Aumento record delle fonti rinnovabili (+25%); forte diminuzione delle emissioni di CO₂ (-6% contro -4% dell’Eurozona); minimo storico per il contributo delle fonti fossili (38%) nella produzione di energia elettrica (10 punti in meno rispetto al dato precedente). L’analisi dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) sul sistema energetico nazionale per il primo semestre 2024 evidenzia anche un nuovo calo dei consumi (-2%, rispetto al -1% dell’area euro), in misura maggiore rispetto all’andamento dei principali driver (Pil e mobilità in lieve aumento, produzione industriale ancora negativa e clima mite).
“Il forte calo delle emissioni – spiega Francesco Gracceva, il ricercatore che ha coordinato l’analisi, al quotidiano la Repubblica – si concentra quasi esclusivamente nel settore elettrico (-32%), per effetto del notevole incremento della quota di rinnovabili: questa è salita al 44% nel semestre, con punte mensili superiori al 52%, grazie al significativo aumento della produzione idroelettrica (+65%)”.
Per quanto riguarda il consumo di fonti fossili, si registrano contrazioni sia per il carbone (-60% contro il -24% dell’Eurozona) che per il gas naturale (-5% contro -4%). Dall’analisi emergono una serie di difficoltà per la transizione energetica in Italia, tra decarbonizzazione ancora insufficiente e problemi di competitività dell’industria nazionale. In questo contesto, l’indice Enea Ispred registra un leggero miglioramento, ma rimane sempre vicino ai minimi storici. In particolare, si registrano valori molto bassi di due componenti dell’indice: decarbonizzazione e prezzi e competitività. In miglioramento, invece, la terza componente, sicurezza energetica, grazie alla riduzione della domanda di energia che ha coinvolto soprattutto i settori elettricità e gas.
“L’indice relativo alla decarbonizzazione – aggiunge Gracceva – beneficia del calo delle emissioni nel settore elettrico, che ha reso la traiettoria delle emissioni dei settori Ets (generazione elettrica ed energivori) ampiamente in linea con il target 2030”. L’indice è stato penalizzato tuttavia dall’andamento delle emissioni non-Ets (terziario, residenziale, trasporti e industria non energivora) allontanandosi ulteriormente dagli obiettivi europei, con emissioni di CO₂ in lieve aumento (+1%) per questi settori. La causa, in particolare, dei consumi per la mobilità stradale e il trasporto aereo, tornati al di sopra dei livelli pre-Covid. “Per essere in linea con i target europei, le emissioni dovrebbero ridursi del 5% medio annuo; inoltre, in questi settori, la crescita delle fonti rinnovabili resta decisamente inferiore a quella delineata nel recente Pniec”, sottolinea Gracceva.
Entro il 2050, in base allo studio “Net Zero” presentato dalla società di ricerca Agici, bisognerà rinnovare 73,8 GW soprattutto di solare ed elettrico, con un costo ipotizzato di 43,8 miliardi di euro. Queste risorse dovranno essere concentrate in particolare sugli impianti idroelettrici (il 70% è antecedente al 1980) e su quelli fotovoltaici ed eolici (i due terzi risalgono agli anni 2007-2014).
“Gli investimenti nell’idroelettrico – scrive Sara Deganello in un articolo sul Sole 24 Ore – si scontrano con lo stallo delle concessioni scadute, sentito da tutti gli operatori, vista la decisione dell’Italia – unica in Europa – di procedere con riassegnazioni tramite gara”. Lo sblocco, secondo gli operatori, consentirebbe di mobilitare 10-15 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, favorendo il loro reinvestimento negli impianti obsoleti.