ALLUVIONE DI PAROLE: A TRE MESI DAL DISASTRO L’EMILIA ROMAGNA NON HA RICEVUTO UN EURO

ALLUVIONE DI PAROLE: A TRE MESI DAL DISASTRO L’EMILIA ROMAGNA NON HA RICEVUTO UN EURO

Con la scelta del generale Francesco Paolo Figliulo (nella foto sotto), già protagonista della campagna di vaccinazione anti-Covid, il governo ha finalmente nominato il commissario straordinario per la ricostruzione dell’Emilia-Romagna, dopo la devastante alluvione del 16 e 17 maggio scorso. Sono stati 23 i fiumi esondati e 42 i Comuni allagati, con 15 vittime e circa 30mila di sfollati. A più di un mese da quel disastro, dopo aver promesso “Non vi lasceremo soli”, la premier Giorgia Meloni ha risolto così il nodo politico e superato le resistenze del vicepremier Matteo Salvini, contrario alla nomina del presidente della Regione, Stefano Bonaccini.

FIGLIUOLO in divisa

“Priorità alluvione”, aveva titolato recentemente in prima pagina Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, rilanciando il pressing dei sindaci locali. Mentre Figliuolo si mette al lavoro, dunque, si può tracciare intanto un bilancio dei danni e delle responsabilità. Questa è la situazione con cui dovrà misurare il generale-commissario.

I DANNI – A metà maggio, dopo le prime piogge del 4, in 36 ore sono caduti sull’Emilia-Romagna 500 millimetri di acqua: la rete idrica di una città, per fare un confronto, ne assorbe mille nell’arco di un anno. Le strade coinvolte da smottamenti, chiuse o distrutte, sono state 400, ma le frane ancora attive dopo l’alluvione erano 300. I danni quantificati finora ammontano complessivamente a circa 8 miliardi di euro.

Secondo l’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, il 45% del territorio emiliano rimane a rischio allagamento: qui vive oltre il 60% della popolazione regionale. Allargando l’inventario, ogni anno in Italia viene cementificata una superficie di 60 chilometri quadrati (campagne, coste, sponde dei fiumi). Dal 1971 al 2021, sono stati 1.630 i moti provocati da alluvioni e frane, con 1.871 feriti.

ALLUVIONE volontari gruppo

LE RESPONSABILITA’ – È vero che in totale sono caduti 5 miliardi di metri cubi d’acqua sull’Emilia-Romagna in due settimane. Ma, come rileva Milena Gabanelli in un documentato articolo nella sua “DataRoom” pubblicata sul Corriere della Sera, all’evento meteorologico straordinario s’è abbinata la mancanza di “casse di espansione” per contenere le esondazioni dei fiumi. Non avrebbero evitato l’alluvione, ma almeno ne avrebbero ridotto gli effetti e le conseguenze.

“Dagli anni ’40 in poi – si legge nello stesso articolo – su una ex palude si è costruito lo sviluppo: ogni metro quadrato si è trasformato in attività agricola, allevamenti, capannoni e abitazioni”. Tutto ciò intorno a un reticolo di canali e 26 torrenti che si riempiono quando piove, ma vanno in secca con la siccità. Osserva Gabanelli: “Si è costruito anche dove non si doveva. Il cemento è da sempre il motore dell’economia, sostenuto dai condoni sugli abusi”. Due ne aveva fatti il governo Berlusconi, nel 1994 e 2003; un altro il governo Conte nel 2018, in una zona fragile e vulnerabile come l’isola d’Ischia.

Nel 1989, ricorda ancora la giornalista, fu approvata una legge nazionale (n.183) che divise il territorio in 13 grandi bacini idrografici, ognuno con il proprio Piano per prevenire i danni delle alluvioni, in modo da ottenere una visione unitaria dei corsi d’acqua dalla sorgente alla foce. La difesa del suolo venne attribuita allo Stato, mentre alle Autorità di bacino spetta il compito di stabilire quanta acqua si può prelevare per uso agricolo, quanto e dove prelevare sabbia e ghiaia, dove non si può costruire. Contro la parte urbanistica hanno presentato ricorsi tutte le Regioni, respinti dalla Corte costituzionale, ma la sentenza è stata completamente ignorata.

Nel 2001, con l’infausta modifica del Titolo V della Costituzione approvata dal centrosinistra con un pugno di voti, le Province e i Comuni si riprendono la gestione del territorio e la dividono lungo i rispettivi confini amministrativi, perdendo così la visione unitaria. “La sostanza del problema – riassume Gabanelli – è che ogni Regione si preoccupa del suo territorio, fregandosene dei danni che può provocare alla Regione confinante”.

E infine, il consumo di suolo, per il quale si attende ancora una legge nazionale. In questa graduatoria dell’assalto al territorio, l’Ispra colloca al terzo posto l’Emilia-Romagna, dopo la Lombardia e il Veneto. La Regione governata da Bonaccini fissa un limite massimo del 3% della superficie urbanizzata, ma la legge prevede un periodo transitorio di 5 anni che diventano 6 per un emendamento del consigliere leghista Massimiliano Pompignoli. Poi, il 30 maggio scorso, 14 deputati della Lega ne presentano un altro alla Camera che consente ai presidenti delle Regioni e ai sindaci di autorizzare in via d’urgenza soggetti pubblici e privati a estrarre sedimenti, sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi e dei torrenti, fino al ripristino del livello storico dell’alveo che resta però indefinito. Da qui, verosimilmente, la strenua opposizione del ministro Salvini alla nomina del governatore Bonaccini a commissario straordinario.

Un’alluvione di parole, dunque, s’aggiunge a quella del maltempo. Riuscirà in cinque anni l’intrepido generale Figliuolo a superare il “fronte del cemento” per mettere in sicurezza il territorio dell’Emilia-Romagna? Ai posteri, l’ardua sentenza.

 

 

 

 

 

 

 

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