AGRICOLTURA SOTTO ATTACCO: COME DIFENDERCI DALLA GUERRA ALIMENTARE

AGRICOLTURA SOTTO ATTACCO: COME DIFENDERCI DALLA GUERRA ALIMENTARE

Dal gas al grano, dal petrolio al mais, la guerra fra Russia e Ucraina minaccia di arrivare fin sulle nostre tavole. E i suoi effetti sono destinati a durare, purtroppo, anche oltre una tregua o una dichiarazione di pace. Se a livello internazionale il rischio è quello della carestia e della fame soprattutto per i Paesi più poveri, come ha avvertito il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, per l’Europa e in particolare per il nostro Paese le conseguenze del conflitto minacciano direttamente l’agricoltura, la produzione di ortofrutta e l’allevamento del bestiame. Da una parte, l’aumento dei prezzi dell’energia; dall’altra, la mancanza di materie prime, si riflettono pesantemente sul cibo e su tutta l’industria del settore. Eppure, come si legge nel rapporto del Monitor di Intesa Sanpaolo pubblicato nel link qui in calce, alla fine del 2021 l’export dei distretti agroalimentari italiani aveva segnato un balzo pari al +9,2%, per un valore complessivo di 22 miliardi di euro.

LA FILIERA DELLE TRE A. In rapporto a quella che viene chiamata la “filiera delle tre A”, cioè Ambiente, Agricoltura e Alimentazione, il gas e il grano possono rappresentare i simboli di questa preoccupante situazione prodotta dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. I rincari dei carburanti pesano sia sui coltivatori sia sui trasportatori. Quelli dei cereali gravano specialmente sui produttori di pane e pasta. Ma in entrambi i casi tendono a scaricarsi indirettamente sui consumatori finali.

AGRISOLARE. È proprio per questo che il governo, in anticipo sui tempi del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), s’è affrettato intanto a stanziare 1,5 miliardi di euro per il decreto “Agrisolare”. Il provvedimento punta a incentivare l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei fabbricati strumentali all’attività agricola. Capannoni, depositi, stalle e fienili, potranno essere rivestiti così di pannelli per l’autoproduzione di energia.

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QUATTRO MILIONI DI ETTARI. Nello stesso tempo, l’Unione europea ha sbloccato quattro milioni di ettari, esclusi finora dalla produzione agricola e tenuti a riposo per favorirne la fertilità, in modo da produrre subito più grano, mais e mangimi. Questi ultimi importati prevalentemente proprio dall’Ucraina. E si tratta, in complesso, di una superficie pari a quella dei Paesi Bassi che dovrebbe fornire circa 15 milioni di quintali tra mais e grano duro.

AUTARCHIA. Diversi distretti industriali chiedono, e alcuni hanno già ottenuto, aiuti di legge per supplire alla mancanza di materie prime, esplorando alternative locali e di recupero. Dall’olio di sansa ai concimi fai-da-te. All’insegna dell’autarchia, si sviluppa così l’agroalimentare “circolare”. E molti agricoltori producono da soli i fertilizzanti che finora importavano dalla Russia. L’allarme maggiore riguarda l’olio di semi che arrivava anch’esso dal “regno dello Zar” e dalla stessa Ucraina. Ma perfino per il miele abbiamo un’autonomia di soli due mesi.

ECONOMIA CIRCOLARE cibo

TEMPESTA PERFETTA. La scarsità di cereali e l’aumento dei costi hanno scatenato una “tempesta perfetta” che non risparmia la filiera del latte – come riferisce Isidoro Trovato sul Corriere della Sera – investita in pieno dall’emergenza: dai mangimi all’energia, dalla logistica alla distribuzione ogni passaggio che porta il latte sulla tavola degli italiani è caratterizzato da aumenti e rialzo dei costi”. Per questo, il gruppo Granarolo ha deciso di riconoscere agli allevatori per i conferimenti un prezzo minimo alla stalla di 48 centesimi al litro, a cui aggiungere l’IVA e un premio qualità.

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ECONOMIA DI GUERRA. In un contesto di questo genere, da economia di guerra, a noi – cittadini e consumatori – non resta che l’arma del risparmio per fronteggiare l’ondata dei rincari. Almeno finché il conflitto non imboccherà decisamente la strada della trattativa e della pace. Questo vuol dire consumare meno elettricità, meno benzina e anche meno cibo o comunque di minore qualità. E ridurre gli sprechi, a cominciare da una risorsa preziosa come l’acqua. Offre un buon esempio il Comune di Torino, spegnendo di sera l’illuminazione della Mole Antonelliana, con il neo-sindaco Stefano Lo Russo che annuncia: “Siamo pronti alla sobrietà, avremo uffici meno caldi”.

Durante la guerra i nostri genitori e i nostri nonni spegnevano la luce, andavano a piedi o in bicicletta e mangiavano “pane nero”. Noi, fortunatamente, non siamo nelle stesse condizioni ma dobbiamo modificare le nostre abitudini e adattarci alla situazione internazionale. Nell’era della globalizzazione, questa guerra impone un prezzo anche a chi non la sta combattendo sul campo.

LINK:  il rapporto del Monitor di Intesa Sanpaolo sull’export dei distretti agroalimentari alla fine del 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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