesi ai laghi della Patagonia, dalle periferie di Melbourne al centro di Tokyo, dalla ricerca di nuovi modi per costruire i negozi Ikea, alla ricostruzione di Christchurch dopo il devastante terremoto del 2011 in Nuova Zelanda. Di base in Svezia, ora lavora in proprio con il suo studio di consulenza, rendendo più dolci città, paesi e villaggi.

(da “Lettera 22) 

IL RISVEGLIO DELLA PRIMAVERA IN UNO SPOT DI ENEL ENERGIA: UNA CAMPAGNA PER PROMUOVERE SCELTE SOSTENIBILI ED EFFICIENTI

0

Il risveglio della primavera che illumina la città di colori e profumi. Una nuova stagione di scelte energetiche sostenibili ed efficienti. Gira attorno a immagini suggestive e coinvolgenti il concept creativo della nuova campagna pubblicitaria di Enel Energia, che racconta la vicinanza di Enel ai suoi clienti con soluzioni sempre più sostenibili per la vita di tutti i giorni.

Il nuovo spot rafforza il messaggio della campagna “Dalla tua parte, sempre”, aggiungendo un nuovo tassello alla narrativa. Questa volta, tutto prende il via da una città che si risveglia dopo l’inverno, con la natura che torna a nuova vita. Allo stesso modo, la campagna racconta l’inizio di una rinnovata consapevolezza energetica, attraverso servizi all’avanguardia, produzione da fonti rinnovabili e soluzioni per la mobilità elettrica.

Nel video si susseguono scene che raccontano la vita di diversi protagonisti: un ragazzo che sfreccia su uno scooter elettrico, un padre che pedala in bicicletta insieme al figlio, una coppia che viaggia a bordo di un’auto elettrica e un tecnico Enel al lavoro. Tutti questi personaggi si intrecciano in una narrazione fluida, in linea con il format che mostra la vita quotidiana dei clienti di Enel Energia.

L’azienda si propone come un punto di riferimento sicuro nella vita di tutti i giorni. Un’energia che libera dai pensieri, contribuendo a vivere con serenità. Ad accompagnare le immagini, il celebre brano Primavera di Marina Rei, in una versione creata ad hoc per l’occasione.

La campagna, on air è declinata su diversi mezzi di comunicazione con spot TV nei formati da 60”, 30” e 15”, oltre a una pianificazione su stampa, affissioni, canali digital, radio e telepromozioni.

NUCLEARE: SECONDO UN REPORT DELL’AGENZIA INTERNAZIONALE DELL’ENERGIA COSTA PIU’ DELLE RINNOVABILI

0

Ora è ufficiale: il nucleare è caro, troppo caro. Anzi, carissimo. Lo certifica l’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea), nel Report “The Path to a New Era for Nucleare Energy”, come riferisce la giornalista Luisiana Gaita in un articolo pubblicato sul fattoquotidiano.it. E così crolla anche il mito propagandistico dei mini-reattori, sostenuto prima dall’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani (governo Draghi) e ora dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.

Non saranno, dunque, gli Small modular reactor (Smr) a far abbassare le bollette elettriche del 30-40 per cento, come vagheggiato dal governo in carica. La previsione di arrivare a 120 o perfino 190 gigawatt entro il 2050, a livello globale, risulta quantomeno ottimistica secondo l’Iea.

“Le condizioni necessarie a raggiungere quei livelli di capacità – scrive nel suo report l’Agenzia – sono molto difficili da realizzare, impossibili senza un aiuto politico che intervenga sui mercati limitando la concorrenza di fonti energetiche più convenienti”. Si tratta, quindi, di una “trappola”, come spiega il professor Luigi Ventura, ordinario di Economia all’Università “La Sapienza” di Roma, al sito diretto da Peter Gomez.

