IL FLOP DEI PORTI VERDI: ELETTRIFICAZIONE FERMA, GLI ARMATORI USANO I FOSSILI

IL FLOP DEI PORTI VERDI: ELETTRIFICAZIONE FERMA, GLI ARMATORI USANO I FOSSILI

L’allarme proviene dalla Corte dei Conti, la massima magistratura contabile dello Stato. “Lo schema disegnato dal governo per elettrificare i porti italiani – rivela Andrea Moizo sul Fatto Quotidiano – rischia di essere un fallimento che potrebbe mandare in fumo 700 milioni di euro del Pnrr”. È quanto emerge da un report appena diffuso dalla Corte, in cui si raccomando un “percorso autocorrettivo” al ministero delle Infrastrutture e Mobilità sostenibile, guidato da Enrico Giovannini.

PORTI ELETTRIFICATI 2

In discussione è il piano per dotare i porti italiani del cosiddetto cold ironing (letteralmente, connessione a terra), il sistema di fornitura elettrica a cui le navi attraccate alle banchine possono allacciarsi per non usare i generatori alimentati dai combustibili fossili. E quindi, per non aumentare l’inquinamento. L’idea, in sé, sarebbe anche valida. Se non fosse che oggi il prezzo dell’elettricità non è competitivo.

“Secondo un’analisi dell’Autorità portuale di Genova – come riferisce ancora l’articolo – alimentare un generatore di bordo con combustibile tradizionale costa all’armatore fra 0,1 e 0,25 euro per kilowattora, mentre le tariffe dell’elettricità si attestano fra 0,27 e 0,33 euro/kWh”. C’è, insomma, un problema di convenienza economica che scoraggia l’uso del cold ironing, vanificando quindi gli investimenti in questa direzione. Ecco perché la Corte dei Conti interviene, sollecitando il ministero a correggere il sistema.

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Gli strumenti per invertire questo rapporto, e cioè l’accisa agevolata e l’esenzione degli oneri generali di sistema, sono ancora sulla carta. Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la prima misura, ma manca la pronuncia della Commissione sui possibili aiuti di Stato. Di conseguenza, l’Agenzia per l’Energia (Arera) non ho potuto ancora stabilire la tariffa speciale per incrementare il cold ironing.

L’assurdità di questa situazione si tocca con mano proprio nel porto di Genova, il più grande d’Italia: il bacino di Prà-Voltri è stato elettrificato già nel 2019, con un investimento di 8 milioni di euro. Ma le navi attrezzate per alimentarsi dalla banchina sono un’esigua minoranza e al momento non sono previsti incentivi o disincentivi per indurre gli armatori ad adeguare i mezzi. Un paradosso che di fatto blocca o frena l’elettrificazione.

È proprio su questo aspetto che interviene la Corte dei Conti, contestando la decisione di fare le gare per la realizzazione e la gestione degli impianti prima di aver definito un quadro normativo adeguato. E richiama perciò una proposta presentata da Enel e da Terna, ancora in attesa di una valutazione da parte del ministero della Transizione ecologica. Da un lato, insomma, lo Stato stanzia 700 milioni per il cold ironing; dall’altro, non crea le condizioni affinché il sistema sia conveniente ed entri effettivamente in funzione. Uno spreco a futura memoria.

Per rispettare la tempistica fissata dal ministero dell’Economia nel quadro del Pnrr, entro il 30 giugno tutte le Autorità portuali avrebbero dovuto almeno provvedere “alla pubblicazione di un bando volto all’affidamento della realizzazione del 30% delle opere/esecuzione dei lavori”. Ma, in base al campione esaminato dalla Corte dei Conti, finora nessuna l’ha fatto. Il porto di Napoli, a cui vanno 25 milioni, ha bandito finora la gara per il progetto preliminare, mentre Venezia (57,6 milioni) e Civitavecchia (80 milioni) non hanno neppure avviato questa procedura.

Conclude l’articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano: “Su tutto, infine, pende un ulteriore interrogativo: c’è o ci sarà a breve disponibilità degli 1,2 gigawatt di potenza forniti da fonti rinnovabili che si stimano necessari perché il cold ironing sia un’operazione di transizione ecologica e non di mero spostamento delle emissioni?”. È evidente che, se così non fosse, avremmo investito 700 milioni del Pnrr per continuare ad alimentare le navi in banchina con i combustibili fossili, inquinanti e nocivi. E per un Paese come il nostro, con oltre 8mila chilometri di coste e centinaia di porti disseminati lungo tutta la Penisola, sarebbe una minaccia per l’ambiente. Oltre il danno, insomma, la beffa.

I PORTI ITALIANI, REGIONE PER REGIONE:

https://it.wikipedia.org/wiki/Porti_d%27Italia

 

 

 

 

 

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