DISASTRI ANNUNCIATI

DISASTRI ANNUNCIATI

“La strage annunciata” e “Dramma annunciato”, titolano all’unisono in prima pagina rispettivamente la Repubblica e Il Messaggero, a proposito dell’esplosione di gas che ha provocato il crollo di quattro palazzine e la morte di dieci  persone, compreso il nascituro Samuele, senza dispersi né superstiti, a Ravanusa in provincia di Agrigento. Le tubature del metano erano state installate nel 1984, erano diventate troppo vecchie e all’interno s’è formata una bolla che probabilmente l’innesco di un ascensore ha fatto poi scoppiare (nella foto principale, una drammatica immagine diffusa dai Vigili del Fuoro). “Disastri annunciati” e non calamità naturali, come ha già sostenuto in passato Amate Sponde, perché qui – come in tanti casi precedenti – non sono mancate le denunce e allarmi da parte dei tecnici.

Infrastrutture obsolete, ordinaria manutenzione carente o insufficiente, inerzia della pubblica amministrazione sono le cause che hanno provocato questo nuovo dramma. E i ponti, la maggior parte in precarie condizioni, sono diventati la rappresentazione più vistosa di un tale degrado. Com’è accaduto per quello di San Bartolomeo, anch’esso in Sicilia, sulla statale 187 tra Alcamo e Castellammare del Golfo. (nella foto sotto).

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Lo sostiene chiaramente il quotidiano Domani in un articolo a firma di Daniele Martini, intitolato “I ponti crollano e non è solo colpa della pioggia”. Dopo il crollo del ponte Morandi (nella foto sotto) a Genova il 14 agosto 2018 (43 vittime, oltre 420 milioni di danni per le imprese locali) a causa del cedimento di uno “strallo”, come ricorda il giornale a gennaio 2020 era crollato anche quello di Albiano Magra fra la Toscana e la Liguria, “nonostante il sindacato della zona per il pericolo evidente e avesse chiesto lavori immediati”.

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Ma la mappa del Malpaese, fatta di inerzia e di incuria, non finisce qui. “Il crollo dei ponti Anas – osserva lo stesso giornalista – è diventato purtroppo un evento che si ripete con cadenza più che preoccupante, segno di un’inadeguatezza di fondo che rischia di diventare sempre più grave e incombente con il passare del tempo”. Troppi ponti, viadotti e gallerie sono arrivati a fine vita e minacciano la sicurezza e l’incolumità dei cittadini. Lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza destina appena 450 milioni di euro alle esigenze di manutenzione del patrimonio stradale nazionale”.

Proprio recentemente il nostro sito aveva dedicato un articolo a questa situazione, pubblicato sotto il titolo “A rischio 1.900 ponti in tutto il Paese”. Tanti sono quelli pericolanti, o comunque bisognosi di manutenzione ordinaria o straordinaria, sui 61mila messi sotto osservazione in tutta la Penisola. Altri 18mila presentano criticità e richiedono interventi: http://www.amatesponde.it/a-rischio-1-900-ponti-in-tutta-italia/

Sulla fragilità del nostro Paese, dopo il disastro di Ravanusa, ha preso posizione ora anche il quotidiano cattolico Avvenire. Il giornale della Conferenza episcopale italiana accusa in prima pagina “Allarmi inascoltati prima della strage” e nel suo articolo Roberto Puglisi denuncia “sette anni di ritardi” sulle condizioni di una rete del gas considerata pericolosa. Non a caso la Procura di Agrigento ha aperto un’indagine per disastro e omicidio colposo a carico di ignoti. Bene, ma in realtà i nomi e cognomi già si conoscono e sono quelli di tutti coloro che – appunto – hanno ignorato gli allarmi e perso tanto tempo: amministratori locali, politici e governanti nazionali. È ora, dunque, di passare finalmente dalle parole ai fatti.

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Sotto gli effetti dei cambiamenti climatici, il maltempo incalza con precipitazioni intense e devastanti. E il dissesto idrogeologico, fa il resto. Non ci sono più alibi. L’allarme è noto e chi ha il potere d’intervenire ha il dovere, civile e morale, di farlo al più presto e nel miglior modo possibile. Se il Malpaese perderà anche l’occasione dei fondi europei, continuerà purtroppo a registrare vittime e rovine, con un danno per la collettività anche in termini economici sul piano del turismo e dell’occupazione.

 

 

 

 

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