Sul piano economico, insomma, l’energia prodotta dagli Smr risulta molto di più cara rispetto a quella ricavata da fonti rinnovabili. Una parte consistente del prezzo dell’energia nucleare, infatti, è rappresentato dal costo dei finanziamenti nella costruzione delle centrali. E questo vale anche per i mini-reattori. Dipende dal metodo con cui si calcola il costo medio del capitale, in riferimento ai tassi: il 4%, secondo il Levelized cost of electricity (Leoe), riferito alla vita dell’impianto; oppure l’8%, secondo il Value adjusted levelized cost of elecriticy (Valcoe) che comprende anche il valore dei servizi che l’impianto può fornire al sistema.

“Con un tasso dell’8% – come si legge ancora nello stesso articolo – il prezzo dell’energia prodotta da Smr va dai 115 a circa 130 dollari per megawattora, mentre con un tasso del 4% siamo tra i 70 e i 90. Tra solare ed eolico si va da 30 a 60 dollari a megawattora (se si utilizza il Lcoe), mentre con la metodologia Valcoe si si va da poco più di 60 a 75 dollari”. Per il solare, la differenza è più marcata se si include anche lo stoccaggio.

Al momento, però, l’Italia deve ancora risolvere il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, prodotte dalle vecchie centrali dismesse. Secondo il sito “Deposito nazionale”, i centri che producono e/o detengono rifiuti radioattivi sono decine: installazioni nucleari (4 centrali e 4 impianti del ciclo del combustibile); centri di ricerca nucleare; centri di gestione di rifiuti industriali; centri del Servizio Integrato (rifiuti medicali).

Per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono i siti nucleari in fase di smantellamento. Significativi, per la loro numerosità sul territorio nazionale, sono anche i centri di medicina nucleare, fra cui gli ospedali. Queste strutture trattengono la maggior parte dei rifiuti radioattivi che producono fino al loro completo decadimento, per poi smaltirli come rifiuti convenzionali. La restante parte viene conferita agli operatori del Servizio Integrato, il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali, che provvedono al loro stoccaggio nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al Deposito Nazionale, previo trattamento e condizionamento.

In sintesi, le principali strutture in cui a oggi si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale e che conferiranno questi rifiuti al Deposito Nazionale sono:

  • 4 centrali in decommissioning (Sogin);
  • 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin);
  • 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin);
  • 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF -Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi- Università di Pavia, Università di Palermo);
  • 3 centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex);
  • 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad)
  • Ecco la mappa geografica, tratta dal sito “Deposito nazionale”:

 

CLIMA: IL SUD BATTE IL NORD 9-1. CAGLIARI IN TESTA ALLA CLASSIFICA, SOLO BIELLA SI SALVA. UN DOSSIER DEL “CORRIERE DELLA SERA”

0

È Cagliari (nella foto in alto) la città italiana con il clima migliore nel 2024. Lo attesta la classifica redatta dal Corriere della Sera, in un dossier interattivo realizzato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e con la collaborazione di IlMeteo.it. In questa “top ten”, insieme al capoluogo sardo salgono sul podio Napoli e Salerno; poi seguono Brindisi, Agrigento e Barletta. Al settimo posto Biella, l’unica città settentrionale. Chiudono la graduatoria Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia.

Una veduta di Biella

Nell’anno più caldo di sempre, “le città del Sud sul mare – spiega il meteorologo Lorenzo Tedici – hanno beneficiato della brezza estiva e di pochi giorni di pioggia. Il Nord è stato penalizzato dagli eventi estremi e dalle abbondanti precipitazioni”. E questo ha fatto precipitare in classifica i centri urbani della Pianura padana. A Milano, record di pioggia con il 58% in più: da febbraio ad aprile, sono caduti 420 millimetri di acqua, mai così tanta dal 1776.

