DECALOGO VERDE

DECALOGO VERDE

Mancano ormai 30 giorni alla scadenza fissata da Bruxelles per l’invio a fine aprile del Piano nazionale di ripresa e resilienza ed ecco il “decalogo verde” che Legambiente sottopone al governo Draghi, in un talk dagli studi SKY di Milano. Sono dieci le “opere faro” indicate dall’associazione ambientalista per rendere concreta la transizione ecologica, insieme a un pacchetto di proposte e riforme per fare della Penisola un modello da cui prendere esempio.

Dalla riconversione green del distretto industriale di Taranto e Brindisi, in Puglia, a una mobilità a emissioni zero nei capoluoghi di provincia della Pianura Padana e del Centro-Sud; dalla bonifica dei territori e delle falde inquinate: a partire dalla Terra dei Fuochi in Campania, la Valle Del Sacco nel Lazio, le aree petrolifere di Basilicata e Sicilia e il caso dei PFAS (acronimo di “sostanze perfluoroalchiliche”, composti chimici utilizzati in diverse produzioni industriali) in Veneto e Piemonte, alla realizzazione di parchi eolici offshore in Sardegna, nel Canale Sicilia e in Adriatico; dalla delocalizzazione delle strutture dalle aree a elevato rischio idrogeologico, come nelle province di Crotone e Vibo Valentia in Calabria, di Messina in Sicilia e in Campania alla realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, nelle aree metropolitane del Centro-Sud: Roma, Napoli, Reggio Calabria, Bari, Catania, Palermo, Messina e Cagliari. A partire da queste città, ogni provincia deve diventare autosufficiente negli impianti di riciclo: oltre a evitare costi, danni ambientali e rischi di smaltimento illegale del “turismo dei rifiuti”, tutto ciò permetterebbe la fertilizzazione del suolo e la decarbonizzazione dei trasporti.

Tra le dieci “opere faro”, anche la ricostruzione e digitalizzazione con la banda ultra larga delle aree del cratere del terremoto del Centro Italia, la realizzazione di infrastrutture ferroviarie per la Calabria e la Sicilia che, al posto del Ponte sullo Stretto, necessitano di una rete di trasporto regionale per superare isolamento e disservizi e aumentare e diversificare i flussi turistici. E infine, la connessione ecologica, digitale e cicloturistica dell’Appennino lo sviluppo del biologico e dell’agroecologia sulle montagne alpine e appenniniche e nelle aree rurali attraverso la creazione di biodistretti.

Commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente: “Dal nuovo Esecutivo guidato da Mario Draghi ci aspettiamo scelte coraggiose e radicali sui progetti da finanziare, puntando solo sulle tecnologie pulite per la produzione di energia rinnovabile, sull’idrogeno verde, sugli impianti di economia circolare, sulla mobilità a emissioni zero in città e sulle tratte extra urbane, sulla rigenerazione urbana, sull’agroecologia, sul turismo sostenibile e sulle aree protette. Solo così si potrà concretizzare la transizione ecologica di cui si parla da anni e proiettare davvero l’Italia al 2030 rendendola più verde, pulita e inclusiva, dando delle risposte concrete ai cittadini e ai giovani che continuano a scioperare per il clima. L’Europa ha le idee chiare sulla decarbonizzazione dell’economia continentale. In Italia finora non è andata così. È questo il momento giusto per dimostrare quella volontà politica che è mancata finora, evitando allo stesso tempo gli errori del passato. L’Italia non perda questa importante occasione”.

Ecco, più in dettaglio, le dieci “opere faro” proposte da Legambiente:

  1. Distretto industriale green di Taranto e Brindisi

Legambiente chiede di “garantire un futuro pulito alla siderurgia, alla produzione energetica e all’occupazione” entro il 2030. Vanno accelerate le bonifiche dei territori inquinati e la riqualificazione dei tessuti urbani. Per Taranto, la città avvelenata dalle emissioni nocive dell’ex Ilva, il “decalogo verde” prevede la necessità di “ridimensionare la capacità produttiva del ciclo integrale a carbone grazie alla costruzione di forni elettrici e alla realizzazione, da prevedere subito, di un impianto che utilizzi l’idrogeno verde per produrre acciaio, sulla falsariga del progetto svedese Hybrit”.

