SICILIA, I PARCHI ARCHEOLOGICI DIRETTI DA ARCHITETTI

SICILIA, I PARCHI ARCHEOLOGICI DIRETTI DA ARCHITETTI

La Sicilia, come si sa, custodisce uno straordinario deposito di bellezze naturali e di beni storici, artistici e culturali. Ma, su 14 parchi archeologici esistenti nell’isola, nove sono diretti da architetti, uno da un’agronoma e soltanto quattro da archeologi, come sarebbe più opportuno per motivi di preparazione e competenza. E perciò quest’anomalia rischia di compromettere la tutela e la valorizzazione di un patrimonio che comprende ben sette siti dichiarati patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco: il Parco archeologico di Agrigento, la Villa romana del Casale, le isole Eolie, l’area del barocco siciliano intorno a Noto, Siracusa e la necropoli rupestre di Pantalica, l’Etna e infine il percorso arabo-normanno fra Palermo e Cefalù, con la Cattedrale di Monreale.

Su questa situazione, denunciata più volte dalle associazioni che difendono il patrimonio artistico dell’isola, fa il punto Manlio Lilli in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, dopo la nomina poche settimane fa dei due direttori dei parchi archeologici di Tindari e Lilibeo-Marsala. Al momento, quindi, i quattro guidati da archeologici sono quelli di Catania e della Valle dell’Aci, di Naxos e Taormina, di Lentonoi (l’antica colonia greca chiamata oggi Lentini) e quello di Segesta, in provincia di Trapani (nella foto sotto, il tempio dorico praticamente intatto). Negli altri casi, templi, ville e anfiteatri sono affidati ad architetti e a un’agronoma.

segesta

L’articolo segnala che questa situazione “sta creando non poche polemiche, dalla senatrice del gruppo misto Margherita Corrado che ne ha scritto sulla sua pagina Facebook a diverse associazioni, come Italia Nostra, l’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli e l’Associazione Memoria e Futuro”. E infatti, nel “Dossier sulla crisi del sistema di tutela del Patrimonio culturale in Sicilia”, presentato all’Assemblea regionale siciliana, si legge che “ormai da molti anni, le sezioni tecnico-scientifiche delle Soprintendenze, dei Musei, delle Gallerie d’arte e delle Biblioteche, che ai sensi della legge regionale 116/1980 e del Codice dei beni e del paesaggio, dovrebbero essere affidate ad archeologi, storici dell’arte, bibliotecari, etno-antropologi, naturalisti, vengono dirette in prevalenza da architetti, geologi o ingegneri, ma anche agronomi e laureati nelle discipline più varie”.

Le associazioni, come riporta il Fatto, confermano sostanzialmente i rilievi mossi nel 2017 da Pino Zingale, procuratore generale presso la Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, all’amministrazione regionale dei beni culturali: a suo parere, la gestione dei siti e dei parchi archeologici in Sicilia era già allora “al limite del collasso”. E spiegava che questo “è frutto di una mancata progettualità. Basti pensare che molti siti archeologici non hanno neppure un archeologo”.

A distanza di quattro anni, la situazione è rimasta pressoché invariata. E riguarda anche i Musei archeologici, quasi tutti dipendenti dai Parchi. Soltanto il Museo archeologico Regionale “Antonino Salinas” è diretto da un’archeologa. Mentre al Museo archeologico “Pietro Griffo” di Agrigento la direzione è affidata a un laureato in Economia e commercio; una laureata in Scienze politiche dirige il Museo regionale interdisciplinare di Caltanissetta e un agronomo il Museo archeologico di Adrano. Sono tutti architetti a svolgere funzioni direttive al Museo archeologico di Gela, a quello della Villa romana di Piazza Armerina, al Museo “Bernabò Brea” di Lipari e a quello di Kamarina. La direzione della Galleria regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa, invece, è affidata a un geologo.

E per i soprintendenti? “Su nove – si legge ancora nell’articolo – gli architetti sono otto e una è etno-antropologa. Nessuna delle sezioni archeologiche delle Soprintendenze uniche, che in Sicilia sono postazioni dirigenziali, è diretta da archeologi. Sei sono affidate ad architetti, una ad un geologo, le altre sono attualmente vacanti. Ci sono poi Soprintendenze, come quella di Caltanissetta, che non hanno un archeologo neanche tra i funzionari”.

La questione riguarda anche il metodo utilizzato per l’assegnazione degli incarichi dirigenziali. “A scegliere i direttori dei parchi – riferisce Lilli – è l’assessore regionale per i Beni Culturali tramite un atto di interpello rivolto ai dirigenti. Che alla dichiarazione di disponibilità devono allegare il proprio curriculum, nonostante si faccia difficoltà a rintracciare i criteri prescelti per la valutazione e la comparazione. Medesima procedura viene seguita dal Dirigente generale dell’Assessorato per la nomina di Soprintendenti e dirigenti delle sezioni tra tutti i dirigenti dell’amministrazione regionale”.

Dichiara al Fatto l’assessore: “Su mia richiesta, il Dirigente generale, Sergio Alessandro, ha avviato un atto di interpello cui è stata data massima pubblicità e trasparenza, al fine di garantire a tutti gli interessati la possibilità di candidarsi a ricoprire l’incarico”. E aggiunge: “Le nomine sono state operate, pertanto, tenuto conto delle candidature pervenute e delle esperienze rilevate, cercando di valorizzare sia le competenze personali che gli eventuali ruoli significativi già svolti dai candidati”.

DARIO FRANCESCHINI

DARIO FRANCESCHINI

In questa situazione anomala, data l’importanza del patrimonio artistico e archeologico della Sicilia, non sarebbe opportuno un intervento del ministro della Cultura, Dario Franceschini (nella foto sopra)? Va bene che l’isola è una Regione autonoma. Ma quei beni non appartengono soltanto ai siciliani: sono di tutti gli italiani e, almeno per quanto riguarda i siti Unesco, di tutta l’umanità.

 

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