MARE BOLLENTE: CON L’AUMENTO DELLA TEMPERATURA UN MEDITERRANEO TROPICALE

MARE BOLLENTE: CON L’AUMENTO DELLA TEMPERATURA UN MEDITERRANEO TROPICALE

Con l’aumento medio della temperatura di 5 gradi, il Mediterraneo rischia di diventare un mare tropicale: tanto che diverse specie di pesci si stanno trasferendo, attraverso il canale di Suez, nel “Mare nostrum”. A lanciare l’allarme, è il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana: “Bagnarsi in un Mediterraneo a 31° come fosse il Mar Rosso – ha scritto sul Fatto Quotidiano, di cui è collaboratore – sarà anche stato piacevole, ma per gli ambienti acquatici è un disastro ecologico e, alla fine il conto lo paghiamo tutti, costretti a subire la maggior potenza distruttiva dei nubifragi”.

Oltre alla fauna ittica e all’habitat marino, infatti, il riscaldamento del pianeta provoca danni materiali ed economici. L’innalzamento della temperatura dell’acqua rafforza gli eventi estremi, accrescendo la violenza dei fenomeni atmosferici e la potenza del vento. Lo dimostrano gli episodi che stanno caratterizzando questa fase della stagione estiva, in particolare lungo i litorali, sradicando gli alberi e abbattendo le abitazioni anche nell’entroterra. E qualche volta, purtroppo, la furia degli elementi uccide pure. È la vendetta della natura che reagisce con l’arma del clima alle ferite e alle rovine prodotte dalla mano dell’uomo.

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Spiega lo stesso Mercalli in un’intervista a Simone Boldi pubblicata sul Quotidiano Nazionale (Nazione-Carlino-Giorno): “Fino al recente passato, nubifragi come quelli che hanno colpito soprattutto la Toscana e la Liguria, ma anche l’Emilia Romagna e il Veneto, capitavano una volta ogni dieci anni. Adesso li registriamo circa una volta l’anno”. A suo parere, “il surriscaldamento della superficie marina ha ingigantito la potenza dei nubifragi e la velocità del vento”. Il mare, insomma, diventa bollente e così il vapore acqueo “carica” le nuvole di energia e di umidità come una pentola a pressione.

Come reagire, dunque, a questa situazione meteorologica? “Innanzitutto pensiamo a salvarci la pelle”, risponde il climatologo: “Per fortuna abbiamo previsioni del tempo sempre più specifiche. Attenzione, però: le previsioni devono servire prima di tutto a farci aprire gli occhi, ad aumentare la nostra soglia dell’attenzione”. È in arrivo il cattivo tempo? “Allora – risponde Mercalli – uscirò all’esterno con maggiore cautela, eviterò di parcheggiare vicino a corsi d’acqua, e in caso di garage allagati non mi precipiterò a tentare di salvare la macchina, perché questa è una delle casistiche in cui si rischia maggiormente l’annegamento o comunque gravi conseguenze”.

Questi sono consigli pratici e senz’altro utili per affrontare l’emergenza. Ma non si risolve certamente così la questione climatica, provocata dal riscaldamento globale con l’inquinamento dell’atmosfera e le emissioni nocive prodotte dai combustibili fossili. La transizione energetica ed ecologica impone lo sviluppo delle fonti alternative, fornite in abbondanza da madre natura, come il sole, il vento, le biomasse e l’idroelettrico.

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“Per non aggravare ulteriormente il peggioramento della situazione climatica – osserva ancora Mercalli – la politica dovrebbe agire verso il risparmio energetico, la lotta agli sprechi, accelerare il passaggio dal petrolio e le fonti fossili alle rinnovabili. Le priorità per garantire il futuro dei nostri figli. Invece nelle agende politiche i temi ambientali o sono assenti o agli ultimi posti”. Ecco un criterio per giudicare i programmi e le promesse dei partiti in questa campagna elettorale estiva. Il prossimo 25 settembre, se e quando andremo alle urne, dovremo ricordarci che il nostro voto, il voto di ciascuno di noi, potrà contribuire o meno a difendere il clima, la natura e la stessa sopravvivenza dell’umanità.

Le previsioni per il futuro non sono rassicuranti. Dichiara il fisico Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, in un’intervista rilasciata a Sara Gandolfi per il Corriere della Sera: “Il Mediterraneo è molto vulnerabile. E’ una zona di confine storica, economica, geografica, politica e anche meteorologica. Perché si trova al bordo fra le regioni tropicali e quelle temperate. Per farla semplice, d’estate siamo in Africa, d’inverno siamo in Europa. Ma basta poco per spostare il bordo, allungando per esempio il periodo estivo secco e accorciando il periodo umido invernale, che è poi il motivo per cui le precipitazioni diminuiscono”. A suo parere, quindi, iil rischio è che il periodo estivo mediterraneo, compreso tra aprile e settembre, si allunghi. Conclude Navarra: Questo è lo scenario, l’incertezza riguarda l’entità di questo cambiamento. E’ tempo di agire per far sì che abbia il minimo impatto possibile sulla nostra economia, sui tessuti sociali, sulle comunità”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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