Milano, la città più piovosa

“Per ognuno dei capoluoghi di Provincia – riferisce Paolo Virtuani, in un articolo che illustra il report – sono stati confrontati 17 parametri, ora dopo ora, giorno dopo giorno, a partire dal 1° gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2024”.  Un dossier imponente che l’intelligenza artificiale ha consentito di compilare in tempi più rapidi. In particolare, “l’IA ha permesso di analizzare meglio le isole di calore dei centri cittadini, dove le temperature sono superiori di 3-5 gradi rispetto agli aeroporti fuori città dove sono piazzate le centraline”.

UNO STOP ALLE PALE: PER IL CONSIGLIO DI STATO LA TUTELA DEL PAESAGGIO CONTA PIU’ DELL’ENERGIA

0

Una sentenza del Consiglio di Stato rischia di bloccare l’installazione delle pale eoliche in tutta la Penisola.  La massima autorità della giustizia amministrativa ha riformato una precedente pronuncia del Tar della Toscana, accogliendo così un ricorso di Italia Nostra e di cinque cittadini contro i nuovi impianti nella regione. A suo giudizio, la tutela del paesaggio storico deve prevalere sugli interessi d’impresa, essere un valore tutelato dalla Costituzione (articolo 9). E ora la sentenza potrebbe essere applicata in altre regioni, interessate allo stesso problema.

Le 25 pagine del verdetto confermano che le norme del decreto-legge, con cui a suo tempo il governo Draghi aveva agevolato e accelerato l’installazione dei parchi eolici, possono essere superate se rapportate alla tutela di un bene – come il paesaggio – superiore al business del fabbisogno energetico. E questo è in contrasto con quanto aveva stabilito anche il governo Gentiloni nel 2017, in una situazione analoga che riguardava Cortona, in provincia di Arezzo, anche questo in Toscana. Ne ha dato notizia Il Fatto Quotidiano, con un articolo firmato da Mauro Lissia.

Il caso esaminato dal Consiglio di Stato si riferisce a un solo aerogeneratore, verniciato di rosso e verde, alto 75,5 metri, destinato a interferire con la visuale in un’area delicata vicina al torrente Trasubbio e a un podere considerato storico. Ma tutti sappiamo che in realtà situazioni anche peggiori si vedono in tante altre parti d’Italia. Le associazioni ambientaliste si preparano perciò a utilizzare la sentenza per promuovere una batteria di ricorsi. Ma è prevedibile che questo non farà che rallentare e ritardare ulteriormente l’installazione delle pale.

“L’impatto visivo – afferma in burocratese la sentenza – è uno degli impatti considerati più rilevanti fra quelli derivanti dalla realizzazione di un campo eolico” e “il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo”. La vista, insomma, conta più delle dimensioni fisiche dell’impianto. Niente più torri altissime piantate ovunque, perché i giudici amministrativi ricordano nella sentenza che l’autore del progetto è tenuto a svolgere una “analisi del territorio attraverso un’attenta e puntuale ricognizione e indagine degli elementi caratterizzanti e qualificanti il paesaggio, effettuata alle diverse scale di studio in relazione al territorio interessato alle opere e al tipo di installazione prevista”.

Sullo stesso giornale, in un altro articolo a firma di Virginia Della Sala pubblicato a fianco nella medesima pagina, si legge intanto che le rinnovabili in Italia sono ancora poche e che abbiamo “otto anni di tardi sugli obiettivi 2030”. La giornalista scrive che, dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi da Legambiente, è arrivata anche la conferma dalla Banca d’Italia mentre si parla solo di nucleare, più o meno “pulito”. Il report Scacco matto alle rinnovabili 2025, diffuso dall’associazione ambientalista, aveva già segnato il rischio di non arrivare alla produzione di 80mila MW entro la scadenza fissata dal decreto “Aree idonee”: in molte regioni, dalla Val d’Aosta alla Sardegna, i ritardi vanno addirittura dai 20 ai 45 anni.

