ENERGIE RINNOVABILI, IL MINISTRO CINGOLANI STRETTO TRA DUE FUOCHI

ENERGIE RINNOVABILI, IL MINISTRO CINGOLANI STRETTO TRA DUE FUOCHI

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani (nella foto sotto), era già sotto attacco da parte delle associazioni ambientaliste per le sue posizioni sullo sviluppo delle energie rinnovabili e per le sue fantasticherie sul cosiddetto “nucleare verde” o “pulito”. Ora si ritrova fra due fuochi anche sul piano mediatico: da una parte, il quotidiano cattolico Avvenire, che fa capo alla Conferenza episcopale italiana; dall’altra, il quotidiano comunista il manifesto. Entrambi critici per gli stessi motivi.

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Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani

In un articolo pubblicato in prima pagina su Avvenire e intitolato senza mezzi termini “Meno incentivi alle rinnovabili, Cingolani sbanda”, Roberto Petrini scrive che il suo piano a lungo termine “prevede un taglio agli incentivi alle energie rinnovabili, dal fotovoltaico all’idroelettrico e all’eolico, per 5 miliardi di euro” e inoltre “propone di destinare al caro-bollette circa 1,5 miliardi delle aste per le ‘quote di emissione’, cioé i permessi di emettere CO₂, i cui proventi vengono normalmente indirizzati a combattere i cambiamenti climatici e la deforestazione”.

A giudizio di Petrini, dunque, “lo strappo di Cingolani, che gli ambientalisti cominciano a bollare bonariamente come “cingolato”, arriva proprio mentre il governo stava tentando di recuperare affannosamente risorse per la crisi bollette”. Se invece l’Italia procedesse verso le rinnovabili, continua l’articolo sul quotidiano della Cei, raggiungeremmo il target del 72% di produzione energetica “pulita” nel 2030 e così il costo della bolletta scenderebbe di 30 miliardi all’anno. E Petrini cita il caso di Borutta, un piccolo Comune sardo di 269 abitanti, dove il caro-bolletta non è un problema perché l’energia proviene appunto da una pala eolica e da alcuni impianti fotovoltaici.

Modern green city powered  by renewable energy. Hulhumale - Maldives, Aerial view .

L’articolo apparso sul manifesto, intitolato polemicamente “La transizione controvento del ministro Cingolani”, è firmato da Livio De Santoli, Prorettore alla Sostenibilità dell’Università La Sapienza di Roma. E parte da due considerazione che, come scrive lui stesso, sono ormai accettate come incontrovertibili. “La prima fa riferimento alla diretta responsabilità del gas sulla lievitazione dei prezzi e, per contro, alla totale estraneità delle fonti rinnovabili”. De Santoli contesta questa tesi ribatte criticamente: “Anzi, è con un ricorso massiccio alle rinnovabili e all’efficienza energetica che assicureremmo un affrancamento da una dipendenza energetica dall’estero instabile e pericolosa e ora non più sostenibile”.

L’altra considerazione contestata dall’autore dell’articolo riguarda la necessità di accelerare lo sviluppo delle rinnovabili che presupporrebbe una piena adesione del nostro Paese agli obiettivi indicati dall’Unione europea: vale a dire una riduzione entro il 2030 del 55% delle emissioni di anidride carbonica rispetto al 1990 e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. “Logica quindi vorrebbe – commenta il Prorettore alla Sostenibilità della Sapienza – che tutte le azioni relative alla decarbonizzazione vengano supportate con convinzione e quelle che hanno anche lo scopo di rallentarla, siano eliminate o almeno penalizzate”. Da qui, la necessità di sottrarre fondi dal settore oil&gas a favore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Ma osserva a questo proposito De Santoli: “Dalle parole del ministro, invece, appare tutto il contrario. Non è pensabile infatti di risolvere il problema dell’aumento dei prezzi dovuti al gas con il ricorso proprio al gas, tantomeno alle poche e antieconomiche riserve nazionali”.

Una doppia stroncatura per Cingolani, insomma, in nome della sostenibilità e della transizione ecologica a cui è intestato il suo ministero. Non più sono soltanto gli ambientalisti a criticarlo. Ma uno schieramento più ampio che va dai cattolici fino ai comunisti superstiti.

 

 

 

 

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