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UNA CORTINA DI CEMENTO

Prima, la nuova pista da bob, tanto inutile quanto costosa e devastante per il paesaggio. Adesso s’aggiunge la “funivia usa-e-getta”, destinata anch’essa a vita breve e molto dispendiosa. Le polemiche incombono sulla preparazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Cortina d’Ampezzo, in accoppiata con Milano.

Ma è soprattutto la “perla delle Dolomiti” a trovarsi nel cosiddetto occhio del ciclone, per gli effetti ambientali che l’organizzazione dei Giochi olimpici minaccia di provocare. Un tempo c’era la “cortina di ferro”, fisica e ideologica, che separava l’Europa dell’Ovest da quella dell’Est. Oggi rischiamo di avere una “Cortina di cemento” a Nord dell’Italia.

Doveva essere di 47 milioni di euro il costo iniziale della pista da bob, passato poi a 61 e ormai lievitato a 124. Con una lunghezza di 1749 metri in calcestruzzo, 16 curve e un dislivello di 110 metri, dovrebbe consentire una velocità di 140 chilometri orari per effettuare una discesa di circa un minuto. Ma già quella preesistente, costruita nel 1923 e intitolata al campione italiano “Eugenio Monti”, fu abbandonata 15 anni fa per gli alti costi di manutenzione: intorno ai 400mila euro all’anno che adesso, con i rincari energetici, sono diventati oltre un milione.

Questo “serpente” di cemento attraversa i boschi intorno a Cortina e perciò è stato necessario abbattere diversi alberi. Tanto che nel 2023 nessuna ditta presentò offerte per l’appalto, costringendo alle dimissioni l’ex Commissario straordinario Luigivalerio Sant’Andrea. Fu poi il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a far cambiare il progetto convincendo l’impresa Pizzarotti di Parma a realizzarlo.

Ora l’ultimo scandalo riguarda “la cabinovia usa-e-getta – come la definisce il giornalista Giuseppe Petrobelli in un articolo sul Fatto Quotidiano – che dovrebbe collegare la località Apollonio a Socrepes, con l’obiettivo di trasportare in quota 2500 persone all’ora, gli spettatori delle gare femminili di sci alpino”. Anche in questo caso, però, nessuno vuole costruire l’opera. L’appalto è rimasto così fermo, mentre crescevano le proteste della popolazione con la minaccia di un ricorso al Tar. Racconta Petrobelli: “Un cittadino si vedrà abbattere la casa, gli abitanti di Mortisa vedranno sconvolta la loro splendida frazione e due veterinari, gli unici di Cortina e dell’alta Valle del Boite, rischiano di veder demolito il loro ambulatorio per far posto al cantiere”.

Nel comprensorio di Cortina d’Ampezzo, su un totale di 36 impianti di risalita, sono attualmente in funzione tre funivie. Una collega il Passo del Falzarego con Lagazuoi, un’altra Col Drusciè e Ra Valles, e la terza Ra Valles e Cima Tofana. A questi impianti “chiusi”, a parte seggiovie e skilift, va aggiunta la cabinovia Cortina-Colfiere-Col Drusciè.

Come per la pista da bob, pure per la nuova funivia – destinata a funzionare solo per il periodo delle Olimpiadi – si pongono problemi ambientali. I piloni di cemento dovrebbero essere installati su prati di grande valore paesaggistico, ma soggetti a un profondo movimento franoso che ha già spostato una strada verso valle. “Per questo – spiega il giornalista del Fatto Quotidiano – il progetto prevede che su una base fissa (zattera) vengano collocate delle slitte per appoggiarvi la parte elettromeccanica”: così i piloni possono spostarsi di qualche centimetro, assecondando l’andamento della frana. Una funivia “mobile”, insomma, su un territorio instabile.

L’opera dovrebbe essere terminata entro il prossimo dicembre. Ma sono state probabilmente tutte queste difficoltà, insieme alla mancanza di tempo, a dissuadere le ditte interessate alla progettazione. Proprio a loro si era rivolto recentemente il Comitato Civico di Cortina con una lettera allarmata, sostenendo che la cabinovia è “una violenza al nostro territorio e uno sfregio ambientale”.

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