Lo studio di Bankitalia, preoccupata evidentemente più dalle ragioni economiche che da quelle ambientali e paesaggistiche, ribadisce che – nonostante lo slancio delle rinnovabili registrato negli ultimi anni – si rischia di non centrare gli obiettivi di decarbonizzazione, sottoscritti dall’Italia in sede europea e inseriti nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). Questi prevedono che entro il 2030 la produzione di energia da fonti rinnovabili copra il 39,4% del nostro fabbisogno energetico, rispetto al 19,2% del 2022, e il 63,4% della sola elettricità. Mancano all’appello, dunque, 62.284 MW da realizzare nei prossimi sei anni, in pratica 10380 all’anno. Un traguardo che ora la sentenza del Consiglio di Stato, sull’impianto eolico in Toscana, minaccia di allontanare ancor più.

Da registrare, intanto, una notizia diffusa da un sondaggio di SWG e ripresa da HuffPost, secondo cui la maggioranza dei pugliesi (54%) è favorevole all’eolico offshore. Solo uno su sei degli intervistati si dichiara contrario ai due parchi marini galleggianti previsti in provincia di Lecce e di Brindisi. Le aspettative positive sono legate all’aumento dei posti di lavoro in settori che possono assicurare tecnologia innovativa, competitività economica e allineamento con gli obiettivi europei.

 

 

INTESA SANPAOLO FINANZIA IL PIU’ GRANDE PARCO SOLARE FOTOVOLTAICO DELLO STATO DI NEW YORK (870 MILIONI DI DOLLARI)

0

Il Gruppo Intesa Sanpaolo finanzia più grande parco solare dello Stato di New York. La Divisione IMI – Corporate & Investment Banking, guidata da Mauro Micillo, ha strutturato e in parte sottoscritto assieme a un pool di banche internazionali un prestito a lungo termine da 870 milioni di dollari per la Greenbacker Renewable Energy Company, finalizzato all’acquisizione del progetto e al supporto della costruzione e della gestione dell’impianto denominato Cider.

Il parco fotovoltaico avrà una potenza di 500 MWac o 674 MWdc, sarà in grado di fornire energia a oltre 120.000 famiglie di medie dimensioni e creerà centinaia di posti di lavoro dedicati alla produzione di energia pulita nella Contea di Genesee.

Il CEO di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina

L’operazione, in cui Intesa Sanpaolo ha agito in qualità di Coordinating Lead Arranger, Bookrunner e Co-Syndacation Agent, rafforza ulteriormente il ruolo della prima banca italiana, guidata dal CEO Carlo Messina, nel mercato statunitense delle energie rinnovabili. In questo settore, Intesa Sanpaolo ha già preso parte ad alcuni dei finanziamenti strutturati più significativi degli ultimi anni, come quello per la realizzazione del progetto SunZia tra New Mexico e Arizona, la più grande infrastruttura per la produzione e il trasporto di energia pulita dell’emisfero occidentale.

Greenbacker, che è proprietaria e gestisce a lungo termine Cider, è specializzata nella produzione di energia pulita da fonti rinnovabili e nella gestione di investimenti focalizzati sulla transizione energetica negli Stati Uniti. La società ha acquisito il progetto Cider da Hecate Energy, uno dei più grandi sviluppatori americani di energia rinnovabile.

Dichiara Nicola Doninelli, Responsabile Distribution Platforms & GTB della Divisione IMI – Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo: “Siamo orgogliosi di riaffermare la nostra posizione nella green economy come attore chiave in un importante accordo di transizione energetica negli Stati Uniti, dove abbiamo una vasta esperienza e un forte track record nel settore”. E aggiunge: “Il nostro team di Finanza Strutturata della Filiale di New York negli ultimi anni ha finalizzato con successo diversi finanziamenti di grande rilevanza per l’energia sostenibile e le infrastrutture negli Stati Uniti, in Canada e in America Latina, consolidando ulteriormente il nostro ruolo di Impact Bank”.

