SPIAGGE, DOPPIO STOP ALLE CONCESSIONI: RISCHIO PROCEDURA D’INFRAZIONE

SPIAGGE, DOPPIO STOP ALLE CONCESSIONI: RISCHIO PROCEDURA D’INFRAZIONE

Stop alle concessioni balneari. La scadenza è confermata al prossimo 31 dicembre. Poi, secondo la Direttiva europea sulla concorrenza che porta il nome dell’ex commissario per il Mercato interno, l’olandese Frederick “Frits” Bolkestein, dovranno essere messe a gara.

Ora interviene anche la Corte di Giustizia europea, pronunciandosi sul ricorso dell’Autorità sulla concorrenza contro il Comune di Ginosa (Taranto), per il quale le norme nazionali prevarrebbero su quelle europee : “Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”. E in merito al presunto conflitto di competenza, il tribunale di Lussemburgo aggiunge che “i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse”.

Con la sentenza 2129 del 1° marzo, il Consiglio di Stato aveva già bocciato le norme inserite dalla maggioranza parlamentare nel decreto Milleproproghe del governo guidato da Giorgia Meloni, su pressione in particolare della Lega di Matteo Salvini (nelle foto sotto, al Papeete Beach di Milano Marittima): l’obiettivo era quello di spostare il termine al 2024, eventualmente allungabile “per ragioni oggettive” a fine 2025. Il responso riguarda un vecchio caso di Manduria (Taranto), il Comune pugliese che aveva presentato un ricorso. Ma ora, come spiegano gli stessi giudici, quelle disposizioni vanno “disapplicate da ogni organo dello Stato”.

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Si conferma così la censura già espressa dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aveva richiamato il governo al rispetto della Direttiva europea. Il provvedimento risale al 2006 e non è stato ancora adottato dall’Italia, a rischio di subire una procedura d’infrazione e di essere deferita alla Corte di Giustizia con relativa sanzione pecuniaria. Nel frattempo, con i suoi oltre 8mila chilometri di coste, lo Stato continua a incassare un canone irrisorio di circa 115 milioni di euro all’anno rispetto a un volume d’affari complessivo calcolato in 12 miliardi.

In carenza di spiagge libere, disponibili in altri Paesi europei, spesso i cittadini italiani sono costretti perciò a pagare per accedere al litorale che è un bene demaniale e in quanto tale appartiene a tutti. E se questo è giustificato per i servizi (ombrelloni, sdraio, lettini, piscine, bagni e docce), non lo è invece per raggiungere il mare e prendere il sole lungo la battigia. I “balneari”, cioè i gestori delle concessioni e degli stabilimenti, hanno tutto il diritto, dunque, di reclamare il riconoscimento economico degli investimenti che hanno fatto sulle spiagge a loro assegnate o, ancora meglio, appaltate ovvero affittate. Ma proprio per questo, in nome della libera concorrenza, la Direttiva Bolkestein prescrive le gare europee per mettere all’asta le licenze, in modo da contenere i prezzi e migliorare possibilmente la qualità dei servizi con finalità turistiche e ricreative.

SPIAGGIA SAN FOCA 2

Nelle conclusioni di uno studio commissionato dal Parlamento di Strasburgo, si documenta in dettaglio la “criticità del settore balneare in Italia e in Europa”, sollecitando l’emanazione di “regole imprescindibili per una riforma organica”. Alla base ci sono proprio il “principio di concorrenza e il divieto di rinnovo automatico” delle stesse concessioni: altrimenti, si trasformano in una rendita di posizione e spesso diventano una specie di eredità familiare che si tramanda di padre in figlio.

L’indagine confronta poi la situazione italiana con quella di Francia, Spagna, Portogallo, Croazia e Grecia, tutti Paesi che possono essere considerati nostri competitors, in particolare nel settore turistico. E seppure, con le differenze dei rispettivi sistemi giuridici, si registra dovunque una maggiore disponibilità di spiagge pubbliche e libere. Ma anche in altri Paesi, come la Spagna o il Portogallo, emergono “dubbi di compatibilità con l’ordinamento dell’Ue”. Da qui, appunto, la necessità che la Direttiva Bolkestein sulla gestione delle spiagge venga applicata in modo omogeneo e uniforme in tutto il Continente europeo.

Per chi volesse approfondire l’argomento, ecco il link allo studio, redatto dalla Direzione generale Politiche interne del Parlamento europeo:

https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2017/596809/IPOL_STU(2017)596809_IT.pdf

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