  1. Mobilità a emissioni zero in Pianura Padana e nei capoluoghi di provincia

Oltre a chiedere di dirottare gli eco-incentivi sui mezzi pubblici, il piano di Legambiente punta a vaste “zone a basse emissioni”, con divieto di uso del gasolio per auto e riscaldamento (2025), limitazioni alla combustione a biomasse, 100 eco-quartieri a zero emissioni, mobilità dolce. Questi investimenti vanno accompagnati da una riforma che ridefinisca le responsabilità e i poteri tra Stato, Regioni e Comuni.

  1. Bonifica della Terra dei fuochi, Valle del Sacco, Val d’Agri, Gela

Sono tutti esempi di territori “inquinati da decenni”: senza risolvere prima questi problemi, la transizione ecologica rischia di rimanere una facciata. Le bonifiche sono l’unica soluzione praticabile ed efficace.

  1. Parchi eolici off-shore nel canale di Sicilia, in Sardegna e in Adriatico

Le infrastrutture mirano ad alzare l’obiettivo italiano per la produzione elettrica da eolico off shore, che è di 900 MW al 2030. In coincidenza con questi interventi, occorre anche convertire l’attività dei porti dedicati finora agli idrocarburi (Ravenna, Augusta, Taranto).

  1. Riduzione del rischio idrogeologico in Campania, Calabria e Sicilia

I primi cantieri da finanziare, secondo Legambiente, riguardano l’abbattimento degli edifici abusivi e le delocalizzazioni degli edifici e delle strutture presenti in aree a elevato rischio idrogeologico, come in Calabria nelle province di Crotone e Vibo Valentia, in Campania e in Sicilia, a partire dalla provincia di Messina.

  1. Impianti di economia circolare nel Centro-Sud

In questo capitolo, rientrano gli impianti di gestione dei rifiuti per le metropoli del Centro e del Mezzogiorno.

  1. Connessione ecologica, digitale e cicloturistica dell’Appennino

Legambiente propone “l’istituzione del Parco nazionale del Matese tra Molise e Campania; la creazione di corridoi ecologici per la tutela dell’Orso bruno marsicano in Abruzzo, Lazio e Molise; la realizzazione di infrastrutture verdi attraverso il ripristino degli ecosistemi forestali degradati e la tutela della biodiversità con produzioni biologiche agricole e zootecniche nelle aree protette”. In questa prospettiva, per sostenere il turismo s’inseriscono le ciclovie, la rete di cammini e l’infrastruttura digitale.

  1. Ricostruzione innovativa delle aree terremotate del Centro Italia

Il “decalogo verde” contempla la chiusura entro il 2030 di tutte le ricostruzioni legate ai terremoti del 2016-2017. Più che le risorse economiche, finora sono mancati o sono stati insufficienti il coordinamento e la programmazione. “La diffusione dell’infrastruttura digitale deve andare di pari passo con la ricostruzione privata e pubblica, perché è un servizio essenziale al pari delle reti idriche, energetiche, stradali”.

  1. Infrastrutture ferroviarie per Calabria e Sicilia

Piuttosto che il Ponte sullo Stretto, Calabria e Sicilia – secondo Legambiente – necessitano prioritariamente di una rete di trasporto regionale per superare l’isolamento e i disservizi che gli abitanti vivono nelle rispettive regioni oltre che aumentare e diversificare i flussi turistici”. Oltre all’elettrificazione della tratta che collega Taranto a Reggio Calabria e al potenziamento del servizio con treni moderni, urge il collegamento ferroviario tra l’aeroporto di Lamezia Terme, il centro cittadino e Catanzaro Lido, considerato che è il principale scalo regionale con voli nazionali e internazionali. Anche la Sicilia ha bisogno “di una robusta cura del ferro”.

  1. Sviluppo del biologico e dell’agroecologia sulle Alpi, negli Appennini e nelle aree rurali attraverso la creazione di biodistretti

Il boom di consumi e produttori biologici spinge a incentivare la “diffusione ancora più capillare del settore biologico nell’intera penisola, per aumentare l’occupazione, la salubrità del cibo e rendere più competitivo il Made in Italy di qualità”. Per farlo, Legambiente chiede di “approvare la legge sull’agricoltura biologica, arrivata all’ultima fase dell’iter parlamentare”. Investire su uno sviluppo capillare del biologico avrebbe ulteriori ricadute positive nel segno del New Green Deal: arginare l’abbandono dei campi e lo spopolamento, contrare il dissesto idrogeologico, garantire attraverso l’attività agricola un presidio territoriale e un collante sociale.

 

 

 

 

 

 

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