INTESA SANPAOLO AUMENTA A 24,5 MILIONI IL FONDO DI BENEFICENZA E PER LE OPERE SOCIALI E CULTURALI

0

Aumentano a 24,5 milioni di euro nel 2025 le risorse che il Fondo di Beneficenza e opere di carattere sociale e culturale di Intesa Sanpaolo (in alto, la sede della Banca a Milano, illuminata dal tricolore), in capo alla Presidenza della Banca, potrà distribuire a enti del Terzo settore. Dal 2016, sono stati erogati 130 milioni di euro a 7.700 progetti interessando persone e famiglie in difficoltà, giovani, donne, per colmare il divario educativo e digitale, contrastare la povertà e fornire una risposta concreta alle crescenti disuguaglianze.

Sono state definite anche le Linee Guida 2025-2026 del Fondo, il documento che ne indirizza l’attività nei prossimi due anni. Verranno presentate nel corso di un webinar “La forza della comunità che agisce: welfare, territorio e inclusione”, in programma giovedì 13 marzo alle ore 11.

Queste le tematiche prioritarie di azione: l’espansione delle azioni di welfare sanitario di prossimità, attraverso il sostegno all’accesso ai servizi sociosanitari di persone non supportate da una rete adeguata, l’aiuto alle famiglie con persone non autosufficienti o fragili e la creazione di unità e centri sanitari, anche di tipo mobile, complementari al Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e gestiti da Enti del Terzo Settore; la valorizzazione delle potenzialità dell’Italia meridionale e insulare, per il contrasto alla dispersione scolastica, lo sviluppo delle aree interne e il sostegno all’imprenditoria giovanile in questi territori; l’inclusione sociale di persone migranti e rifugiati in stato di fragilità sociale, economica, psicologica e linguistica, per promuovere un’integrazione efficace e sostenibile, con una specifica attenzione alle attività di accoglienza e inclusione, istruzione e formazione, inserimento lavorativo.

Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro

Commenta Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo: “Intesa Sanpaolo ha da tempo posto come elemento chiave del suo essere banca l’impegno a favore di chi si trova in condizioni di svantaggio economico, sociale, di salute. Il Fondo di Beneficenza svolge un ruolo speciale in questo ambito e anche nel 2025 concentrerà le sue risorse – oltre 24 milioni di euro – in programmi volti a ridurre i divari sociali e educativi che limitano il pieno sviluppo delle persone e del Paese intero. Nel prossimo biennio particolare attenzione verrà posta al welfare sanitario, all’accoglienza e all’inclusione”.

Nel 2024 sono stati erogati circa 23 milioni di euro (+22% rispetto al 2023) con 934 mila beneficiari diretti in prevalenza sul territorio nazionale (89% del totale), così distribuiti geograficamente: 44% al Nord, 25% al Centro, 31% al Sud e nelle Isole. Con 2.325 richieste valutate (+2% circa rispetto al 2023) il Fondo di Beneficenza si conferma un punto di riferimento nell’ambito della filantropia in Italia e con interventi di tipo umanitari in Paesi esteri con un Indice di Sviluppo Umano basso o medio e in Paesi poveri o emergenti colpiti da calamità naturali.

Le liberalità erogate dal Fondo si traducono in beni e servizi offerti gratuitamente alla comunità, generando effetti che vanno oltre i risultati diretti delle attività. Confermati i requisiti, i tempi e le modalità di presentazione delle richieste di contributo, liberalità a fondo perduto che la Banca eroga a progetti particolarmente meritevoli. I progetti vengono individuati attraverso un processo di selezione che tiene conto del loro impatto sociale e del track record dell’ente.

Le candidature dei progetti sono da presentare attraverso la piattaforma del Fondo raggiungibile al link:https://group.intesasanpaolo.com/it/sociale/fondo-di-beneficenza/come-richiedere-un-contributo

“MARTIRIO DI SANT’ORSOLA”: IL CAPOLAVORO DEL CARAVAGGIO NELLA COLLEZIONE DI INTESA SANPAOLO IN MOSTRA A PALAZZO BARBERINI

0

Tre nuove figure, scomparse nel corso del tempo, sono riapparse nel Martirio di sant’Orsola di Caravaggio, capolavoro delle collezioni di Intesa Sanpaolo, a seguito di un importante lavoro di pulitura. L’intervento è stato eseguito in vista della mostra Caravaggio 2025 in programma dal 7 marzo al 6 luglio 2025 a palazzo Barberini di Roma, in coincidenza con il Giubileo. Tre teste sono emerse così in quello che è considerato l’ultimo dipinto di Michelangelo Merisi, realizzato nel 1610 poco prima della sua morte.

