ALLARME AMBIENTE

ALLARME AMBIENTE

Il Corriere della Sera, il principale quotidiano italiano, stampato su carta verde con un inserto speciale di 6 pagine. E Repubblica con una copertina sovrapposta alla prima pagina, su cui campeggia il titolo “I colori del clima che cambia” con un articolo del direttore Maurizio Molinari. Le due maggiori testate nazionali hanno deciso di celebrare così i 50 anni della Giornale mondiale dell’Ambiente, lunedì 5 giugno 2023. Ma anche Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, ha dedicato a questa ricorrenza l’apertura della prima pagina, su uno sfondo giallo, con il titolo “Italia, consumo di suolo sempre più alto: in testa, Monza, Napoli e Milano”.

Modern architecture on the skyline of Milan Italy

Foto Todamo

Da nord a sud, dunque, la Penisola è sotto accusa per la cementificazione del territorio che è all’origine del nostro dissesto idrogeologico, perché sottrae terreno alla natura e alla campagna, altera il corso dei fiumi, deturpa le coste lungo il mare. Una tendenza, aggravata dall’abusivismo edilizio, a cui oggi s’aggiungono gli effetti devastanti del cambiamento climatico che provoca allagamenti, frane, smottamenti. È il trionfo del Malpaese, costretto a fare la conta delle vittime e dei danni, com’è accaduto recentemente con la disastrosa alluvione dell’Emilia-Romagna.

“In 15 anni – scrivono Cristiano Dell’Oste e Alexis Paparo sul Sole – persa un’area grande come Roma. Più rischi per ondate di calore e allagamenti”. Il consumo di suole procede a ritmi allarmanti: “Nell’ultimo anno, ci siamo giocati un territorio grande come il Comune di Mantova o Pavia: 6.334 ettari, cioè 63 chilometri quadrati, secondo il rapporto dell’Ispra (dati 2021)”.

Nel 2006, il suolo italiano “consumato” da strade e costruzioni era pari al 6,75%; alla fine del 2021 è arrivato al 7,13%. La media dell’Unione europea, invece, è molto più bassa: 4,2% all’anno. Il record italiano – spiega Michele Munafò, responsabile scientifico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, “dipende, da un lato dalla conformazione territoriale che comporta un’intensità di concentrazione della popolazione in termini di sfruttamento del suolo; dall’altro, dall’elevata frammentazione in materia di competenze”. I nostri 8mila Comuni, infatti, hanno la competenza sulla gestione dei propri piani urbanistici che quasi sempre prevedono aree di espansione ancora non sfruttate: vale a dire che fanno cassa e chiudono i loro bilanci con le concessioni edilizie che rilasciano.

CONSUMO SUOLO 3

Dalle ricerche dell’Ispra, risulta che le zone più costruire si concentrano in pianura e nella cerchia delle grandi aree urbane. E inoltre, si tende a costruire di più nelle zone dove c’era già la maggiore concentrazione, aggiungendo così cemento a cemento, asfalto ad asfalto. Fra le provincie più “virtuose”, quelle cioè che hanno consumato meno suolo, si trovano Trieste, Lucca, Pistoia, Genova, La Spezia e Firenze. Tra quelle in cui le costruzioni sono cresciute di più, oltre alle tre più edificate che abbiamo citato all’inizio, figurano tre province pugliesi (Bari, Taranto e Brindisi) e Ravenna.

Sulla copertina di Repubblica, come spiega Molinari nel suo articolo, compaiono le “Strisce del Clima”, per visualizzare l’impatto del surriscaldamento climatico che aggredisce l’ambiente e spiega siccità e alluvioni. Una spirale perversa, per cui piove di meno e quando arriva l’acqua trova il terreno così asciutto da diventare praticamente impermeabile. E spesso, si tratta ormai di fenomeni di carattere tropicale. “Occorrono – conclude il direttore di Repubblica – decisioni nazionali e internazionali, capaci di aggredire i gas nocivi e consegnare alle prossime generazioni un mondo migliore”. E occorre, aggiungiamo noi, fare presto perché non c’è più tempo da perdere.

 

 

 

 

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