CACCIARI RACCONTA: IL “MOSTRO” DI VENEZIA

CACCIARI RACCONTA: IL “MOSTRO” DI VENEZIA

Lui l’ha sempre definito “un mostro inefficace e costoso”. Filosofo e politico, Massimo Cacciari è stato sindaco di Venezia due volte: la prima, dal 1993 al 2000, con i Democratici di Romano Prodi ai tempi dell’Ulivo; la seconda, dal 2005 al 2010, con il centrosinistra e l’appoggio di Udeur Popolari e Margherita. Ma fin dall’inizio ha osteggiato il progetto del Mose, opponendosi alla costruzione del sistema a dighe mobili che avrebbe dovuto salvare Venezia dall’acqua alta. E negli ultimi giorni, dopo il flop del “mostro” che – a causa di previsioni meteorologiche sbagliate – non ha impedito che la marea invadesse di nuovo Piazza San Marco e mettesse in pericolo la Basilica patrimonio dell’umanità, Cacciari s’è preso la rivincita.

Leader di quella che viene definita la “sinistra televisiva”, l’ex sindaco di Venezia è apparso su varie reti per ribadire l’inutilità del Mose, rivendicando al Comune e a se stesso il merito di averlo sempre contrastato. Piazza San Marco – ha ripetuto in tv – è più bassa di 30-40 centimetri rispetto alla Laguna. E quindi, è condannata insieme alla Basilica a essere inondata dall’acqua alta, nonostante le paratie mobili che richiedono tempo per essere attivate e circa 50 milioni di euro all’anno per la manutenzione. La soluzione migliore, secondo il filosofo-politico, sarebbe stata invece quella di realizzare una specie di grande vasca davanti a San Marco, in modo da trattenere la marea e impedire che arrivasse fino alla chiesa.

Era stato lo stesso Cacciari a ricostruire la storia del “mostro”, in un polemico articolo pubblicato nel giugno 2014 sul settimanale L’Espresso. “Due decisioni fatali, strettamente connesse, segnano il peccato d’origine della “grande opera” Mose”, racconta l’ex sindaco: “Decisioni tutte politiche e forse, prima ancora, culturali. Contro le quali il sottoscritto, con pochissimi altri, ha combattuto fin dal primo giorno, restando perfettamente inascoltato non appena la sede del confronto si “alzava” da quella amministrativo-locale a quella dei governi regionale e nazionale”.

E spiega: “La prima: che non solo l’intervento per la difesa della laguna dall’acqua alta, ma pressoché l’intero complesso delle opere per la sua salvaguardia e manutenzione, venissero affidati al consorzio “Venezia Nuova” in veste di concessionario unico. Procedura che stabilisce un altissimo onere a favore del concessionario stesso, elimina ogni obbligo al bando di gare, riduce con ciò drasticamente la possibilità di godere di ragionevoli ribassi d’asta, rende del tutto aleatorie le funzioni di controllo che avrebbe dovuto svolgere in primis il Magistrato alle Acque”.

Nella sua requisitoria contro la “grande opera”, Cacciari sostiene che “si sono scontrate due strategie radicalmente opposte. La prima centralistica, anti-autonomistica, concentrata sul mito della grande opera salvifica; la seconda, coerente con tutta la tradizione dei lavori pubblici in laguna, fondata sull’esigenza di garantire una manutenzione continua, attraverso interventi sempre correggibili, reversibili e miranti non solo alla “fisica” della città, ma anche al suo tessuto economico e sociale. Questa seconda strategia è stata “asfaltata” nel corso degli anni dalla potenza di fuoco del Consorzio Venezia nuova. Con il convinto applauso della totalità o quasi degli organi di informazione. Il sottoscritto, da sindaco, fin dal 1994, sempre sostenuto dalla maggioranza in Consiglio Comunale, si ostina invano a esigere verifiche e confronti”.

Ma il Comune non si limitò alle critiche. Cercò anche di proporre possibili vie alternative, e più economiche, per affrontare il problema delle acque alte. Con la consulenza, pressoché gratuita, di tecnici come Marco Rugen, ex-presidente dei Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; di Luigi D’Alpaos, professore di idraulica dell’Università di Padova; dei professori Antonio Campanile e Giovanni Benvenuto. Nonché della società Principia, consulente per gli impianti off-shore di Esso, Saipem e altre aziende del settore. Ma, come si legge ancora nel j’accuse dell’ex sindaco, “Consorzio, Regione e Governi hanno rifiutato dal 2005 al 2006 qualsiasi confronto con questi elaborati. Sono agli atti, per chiunque intenda capire ciò che è successo nella laguna reale, e non in quella delle chiacchiere. Così come è agli atti il mio intervento al Comitato Interministeriale decisivo del novembre 2006, dove, benedetto tutto il passato, venne data definitiva via libera all’esecuzione del progetto. I ministri dissidenti furono lasciati a casa. Votò il solo Prodi del Governo. E il solo Cacciari votò contro”.

Il filosofo-politico punta perciò il dito contro il “Consorzio Venezia Nuova”, la società concessionaria dell’opera, costituita nel 1982 da Italstrade, Condotte d’Acqua, Grandi Lavori Fincosit e Mazzi Impresa generale di costruzioni. È innanzitutto loro, secondo l’ex sindaco, la responsabilità del fallimento del Mose con la complicità di tutti i governi che si sono succeduti da allora a oggi. Fatto sta che, a distanza di quarant’anni, la Serenissima, Piazza San Marco e la Basilica si ritrovano ancora sotto la minaccia dell’acqua alta.

 

 

 

 

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