La revisione conservativa ha riportato colori e forme all’originaria nitidezza e brillantezza. I lavori sono stati realizzati dalle restauratrici Laura Cibrario e Fabiola Jatta presso il laboratorio di restauro delle Gallerie d’Italia di Napoli, museo di Intesa Sanpaolo, dove il dipinto è solitamente esposto.

A destra di Attila, il re unno rifiutato da Orsola, è comparsa la punta del naso di un soldato e il perimetro del suo elmo, un volto che prima non si vedeva. Sono emersi inoltre nuovi dettagli della figura, forse un pellegrino, che indossa un cappello. Sopra la testa di Sant’Orsola si comprende oggi quello che era un elemento di funzione incerta: si tratta dell’elmo di un armigero con fessura per gli occhi. Tre figure arricchiscono quindi la tela e il racconto del dramma di Sant’Orsola.

Con l’occasione, l’opera s’è arricchita anche di una nuova cornice secentesca che è stata adattata al climaframe realizzato per garantire una conservazione ottimale.

Commenta Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo e Direttore Generale delle Gallerie d’Italia: “La responsabilità di avere in collezione l’ultimo dipinto di Caravaggio impone il coinvolgimento dei migliori studiosi, dei massimi esperti e delle imprese private con le maggiori competenze tecniche, nella consapevolezza di prendersi cura di un pezzo di patrimonio universale. Ogni decisione è presa insieme a Sovrintendenza e Ministero. Il restauro conservativo, la cura attenta, la nuova cornice e una migliore protezione permettono al pubblico di conoscere sempre meglio il valore delle collezioni di Intesa Sanpaolo”.

LA STORIA. Il Martirio di sant’Orsola è un dipinto a olio su tela (143 × 180 centimetri) eseguito nel 1610 da Caravaggio e conservato presso le Galleria d’Italia-Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo a Napoli.

L’opera è di fatto l’ultima pittura del Merisi essendo stata realizzata poco più di un mese prima della sua morte. Commissionato dal principe Marcantonio Doria (la cui famiglia aveva per protettrice proprio Sant’Orsola), il dipinto fu eseguito dal Caravaggio con molta rapidità, probabilmente perché questi era in procinto di partire per Porto Ercole, ove avrebbe dovuto compiere le formalità per essere graziato dal bando capitale.

Durante quel viaggio, com’è noto, il pittore trovò la morte. La fretta fu tale che la tela uscì dal suo studio ancora fresca di vernice e, non essendo perfettamente asciutta alla consegna, fu esposta incautamente al sole: circostanza che ne determinò una sofferta conservazione.

Il dipinto ritornò a Napoli nella prima metà dell’Ottocento, pervenendo per via ereditaria al ramo Doria dei principi d’Angri e successivamente, circa un secolo dopo, ai baroni Romani Avezzano d’Eboli. E in seguito fu acquistato, come opera di Mattia Preti, dalla Banca Commerciale Italiana nel 1972.

Dopo alterne vicende attributive, la reale paternità dell’opera e la sua fondamentale posizione storica furono definitivamente chiarite soltanto nel 1980, grazie al ritrovamento, nell’archivio Doria D’Angri, di una lettera scritta a Napoli il 1º maggio 1610 da Lanfranco Massa, cittadino genovese e procuratore nella capitale partenopea della famiglia Doria, indirizzata a Genova per Marcantonio Doria, figlio del Doge Agostino: “Pensavo di mandarle il quadro di Sant’ Orzola questa settimana – si legge nel testo – però per assicurarmi di mandarlo ben asciuttato, lo posi al sole, che più presto ha fatto revenir la vernice che asciugatole per darcela il Caravaggio assai grossa: voglio di nuovo esser da detto Caravaggio per pigliar suo parere come si ha da fare perché non si guasti“.

