VIA LIBERA ALLE PALE

VIA LIBERA ALLE PALE

Disco verde alle pale. “Ci volevano la guerra in Ucraina e uno shock energetico senza precedenti per sbloccare i progetti di parchi eolici rimasti in attesa di autorizzazione”, annuncia online il quotidiano Milano Finanza. Nell’ultimo question time alla Camera, era stato il presidente Mario Draghi ad anticipare il via libera del governo a un lotto di progetti per energie rinnovabili, rimasti fermi per motivi burocratici e amministrativi, in modo da cominciare a ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese dalla Russia. Il Consiglio dei ministri – spiega il giornale diretto da Roberto Sommella – ha autorizzato ora la realizzazione di sei parchi eolici, per una potenza complessiva di 418 Mw. Gli impianti si trovano in Puglia, Basilicata e Sardegna, tre fra le regioni italiane più “ventose”.

sardegna-pale-eoliche

Nel dettaglio, come informa un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, i progetti sbloccati sono questi: Castelluccio dei Sauri (Fg) per 43,2 Mw; Salice-La Paduletta da 58,5 Mw, nei comuni di Cerignola e Orta Nuova (Fg); Sant’Agata di Puglia (Fg) da 39,6 Mw; Montaratro da 121,9 Mw, nel comune di Troia (Fg); il potenziamento del parco eolico Nulvi Ploaghe (Ss) da 121,5 Mw, e la proroga della Valutazione di impatto ambientale per il parco eolico Corona Prima da 33 Mw, nel comune di Tricarico (Mt). Questi sei parchi eolici si aggiungono ai due sbloccati dal Consiglio dei ministri lo scorso 18 febbraio, per una potenza di 65,5 Mw, ovvero Serra Giannina da 31,5 Mw in provincia di Potenza, e la proroga della Via per Monte Cervaro (Melfi) per 34 Mw. È la stessa presidenza del Consiglio a ricordare che dall’inizio del 2021 a oggi, sono stati sbloccati impianti rinnovabili per un totale di 1.407,3 Mw.

PALE EOLICHE off shore

“La partita più grande per le rinnovabili italiane, però, si giocherà sull’eolico offshore, che consente di realizzare parchi di dimensioni ben più importanti”, avverte Milano Finanza. Al ministero della Transizione ecologica, come Amate Sponde aveva già riferito in precedenza, sono arrivate 64 manifestazioni di interesse, 20 delle quali legate a una quarantina di progetti già definiti per realizzare impianti flottanti collocati oltre le 12 miglia dalla costa, prevalentemente localizzati al largo della Sicilia e della Sardegna (più di 20), lungo la costa Adriatica (più di 10) e, per la restante parte, distribuiti tra Ionio e Tirreno. Proprio nei giorni scorsi, è stata installata una terza pala eolica nel mare di Taranto.

Tra le imprese che hanno risposto al bando del Ministero, secondo il quotidiano finanziario milanese, ci sono Agnes Saipem; Ansaldo energia, Edison, Eni e GreenIT (joint venture con Cdp Equity), Erg, Falck, Renewables, Fincantieri, Leonardo. Rwe in Italy offshore, Sorgenia e Wind Power. Alla vigilia di questa decisione, il nostro stesso sito aveva dato notizia dell’appello lanciato al governo e alle Regioni da Agostino Re Rebaudengo, presidente di “Elettricità Futura”, la principale associazione delle imprese italiane del settore, affinché venga autorizzata entro giugno l’installazione di nuovi impianti per le rinnovabili. Con un investimento di 85 miliardi di euro privati, in tre anni si potrebbero produrre così 60 GW di energie pulite, favorendo la creazione di 80mila nuovi posti di lavoro. E questo corrisponde ad appena un terzo delle domande già presentate a Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale. È stato lo stesso Re Rebaudengo a spiegare, nella conferenza stampa a cui ha partecipato anche il vicepresidente Nicola Lanzetta, direttore dell’Enel, servirebbe a “garantire la sicurezza, ridurre la dipendenza energetica e abbassare il costo delle bolletta elettrica”. Ora, finalmente, qualche cosa comincia a muoversi.

Sullo scenario energetico nazionale, da segnalare una dichiarazione di Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e presidente onorario di Legambiente, rilasciata all’Agenzia AdnKronos: “Adesso, nell’emergenza, fare tutto quello che si può fare. Non è che riapri centrali a carbone che sono chiuse da anni, ci vuole tempo e ci vuole il carbone. Puoi provare a mantenere in vita per poco tempo centrali che già esistono. Lo stesso ragionamento vale per l’estrazione del metano: per quanto si possa aumentare la produzione nazionale, si parla del passaggio da circa 3,5 mld di metri cubi a 6-6,5, sempre sotto il 10% del consumo di metano dell’Italia”.

Secondo Realacci, “nell’emergenza occorre fare tutto questo: se hai carbone, usalo; se puoi estrarre un po’ di metano, usalo; se puoi essere più efficiente e risparmiare energia, fallo. Poi devi decidere la strategia: oltre che garantirti una varietà di fonti di approvvigionamento, nella transizione, per il metano”. E lui stesso aggiunge: “Il cuore è spingere molto sulle rinnovabili perché l’Italia su questo fronte, negli anni 2013-2014, ha subito una battuta di arresto che è stata pessima anche da un punto di vista economico. Bisogna accelerare e fare come fa il più grande Paese manifatturiero europeo: la Germania era al 6% di quota di rinnovabili nel 2000, ora è al 50% e punta al 100% al 2035. Noi possiamo fare altrettanto. Questo significa, innanzitutto, rendere più semplice il percorso sul fronte della riduzione della burocrazia, per chi vuole ricorrere alle rinnovabili”.

ALTRE ENERGIE grafico

Nel grafico riprodotto qui sopra e diffuso da Renewable Energy, un mensile scientifico in lingua inglese, viene raffigurato in forma schematica il “ventaglio” di fonti alternative a cui il globo può attingere. Oltre al sole e al vento, c’è l’energia idroelettrica di cui la nostra Penisola dispone in abbondanza (vedi foto sotto); quella che si può ricavare dalle biomasse (sostanze organiche e vegetali, come gli escrementi degli animali da allevamento o residui e scarti della vegetazione); quella prodotta dal moto ondoso e dalle maree (tidal energy), sperimentata da anni in Portogallo con le turbine sottomarine al largo della costa nell’oceano Atlantico); e infine, l’energia geotermica, ricavata dal calore degli strati più profondi della crosta terrestre, di cui l’Italia dispone soprattutto nelle aree vulcaniche delle regioni meridionali. E poi, c’è l’idrogeno verde che non è esattamente una fonte, bensì un vettore, ma può essere estratto dal gas naturale per generare calore in modo ecosostenibile (Panasonic ha introdotto nel 2009 sul mercato giapponese la cella a combustibile per uso domestico che fornisce elettricità e acqua calda alle abitazioni e oggi questa tecnologica è disponibile anche in Europa).

 

 

Share this: