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IL LAGO SCOMPARSO: CHIUSA LA DIGA DI CAMASTRA PER LE NORME ANTISISMICHE, BASILICATA A SECCO

Più che incredibile, è una storia paradossale ed emblematica del Malpaese. Da mesi, ormai, la Basilicata – la regione più piovosa del Mezzogiorno – è a secco. Ma qui non si tratta di cambiamento climatico, mancanza d’acqua o siccità. La causa è una questione burocratica e normativa che ha aggiornato le regole sulla sicurezza delle dighe. E così è stato svuotato d’autorità il lago artificiale di Camastra (Potenza), chiuso e abbandonato all’incuria.

DIGA Camastra 2

La costruzione dell’invaso cominciò nel 1962 ed è terminata nel 1970. Alta 54 metri, con una capacità di circa 32 milioni di metro cubi d’acqua, la diga ha sbarrato il fiume Camastra, un affluente del Basento. Questo bacino alimentava la fornitura idrica di Potenza e del suo hinterland, ma perfino una parte della Puglia – priva di rilievi montuosi – fino alla punta di Santa Maria di Leuca.

Ma la diga è diventata “fuorilegge” da quando sono state introdotte nuove norme tecniche sulla prevenzione e sulla sicurezza sismica delle sue paratoie. Nel timore di un terremoto, il 21 marzo 2019 la sede di Napoli dell’Ufficio tecnico delle dighe (ministero Infrastrutture) aveva ordinato al gestore di svuotare gran parte del bacino artificiale, ridotto praticamente a secco. Perciò le paratoie sono state aperte, l’acqua è defluita e il pelo dell’acqua è stato ridotto di sette metri, dalla quota di 531,6 metri sul livello del mare a 524,6. Racconta ora Jacopo Giliberto sul quotidiano Il Foglio: “Il lago non si vede più; una distesa di fango chiaro attornia una pozzanghera di 420mila metri cubi di acqua torbida invece dei 32 milioni di progetto”. E la previsione è che il 30 novembre scompaia anche questo residuo.

DIGA Camastra 3

Per correre ai ripari, è stata predisposta una conduttura provvisoria lunga alcuni chilometri, per prelevare circa 400 litri di acqua al secondo dal fiume Basento, sollevarla fino al lago disseccato e purificarla attraverso l’impianto di Masseria Romaniello per renderla potabile. In questo modo, verrà classificata di qualità A2 e come assicura il direttore tecnico scientifico dell’Arpa regionale, Achille Palma, “può essere destinata al consumo umano”. Un riciclo, insomma, che però non tranquillizza i potentini.

Tra i vari problemi che si pongono, non meno trascurabile è quello dell’agricoltura. “La Basilicata – scrive ancora Giliberto – non fa preferenze tra consumi irrigui e consumi potabili e a volte ha destinato con generosità a dissetare i broccoli quell’acqua che scarseggia per i rubinetti domestici”. Poi, c’è anche il problema degli appalti su cui sta già indagando la magistratura: la procedura d’emergenza potrebbe favorire affari illeciti. Da parte sua, la Regione ha stanziato 2,5 milioni di euro a cui si aggiungono i 35 del Pnrr per ristrutturare la diga.

I fondi europei dovrebbero essere utilizzati anche per risanare l’intera rete idrica. Un male che riguarda tutta l’infrastruttura nazionale, con una media di dispersione nell’ordine del 40%. “La Basilicata – scrive Manlio Lilli sul Fatto Quotidiano – è la regione che perde più acqua con il 65,5% e Potenza è in cima alla classifica dei capoluoghi di provincia con il 71%, come risulta da un Report pubblicato dall’Istat a marzo 2024 ma relativo a dati del 2022”.

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