Ai travagli patiti nei secoli dalla tela – guasti, ampliamenti, ridipinture, che ne avevano profondamente alterato la leggibilità e la chiarezza iconografica – ha posto finalmente rimedio l’importante restauro promosso da Intesa Sanpaolo e condotto tra il 2003 e il 2004 presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, che ha ripristinato l’originaria coerenza dell’immagine, ora più fedele e prossima alle intenzioni dell’autore.

Tra le principali novità apportate da questo complesso intervento nella lettura del dipinto, va segnalato il recupero del braccio e della mano tesa di un personaggio che tenta invano – con forte accentuazione nella carica drammatica della scena – di arrestare la freccia scoccata dal carnefice; poi, nel fondo, la presenza di un tendaggio che suggerisce un’ambientazione nell’accampamento del re unno; e infine le sagome di un paio di teste dietro il piano della santa.

DESCRIZIONE DELL’OPERA. Come sua consuetudine, il Caravaggio si discosta dall’iconografia tradizionale di Sant’Orsola, generalmente ritratta coi soli simboli del martirio e in compagnia di una o più vergini sue compagne. Sceglie invece di raffigurare il momento stesso in cui la santa, avendo rifiutato di concedersi al tiranno Attila, viene da lui trafitta con una freccia, caricando la scena di un tono squisitamente drammatico. Il dipinto è ambientato nella tenda di Attila, appena discernibile grazie al drappeggio sullo sfondo, che funge quasi da quinta teatrale.

L’intero ambiente, come consuetudine nei dipinti caravaggeschi, è permeato da un complesso gioco di luci e ombre, che tuttavia in quest’ultimo dipinto dell’artista sembra dar vantaggio più alle seconde che le prime: è un riflesso del travagliato periodo che l’autore stava vivendo nella parte finale della sua vita.

Il primo personaggio a sinistra è lo stesso Attila, raffigurato con abiti secenteschi; il barbaro ha appena scagliato la freccia e sembra essersi già pentito del suo gesto: sembra quasi allentare la presa sull’arco e il suo volto è contratto in una smorfia di dolore, quasi a dire “che cosa ho fatto?”.

A poca distanza da lui c’è Sant’Orsola, trafitta dalla freccia appena visibile sul suo seno: la santa sta piegando la testa in quella direzione e con le mani sta spingendo indietro il petto come per meglio vedere lo strumento del suo martirio. Non sembra provare dolore, piuttosto una disinteressata rassegnazione. Ma il suo volto e le mani bianchissime rispetto a quelli degli altri personaggi preludono alla sua morte immediata.

Tre barbari, anche loro in abiti moderni (uno indossa addirittura un’armatura di ferro), stanno accorrendo infatti a sorreggere Sant’Orsola: anch’essi sembrano increduli di fronte al gesto repentino e impulsivo del loro capo. Nelle fattezze di colui che si trova dietro le spalle della santa, Caravaggio ha raffigurato sé stesso con la bocca dischiusa e l’espressione dolorante: e sembra ricevere la trafittura insieme a lei.

IL DISASTRO FERROVIARO: 340MILA INTERRUZIONI, QUASI MILLE AL GIORNO. I CANTIERI METTONO IN CRISI LE FERROVIE DELLO STATO

0

Non sarà tutta colpa del vertice attuale, ma il disastro delle Ferrovie dello Stato – fra guasti, ritardi e vertenza sul rinnovo del contratto sindacale – è sotto gli occhi di tutti. Qualcuno potrà anche ironizzare, o magari consolarsi, al pensiero che questo dimostra, a vantaggio del governo in carica, che il fascismo non è tornato: la propaganda del regime sosteneva, infatti, che allora i treni arrivavano sempre in orario. Eppure, c’è poco da scherzare: il caos si riversa quotidianamente sui cittadini che viaggiano in treno, e soprattutto sui pendolari che non possono farne a meno.

“Ferrovie: sistema fragile”, titola Conquiste del lavoro, il quotidiano di informazione socio economica diretto da Mauro Fabi, in un ampio e documentato articolo a firma di Cecilia Augella. “Nel corso del secondo semestre 2024 – si legge nell’incipit – i disservizi di Rfi e i ritardi di Trenitalia hanno creato disagi a pendolari e viaggiatori occasionali suscitando particolare attenzione sul Gruppo FS “. Sono i cantieri aperti per realizzare gli obiettivi del Pnrr e non perdere i finanziamenti europei, la causa principale di questa incresciosa situazione: “Trecento quarantacinquemila interruzioni. Quasi mille al giorno. E più del doppio rispetto a due anni fa”, sintetizza l’autrice.

LA RETE IN CIFRE. L’articolo fornisce poi una serie di dati che fotografano lo stato dell’arte: “L’infrastruttura ferroviaria italiana conta oltre 16.700 chilometri di rete, di cui oltre mille ad alta velocità; circa 2.200 stazioni; 3 impianti di traghettamento; 204 impianti merci. Con l’avvento dei processi di liberalizzazione ferroviaria, in Italia sono nate circa 40 imprese ferroviarie, per cui circolano sui nostri binari oltre 9.000 treni al giorno. E i binari, per essere mantenuti in efficienza, richiedono interventi di manutenzione sia ordinaria sia straordinaria.

ANNO RECORD. Il 2024 è stato per Rfi un anno storico in quanto si sono realizzati oltre 9 miliardi di euro di lavori che hanno consentito, fra gli altri interventi, il rinnovo di circa 1.000 chilometri di binari, 1.000 deviati, 300 chilometri di rete elettrica e 9 sottostazioni elettriche. Un anno in cui sicuramente si sono creati disagi per i passeggeri, ma anche di lavori e interventi che hanno permesso di superare la fase di realizzazione della rete ad Alta velocità del 2009.

RITARDI. Passeranno sicuramente alla storia episodi come il guasto nel nodo di Roma del 2 ottobre 2024 che ha causato la cancellazione di 35 corse dell’Alta Velocità e forti ritardi su altre linee; il problema tecnico alla linea elettrica della stazione di Milano Centrale dell’11 gennaio 2025; i guasti sulla linea alta velocità Roma-Firenze del 15 gennaio 2025 e quelli multipli nelle stazioni di Roma Termini e Milano centrale, sempre del 15 gennaio 2025, per i quali il Gruppo FS – verosimilmente su imbeccata del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, attaccato dalle opposizioni – non ha escluso ipotesi di sabotaggi. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello di venerdì 28 febbraio: dalle 8,45 sulla linea Alta Velocità Firenze-Roma la circolazione ferroviaria era rallentata per un problema vicino a Chiusi: i tecnici hanno ripristinato la piena funzionalità della tratta, ma si sono registrati ritardi fino a 90 minuti sui treni Tav.

INFRASTRUTTURE VECCHIE. All’origine di tutto, ci sono le condizioni della rete ferroviaria e l’obsolescenza delle infrastrutture: quelle regionali e locali -soprattutto – utilizzano infrastrutture obsolete, che richiedono manutenzione frequente e causano rallentamenti. In alcune aree, inoltre, le linee ferroviarie sono sovraccariche a causa di un traffico intenso, con treni regionali, treni a media e lunga percorrenza e treni merci che condividono gli stessi binari. Collisioni accidentali, problemi di sicurezza o emergenze mediche a bordo o in stazione rallentano l’intero sistema. Per non parlare, infine, dei rischi connessi alla presenza di passaggi a livello in linea e di attraversamenti a raso nelle stazioni.